Monica Serra per “la Stampa”
Nell'ultima foto di famiglia pubblicata sui social qualche tempo fa c'è Diego che abbraccia mamma Lorena. Papà Sergio è alle loro spalle. Sembrano felici, sorridono. Tutti e tre insieme, come la gente di Chiampo, dodicimila anime in provincia di Vicenza, era abituata a vederli, a cena al ristorante Al Pellegrino, a due passi da casa, o a fare la passeggiata della domenica in paese. Sembravano così uniti che nessuno avrebbe potuto immaginare quello che martedì mattina è successo.
Diego Gugole, 25 anni vissuti tra qualche lavoro saltuario, pochi amici e tante bugie, ha ammazzato prima papà Sergio, 62 anni, con due colpi di pistola a bruciapelo mentre era seduto al tavolo della cucina. Erano le 10 e mezzo del mattino. Senza fare rumore, senza destare sospetti, ha atteso il rientro della mamma, Lorena Zanin, 59 anni, che era uscita di casa coi nonni. Appena tornata, tre ore più tardi, il venticinquenne ha ucciso anche lei, in salotto. Tre colpi sono andati a segno. Il quarto si è conficcato nella televisione.
Nessuno dei vicini ha sentito. Solo una donna ha notato un rumore confuso tra quelli dei lavori di ristrutturazione nel cantiere di fronte. Anche la signora abita in questa palazzina dai muri segnati dal tempo e dalle finestre verdi, oggi quasi tutte serrate, nel villaggio Marmi, che la famiglia Marzotto costruì a Chiampo negli anni Settanta per i suoi dipendenti, gli operai da un lato della strada, gli impiegati dall'altra, vicino al Santuario della Pieve.
I Gugole vivevano al primo piano, sopra all'appartamento dei nonni paterni, morti da tempo, dove Diego avrebbe voluto nascondere i corpi di mamma e papà, prima di decidere di consegnarsi, in serata, ai carabinieri di Vicenza. Il venticinquenne ha detto di averli ammazzati per i soldi: «Volevo i loro 800 mila euro, per comprare casa ad Arzignano, e cambiare la macchina» ha dichiarato già al piantone della caserma dei carabinieri di Vicenza, dove si è presentato alle 22.30.
Con una strana freddezza, ha raccontato nel dettaglio il suo pomeriggio. Il venticinquenne ha fatto una doccia. Ha cambiato i vestiti sporchi del sangue di mamma e papà. Ha bonificato 16 mila euro dal conto del padre al suo. È uscito di casa. Una vicina lo ha incrociato nell'aiuola: «Non mi ha neanche salutato, era strano, aveva la testa bassa», racconta. È andato dal barbiere a rimettere in ordine i capelli.
Ha portato altri soldi al proprietario della casa che voleva acquistare. Ha girovagato per alcuni paesi della zona a bordo della sua Smart. Si è fermato ad Arzignano per comprare sacchi, vernici, pennelli con cui avrebbe voluto nascondere i corpi e ripulire l'appartamento nel piano omicida che «organizzo da almeno un mese», ha confessato l'altra notte al magistrato della procura diretta da Lino Bruno.
«Ultimamente non mi piaceva lavorare, spesso raccontavo bugie» ha raccontato. Martedì pomeriggio Diego Gugole è anche andato in un bar «a bere qualcosa». Lo hanno incrociato amici e conoscenti, uno si sarebbe fermato a parlare con lui dopo le 17. Nessuno ha notato qualcosa di strano. Ma il suo telefono continuava a squillare. I primi ad allarmarsi erano stati i vicini. Sergio e Lorena non si erano presentati all'assemblea di condominio nel pomeriggio. Troppo strano, non mancavano a un appuntamento. In serata dovevano vedere una coppia di amici, e anche loro si erano messi a cercarli.
A qualcuno il ragazzo ha raccontato che i genitori erano partiti in Slovenia o in Croazia per lavoro o forse per una vacanza. Bugie, tante, che era abituato a dire anche ai genitori in questa storia che ricorda tanto quella dell'allora ventenne Pietro Maso che a tredici chilometri da qui uccise, sempre per soldi, i genitori a padellate nel 1991.
Sono tanti i punti da chiarire in questo omicidio, nelle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Vicenza, a partire dall'arma del delitto, una calibro nove semiautomatica polacca, che gli investigatori hanno sequestrato in casa. E che Gugole dice di aver acquistato da «un marocchino», per 3 mila e 800 euro a Cologna Veneta, un paesino vicino. Non si sa se Diego fosse in sé: «Non aveva problemi psichiatrici conclamati», dice il suo avvocato Rachele Nicolin. Ma da qualche tempo i genitori lo avevano spinto a farsi seguire da uno psicologo. -