Milvana Citter per corriere.it
«Mio figlio è stato barbaramente torturato da un branco e poi portato lungo i binari. Non si è suicidato. Per questo ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione delle indagini». A tre anni dalla scomparsa del figlio Marco Cestaro, Anna Cattarin non ha perso la forza di combattere per la verità. La donna, che da sempre ha respinto l’ipotesi che il figlio 17enne si sia tolto la vita lanciandosi sotto un treno della linea Venezia-Udine, vuole dare battaglia, insieme agli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile, davanti al gip che dovrà decidere se accogliere la sua istanza o mandare in archivio l’inchiesta.
Marco era stato trovato agonizzante, lungo i binari, il 16 gennaio 2017 e morì tre giorni dopo. Subito si era pensato a un gesto volontario. Sia perché il personale di un primo convoglio aveva sentito un forte colpo e aveva dato l’allarme ai colleghi di un secondo treno che avevano visto il corpo. Sia perché Marco stava vivendo un periodo difficile a causa della scomparsa del papà che, appena due mesi prima, lungo quella stessa linea ferroviaria, si era tolto la vita.
Le indagini
Dopo quasi tre anni di indagini, e nonostante l’autopsia disposta dalla procura abbia stabilito che: «L’ipotesi più probabile è il suicidio ma non si può escludere l’omicidio», il pm Anna Andreatta ha chiesto l’archiviazione. «Le indagini sono andate in un unico senso. Ma gli interrogativi sono tanti – spiega la mamma -. Mio figlio ha avuto uno choc emorragico perché ha perso tre litri di sangue. Perché sui binari non ce n’era traccia? Perché il suo giubbotto è stato trovato rivoltato, come se gliel’avessero tolto?».
Dalla sua parte Anna ha tre consulenze: due medico-legali (effettuate sulle foto scattate dalla mamma al cadavere di Marco) e una cinematica. Tutte e tre raccontano una storia diversa e parlano di: «Lesioni da attribuirsi alla feroce aggressione di un branco. Il colpo mortale è stato infitto con un mezzo tagliente sul lato destro del collo. Barbaramente torturato da almeno tre individui, che gli hanno fratturato le dita della mano sinistra, spezzato le gambe con un’accetta e spento sigarette sul petto e sul torace. In seguito il corpo veniva trascinato sul luogo del ritrovamento».
Marco sarebbe quindi stato ucciso. Ma perché? «Temo fosse entrato in contatto con un gruppo di satanisti. Il giorno della scomparsa aveva appuntamento con una sua insegnante, alla quale aveva chiesto se sapeva nulla di Satana perché aveva scoperto qualcosa che lo spaventava». Troppe domande alle quali, secondo Anna, la procura non ha dato risposta: «Voglio giustizia per mio figlio . conclude -. E spero che chi sa qualcosa parli. Perché anche se Marco non tornerà più, i suoi assassini sono ancora liberi e potrebbero rifarlo».