LA GUERRA IN UCRAINA SOMIGLIA SEMPRE PIÙ PERICOLOSAMENTE A QUELLA DEI BALCANI – LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE HA EMESSO UN MANDATO D’ARRESTO PER PUTIN, E IL PRECEDENTE STORICO PIÙ NOTO È QUELLO DI SLOBODAN MILOSEVIC, L’EX PRESIDENTE SERBO MORTO IN CARCERE DURANTE IL PROCESSO NEL 2006 – ALLORA SI DECISE DI INCRIMINARE LE PERSONE E NON GLI STATI, PER EVITARE TENSIONI, MA PER QUALCUNO FU UN ERRORE CHE ANCORA VIENE PAGATO CARO – ESTRATTO DAL LIBRO “LA CORTINA DI VETRO”, DI MICOL FLAMMINI
1. CORTE PENALE INTERNAZIONALE, PUTIN COME MILOSEVIC
Estratto dell’articolo di Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
VLADIMIR PUTIN COME SLOBODAN MILOSEVIC
Vladimir Putin sempre più costretto nell’angolo […]: il mandato d’arresto del Tribunale Internazionale dell’Aia per crimini di guerra relativi al suo presunto coinvolgimento nella deportazione di bambini ucraini in Russia sarà quasi sicuramente impossibile da perseguire, almeno in questa fase, ma rappresenta un colpo molto grave per il suo status internazionale e comporta nella pratica ripercussioni indubitabili sulla sua stessa libertà di movimento.
discorso di vladimir putin allo stadio lushniki di mosca 22 febbraio 2023 3
In teoria adesso tutte le polizie dei 123 Stati firmatari del Trattato di Roma, che nel 1998 istituì il Tribunale, potrebbero arrestarlo se dovesse entrare nel loro territorio. Il precedente tra i più noti che viene immediatamente alla memoria è quello di Slobodan Milosevic, l’ex presidente serbo morto in carcere all’Aia durante il processo nel marzo 2006. [...]
2. SUPERARE IL PASSATO
Estratto dal libro “La cortina di vetro”, di Micol Flammini (ed. Mondadori – Strade Blu)
I paesi dei Balcani […] hanno […] la convinzione di essere un romanzo già scritto per capire il futuro dell’Ucraina. Va letto, va studiato in profondità, per evitare gli errori, per comprendere che la ricostruzione è importante, ma non basta a curare tutto, che l’amnesia è una delle ferite più profonde che si possano infliggere a un popolo massacrato.
L’ho sentito con chiarezza nella voce dello scrittore bosniaco Faruk Šehic, che ancora prima delle sue parole esprime una sofferenza mai lenita per una guerra già dimenticata. Abbiamo parlato per telefono, mentre lui era a Berlino e mi spiegava i continui e tormentosi rimandi tra la guerra in Ucraina e quella in Bosnia.
[…] Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Šehic sapeva quello che sarebbe successo, gli sembrava di rivedere tutto, ma in grande. «Gli inizi erano stati gli stessi. Putin aveva detto che l’Ucraina non esisteva, lo stesso aveva detto Miloševic della Bosnia. Il riconoscimento delle repubbliche di Donec’k e Luhans’k altro non era che quello che avevamo visto fare nei Balcani. Una situazione identica, riconoscevo la manovra, tutto era già successo.»
Putin è un nemico più potente di Miloševic, ha un arsenale nucleare e questa guerra spaventa il mondo. «La nostra, in un certo senso, era una prova. La chiamo la smallish war, la guerra piccola, in preparazione di un evento più grande.» Le guerre finiscono davvero quando ci sono vincitori e vinti; per Šehic, in Bosnia non ce ne sono stati e questo ha pesato sugli accordi di pace e anche sull’amministrazione della giustizia, in cui l’Ucraina si è già portata avanti raccogliendo le prove dei crimini di guerra. […]
[…] Rimarranno anche i conti in sospeso, la necessità di istituire una forma di giustizia per punire i crimini che sono stati commessi, e anche in questo i Balcani sono una strada, da seguire o da evitare. Uno dei principi che il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Iugoslavia scelse fu quello di incriminare le persone e non gli Stati, cosa che si riteneva fosse fondamentale per non fomentare future tensioni in popoli che prima della guerra avevano vissuto fianco a fianco, parlato la stessa lingua, formato famiglie miste e visto i confini come una linea in mezzo al nulla, disegnata per dovere formale e non per identificare luoghi da temere.
vladimir putin aleksandar vucic
Per Šehic fu una scelta sbagliata, fu come coprire i crimini, nascondere che i leader della Republika srpska, la Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina, non avrebbero potuto fare una guerra senza il sostegno di Belgrado. Secondo i serbi, invece, molte delle condanne emesse dal Tribunale internazionale non sono attendibili e, anzi, la giustizia si è macchiata di un pregiudizio antiserbo.
Da quando Vucic è stato eletto presidente, i criminali di guerra che tornano in patria vengono accolti, intervistati da televisioni e giornali, spesso coinvolti nella vita politica. La giustizia nei Balcani non è riuscita a far andare avanti il tempo, a mettere fine al passato.
MICOL FLAMMINI - LA CORTINA DI VETRO
Ci sono paesi che hanno deciso di rimanere intrappolati nei lacci della storia, come la Russia o la Serbia, e altri che sono riusciti ad andare oltre, come la Germania, che dopo il nazismo, la seconda guerra mondiale e l’Olocausto ha ammesso le proprie colpe attraverso uno sforzo che ha consentito a tutta l’Europa di ricominciare a fidarsi di Berlino e al paese di ricostruirsi.
Superare il passato vuol dire anche assumersene la responsabilità e abbattere la cortina di risentimenti, paure, rivendicazioni e nostalgie, che era di ferro, si è fatta di vetro e ora sembra d’acciaio.