Massimiliano Boccolini e Emanuele Rossi per www.formiche.net
Tre camion di carburante sono esplosi e un incendio è scoppiato vicino all’aeroporto di Abu Dhabi lunedì in quello che il gruppo Houthi dello Yemen, allineato con l’Iran, ha detto che era un attacco agli Emirati Arabi Uniti.
Il bilancio ufficiale delle vittime è di 3 morti e 6 feriti. In particolare hanno perso la vita due operai indiani e un pachistano. Il movimento filo iraniano yemenita sta combattendo una coalizione guidata da Riad che include in misura adesso più sfumata anche Abu Dhabi, e ha già lanciato missili transfrontalieri e attacchi con droni contro i sauditi, ma ha rivendicato pochi attacchi simili contro gli emiratini – che per altro normalmente hanno negato questo genere di problemi.
Oggi la polizia di Abu Dhabi ha detto che tre autocisterne di carburante sono esplose nella zona industriale di Musaffah, vicino agli impianti di stoccaggio della società petrolifera Adnoc, e che un incendio è scoppiato in un cantiere dell’aeroporto internazionale della capitale.
“Le indagini iniziali hanno trovato parti di un piccolo aereo che potrebbe essere un drone in entrambi i siti” ha detto la polizia in una dichiarazione all’agenzia di stampa statale Wam: potrebbero essere stati i droni a causare le esplosioni. Non ci sono stati “danni significativi” dagli incidenti e un’indagine completa è stata avviata, hanno spiegato le autorità.
Il portavoce militare degli Houthi, che ha parlato di un’operazione militare “in profondità” negli Emirati Arabi Uniti, ha annunciato che altri dettagli saranno forniti nelle prossime ore. I ribelli yemeniti, che dal 2015 hanno conquistato metà Paese e rovesciato il governo, usano armi inviategli dai Pasdaran: si tratta di componentistica per lo più, poi assemblata in Yemen.
I droni sono stati usati diverse volte per attacchi di vario genere e sono risultati piuttosto efficaci, perché sono essenzialmente impossibili da bloccare completamente, anche sulle infrastrutture aeroportuali, teoricamente tra le meglio difese del paese.
La novità delle ultime settimane è che la Brigata dei Giganti – una forza yemenita guidata da un nipote del defunto presidente Ali Abdullah Saleh, ucciso proprio dai ribelli filo iraniani, e di stanza lungo la costa occidentale – ha inviato sue truppe sul fronte di Marib cambiando gli equilibri sul terreno.
Questa forza è infatti sostenuta dagli Emirati ed è risultata decisiva almeno per la disfatta che i ribelli hanno subito nel fronte a sud di Marib e per la perdita dell’intera provincia di Shabwa avvenuta la scorsa settimana.
Solo ieri sera, come rilevato dal sito Expartibus il direttore del Dipartimento delle Operazioni Militari del ministero della Difesa del Governo legittimo yemenita, Ali Mohsen Al-Huda, ha annunciato in un video di aver ottenuto una vittoria storica contro gli Houthi nei combattimenti sui fronti a sud di Marib. Poche ore dopo veniva diffuso un altro video che mostrava effettivamente la fuga dei miliziani filo-iraniani dalle postazioni in quella regione.
Secondo l’analista politico Arhab al-Sarhi “attacchi di questo genere sono la diretta conseguenza di quanto sta avvenendo a Shabwa e a Marib dove ci sono stati importanti cambiamenti nelle ultime settimane per l’intervento della Brigata dei Giganti sostenuta dagli Emirati. Erano anni che non avvenivano attacchi contro il territorio emiratino anche se c’è da capire da dove possano essere partiti questi droni”.
Al-Sarhi ha spiegato a Formiche.net che “è difficile infatti bucare la difesa aerea saudita e arrivare dallo Yemen fino ad Abu Dhabi. Più facile che siano stati lanciati da navi o dall’Iran irritato anche per la fase di stallo che registrano i colloqui sul nucleare”.
Ha spiegato invece il direttore del sito yemenita Mereb Press, Mohammed Al-Salihi, che “quanto avvenuto oggi e rivendicato dagli Houthi dimostra come il loro arsenale sia ancora molto potente e del pericolo che rappresenti questo gruppo per tutta la regione.
La presenza di questa formazione, finanziata dall’Iran, nella penisola araba rappresenta un pericolo per noi e per il transito marittimo nel Mar Rosso”. Anche il giornalista yemenita ritiene poco probabile che l’attacco sia partito dal territorio yemenita. Piuttosto, spiega a Formiche.net, “è partito dal territorio omanita o da quello iraniano”.
Anche il giornalista yemenita Ahmed Yahya Aiyed ritiene che “gli Houthi prendono di mira Abu Dhabi e rivelano la profondità del danno subito nelle ultime settimane, dopo aver perso nel fronte di Shabwa, per non parlare del ritorno dell’aeronautica militare degli Emirati Arabi Uniti nel teatro delle operazioni militari con forza in Yemen.
L’attacco Houthi è un tentativo di fermare il ruolo di Abu Dhabi nell’imminente operazione militare, che la Coalizione ha lanciato con l’operazione ‘Liberazione dello Yemen Felix'”.
Gli Emirati Arabi Uniti avevano ridimensionato la loro presenza militare in Yemen nel 2019 in mezzo a una situazione di stallo militare e all’aumento delle tensioni regionali con l’Iran, ma continuano a mantenere un piede nel Paese attraverso le forze yemenite che hanno armato e addestrato anche come operazione di influenza per controllare la regione meridionale.
Le forze della coalizione filo-emiratina si sono recentemente unite ai combattimenti contro gli Houthi, soprattutto nell’area di Shabwa e Marib, legate alla catena del valore energetica mediorientale.
Gli Houthi hanno già minacciato che la crescita di capacità militari del gruppo permetterebbe loro di prendere di mira gli UAE. Nel luglio 2018, gli Emirati Arabi Uniti hanno negato la notizia secondo cui gli Houthi avevano attaccato l’aeroporto di Abu Dhabi con un drone. Un mese dopo, lo stesso è successo a Dubai. Nel dicembre 2017, gli Houthi hanno detto di aver sparato un missile da crociera verso una centrale nucleare di Abu Dhabi: anche questo negato dalle autorità emiratine.
Non è stato il primo attacco di droni Houthi negli Emirati, quindi non di per sé una ragione di più ampie evoluzioni, anche perché c’è una grande differenza tra colpire dei camion alla periferia di Abu Dhabi e distruggere con successo le infrastrutture petrolifere (come successo con l’Arabia Saudita) o colpire il centro di Dubai.
Tutto inoltre appare più connesso alle evoluzioni interne al conflitto yemenita piuttosto che a più larghe questioni regionali, ma è evidente che quanto accaduto collega insieme (di nuovo) la crisi in Yemen, la sicurezza nel Golfo e la questione del comportamento regionale iraniano (che ha riflesso sul dossier nucleare in discussione a Vienna).