Maddalena Berbenni per corriere.it
«A un certo punto ero esausta, non vedevo l’ora di finirla. Gli ho detto di fare quello che voleva». Quello che la 27enne stuprata la sera del 7 giugno, a Osio Sotto, consegna ai carabinieri di Treviglio, è il racconto di un incubo. È stata lei stessa a chiamare il 112 e il suo titolare dal numero fisso del negozio, in una zona commerciale, dove nessuno ha sentito le sue urla disperate. Il telefonino lo aveva lasciato in macchina per un’assurda coincidenza. Quella sera, si era trattenuta oltre l’orario di chiusura. Una volta in auto, si era resa conto di avere dimenticato l’incasso. Così è tornata indietro senza portare con sé la borsa. Forse sarebbe servito a poco, ma non ha nemmeno potuto contare sul cellulare.
Moustapha Diop, 29 anni, senegalese con famiglia di origine a Verdellino, l’attendeva sulla porta con un coltello in mano. È in carcere dal 25 giugno, il fermo è stato convalidato, lui si è avvalso della facoltà di non rispondere. Anche il suo avvocato Alessandro Bresmes, in questa fase, sceglie il silenzio. Contro l’uomo c’è una marea di indizi. Ha un precedente specifico risalente al 3 aprile 2014, quando, sempre a Osio Sotto, fu arrestato e rilasciato nel giro di un giorno.
Poi, la condanna con pena sospesa a un anno e due mesi e la revoca del permesso di soggiorno nel 2016. «Mi teneva bloccata a terra e continuava a toccarmi nelle parti intime», la drammatica testimonianza della vittima, che ai carabinieri, con il tenente Giuseppe Romano, ha spiegato come ha tentato di difendersi in un’ora di supplizio. Ha sferrato pugni, ha graffiato e ha morsicato la mano con cui l’aggressore cercava di impedirle di urlare.
Alla fine, schiaffeggiata e picchiata a sua volta, non aveva più forza nelle braccia. Ha ceduto per poi avere una reazione di rabbia. Dopo la violenza, quando si è alzata da terra, lo ha visto avvicinarsi alla porta per fuggire, ma non trovava il pulsante per l’apertura automatica. Lo ha insultato, ha minacciato di non lasciarlo andare. Era così disperata che quasi non aveva più paura, ha confidato tra le lacrime il giorno successivo in caserma, quando lo ha riconosciuto nell’album che le è stato sottoposto.
La rapina e lo stupro
A Verdellino, nella casa dove vivono i genitori, il fratello e le due sorelle di Diop, gli investigatori si sono presentati subito dopo. Lui era irreperibile e tutti hanno cercato di coprirlo, probabilmente senza immaginare la gravità delle accuse. La madre ha riferito che era in Spagna da un mese, ma dai telefonini è subito risultato altro. Diop avrebbe vagato per tutto il tempo in zona, rifugiandosi durante la notte in un capannone abbandonato del paese. Le indagini hanno fatto un balzo in avanti dopo il 13 giugno, grazie alla denuncia di una prostituta lituana di 30 anni, aggredita in strada da un ragazzo dalla pelle scura, sempre a Osio Sotto.
Non ha saputo identificarlo, perché aveva il viso nascosto da uno scalda collo, ma anche in quel caso il responsabile ha tentato di rapinare il marsupio del cliente, poi fuggito, e di violentare lei. L’ha immobilizzata e le si è sdraiato sopra. Ha desistito con l’intervento di un passante e di altre prostitute. Fra queste ultime, una romena che ha riferito di essere stata a sua volta rapinata, a novembre 2018, da un giovane africano che aveva poi rivisto in strada. Le hanno sottoposto 14 fotografie: ha riconosciuto al cento per cento Diop. È stato a questo punto che il pm ha disposto il fermo, seguito dall’incidente probatorio del 10 luglio quando la 27enne e la prostituta romena si sono ritrovate nella stessa stanza, in Procura, con Diop e altri tre senegalesi. La ragazza del negozio è scoppiata a piangere.
Il cerchio si è chiuso con il Dna: quello isolato dalle tracce biologiche recuperate sulla scena dello stupro e in ospedale, dove la vittima si è fatta visitare quella stessa notte, corrisponde al profilo dell’indagato. «Un perfetto connubio tra indagine tecnica e tradizionale», evidenzia il pm Carmen Pugliese (ma il fascicolo è della collega Laura Cocucci). Per il comandante provinciale Paolo Storoni, la riprova di una sempre maggiore attenzione sul complesso fronte della violenza di genere. Parlano i numeri: un arresto nel primo semestre del 2017, sei nello stesso periodo del 2019; 6 provvedimenti di allontanamento nel 2017, 20 nel 2019. «C’è una maggiore consapevolezza da parte delle vittime e una maggiore sinergia ed efficacia nel lavoro delle forze dell’ordine e della procura», conclude il colonnello.