Estratto dell’articolo di Irene Famà per “la Stampa”
Un adolescente alla ricerca di sé. Che come tanti, a tredici anni, è alle prese con la scoperta del suo corpo, di ciò che lo attrae. E dei genitori che non lo accettano. […] Carlo […] sulle pagine di un diario segreto confida i suoi pensieri. Gli piace vestirsi da donna, lo attraggono i ragazzi. Sui fogli di quel quaderno prende consapevolezza di sé. Ma per suo padre […] è un’offesa […]: «Un maschio che fa cose da maschio e si veste da maschio». Lo costringe ad iscriversi in palestra, a seguire un corso di boxe. Perché un uomo, così sostiene, dev’essere forte, macho, virile.
I vestiti indossati dal figlio? Per quel quarantacinquenne rappresentano una colpa. Un’umiliazione per lui e per la sua famiglia. Per non parlare dello smalto sulle unghie: «Cose da femminucce. Tu devi essere uomo». Così, lo obbliga a frequentare un’amica. Lo spinge a baciarla. Perché questo fanno gli uomini «veri», seducono le donne. E a tredici anni, bisogna imparare.
Dal 2020 al 2022, Carlo si sente ripetere che è «un figlio degenere». «Il tuo corpo fa schifo», «sembri una donna», «abbassati i pantaloni e dimostrami che sei un uomo vero». Si confida con la psicologa della scuola […] Dall’istituto parte la segnalazione alla procura […] La frase era sempre la stessa: «Fai schifo. Sii uomo». […] il padre è accusato di maltrattamenti, la madre per non essersi opposta. Carlo, oggi sedicenne, è in comunità. I suoi genitori […] «Eravamo preoccupati» […] «Che qualcuno potesse prenderlo in giro». […] temevano che quel ragazzo finisse vittima dei bulli. Per la procura, lui i bulli li aveva in casa. Ed erano papà e mamma.