R. Eco. per “la Verità”
Il gruppo di amici attorno alla fondazione Open ha seguito numerosi dossier nel corso degli anni. Uno di questi tocca da vicino le acciaierie di Piombino che oggi sono di proprietà degli indiani di Jindal. La scelta di portare a Piombino dopo lunghe vicissitudini il gruppo Jindal è stata fortemente voluta dai dem, così fortemente che adesso Marco Carrai siede nel consiglio di amministrazione di Jws, di proprietà di Sajjan Jindal, dopo aver ricoperto ufficialmente il ruolo di advisor.
La sola speranza è che a gennaio il gruppo indiano stupisca tutti e tiri fuori un maxi coniglio dal cilindro che giustifichi l' ingiustificabile regalo che il precedente governo gli ha fatto pur di farlo subentrare ai precedenti proprietari: ben 79 milioni e 500.000 euro.
Nel 2015 l' allora commissario dello stabilimento, Piero Nardi, individua in Issab Rebrab, imprenditore algerino proprietario di Cevital, l' uomo giusto per il rilancio. L' intuizione sembra avere fondamenta, tant' è che Rebrab promette 2 milioni di tonnellate di produzione, Matteo Renzi lo accoglie con la fanfara, ma due anni dopo il ministro del suo successore, Paolo Gentiloni, è costretto ad ammettere che il piano non è stato rispettato. Carlo Calenda, allora titolare del Mise, dichiara decaduti gli accordi e rescinde il contratto. A maggio del 2018 lo stabilimento passa di mano.
marco carrai Marco Carrai con Matteo Renzi
E finisce appunto agli amici di Carrai della Jindal South West, che già nel 2013 ci avevano messo gli occhi. E in questo frangente il governo tira una linea sulla maxi causa che l' amministratore straordinario aveva intentato a dicembre del 2017 agli algerini. La somma totale per i danni per gli inadempimenti arrivava a 80 milioni di euro e a luglio del 2018 il tribunale di Livorno avrebbe dovuto incasellare la prima udienza. Nel bilancio della società però si legge nero su bianco che la causa è stata estinta ancor prima di arrivare in aula. A fronte di un accordo tombale comprensivo di soli 500.000 euro.
Un enorme regalo sia agli algerini, sia agli indiani e al consiglio di amministrazione dove adesso siede Carrai. Chi segue la mediazione tra Cevital e gli indiani? Alberto Bianchi, della Fondazione Open e pure il padre putativo di Maria Elena Boschi, Umberto Tombari, storico avvocato toscano anch' egli vicinissimo a Renzi. «Tutti tacciono, solo il presidente della Regione, Enrico Rossi, fa sapere di non guardare ai nomi dei mediatori: l' importante è firmare quanto prima l' accordo e far ripartire le acciaierie di Piombino, praticamente ferme ormai da anni», scriveva all' epoca il Fatto Quotidiano.
ALBERTO BIANCHI E MARIA ELENA BOSCHI
Anche il sindaco della città, Massimo Giuliani, si diceva preoccupato delle ragioni dello slittamento della firma, anche se mostrava fiducia. Senza aggiungere dettagli. A quasi due anni di distanza la scelta del governo Gentiloni non appare delle migliori. Lo stabilimento è in crisi. Il rischio è che dal prossimo anno l' impianto debba lasciarsi alla spalle la possibilità di produrre binari, un unicum in Europa. Non ne risentirà nessuno in giro per il mondo, tanto India, Russia e altre nazioni hanno ormai soppiantato la tradizione italiana. Se ne accorgeranno gli oltre 1.500 dipendenti - già in cassa integrazione - dello stabilimento. Invece gli indiani assistiti dal Giglio magico hanno una certezza: aver risparmiato quasi 80 milioni di euro.
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