Giuseppe Salvaggiulo per “La Stampa”
Il governo non vuole dare immediata esecuzione all'ordinanza del tribunale di Roma che, accogliendo il ricorso di due mamme, ha imposto al ministero dell'Interno di emettere una carta d'identità per la loro figlia con l'indicazione «genitori» anziché «padre e madre», come previsto dal decreto Salvini del 2019.
Dopo una giornata di polemiche, Palazzo Chigi ha diramato una nota che, al netto di una certa ambiguità linguistica, ha un senso inequivoco, corrispondente a indignate esternazioni di parlamentari di destra, di associazioni come ProVita e dello stesso Salvini, che ha twittato: «Padre e madre sono le parole più belle del mondo. Illegali o discriminanti? Non ho parole».
L'ordinanza impone al ministero dell'Interno di eseguirla, non appena - e accadrà presto - le due mamme chiederanno una nuova carta d'identità. Ma dalla nota di Palazzo Chigi pare che l'intenzione sia diversa. Il governo annuncia di voler «esaminare con particolare attenzione l'ordinanza del tribunale di Roma perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale».
Dunque, in assenza di ulteriori chiarificazioni, sono due gli ostacoli che il governo intende frapporre sulla strada intrapresa dalle due donne. Il primo, di natura tecnica, allude alla «struttura del programma informatico predisposto per l'emissione delle carte di identità elettroniche», ed è già stato sollevato (e smontato dal giudice) nel processo. Il secondo si riferisce verosimilmente a quanto già sostenuto in una memoria depositata in giudizio, secondo cui una carta d'identità elettronica senza un'indicazione distinta per madre e padre sarebbe «non conforme al quadro normativo vigente, con tutte le possibili conseguenze che potrebbero sorgere in caso di operazioni di controllo da parte delle forze dell'ordine».
Insomma le due mamme diventerebbero titolari di una carta di identità diversa da tutte le altre e rischierebbero di essere fermate a un controllo di polizia, perché il decreto Salvini continua a essere in vigore e il governo non pare intenzionato a modificarlo, come chiesto da Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford.
esempio di modulo scolastico con genitore 1 e 2
«Paradossale: è proprio il decreto Salvini, non il tribunale, che crea problemi di identificazione personale, perché non rispetta l'identità personale e familiare dei cittadini», obietta Vincenzo Miri, avvocato delle due mamme.
Al riparo delle questioni tecniche, il nodo è politico, identitario, ideologico. L'ordinanza del tribunale è del 14 settembre. Il termine per impugnarla 30 giorni. Il governo Draghi aveva valutato di non farlo per due ragioni: la solidità degli argomenti del giudice e la conformità a un parere del Garante della privacy del 2021 che chiedeva la modifica del decreto Salvini. Il governo Meloni è entrato in carica il 22 ottobre. Troppo tardi per proseguire una guerra legale. Ma non, evidentemente, per una guerriglia burocratica.
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