Lettera di un lettore a “Repubblica”
Caro Merlo, ho letto con grande godimento l’articolo di Gianni Riotta sulla stroncatura del “cinepanettone” da parte del New York Times. Era ora! Purtroppo in Italia i 40 anni del cinepanettone sono stati celebrati come se i Vanzina e i suoi attori fossero il nostro Frank Capra, “i simboli — leggo con orrore — del Natale per famiglie, di un cinema divertente, scanzonato, rilassato e leggero”. Direbbero nel cinepattone: “va’ a da’ via i ciapp”.
Elsa Morin — Milano
Risposta di Francesco Merlo
Penso che la stroncatura del New York Times sia benevola e credo che nell’articolo di Gianni Riotta manchi, per educazione, la parola chiave per capire il cinepanettone: cretinaggine. All’estero mi sono sempre sentito in imbarazzo per il successo del cinepanettone. Non riesco neppure a sorridere alle battute di tutti questi nostri cosiddetti attori comici, che nel mondo nessuno conosce.
E non ne faccio ovviamente una questione politica. I rutti, le scorregge, l’esibizione dell’arrapamento, il trionfo della volgarità non sono il nostro “politicamente scorretto”, il sano rifugio nell’impertinenza, ma sono la stupidità da sbadiglio. Mi spiace che si creda che la vera identità italiana siano la maleducazione da cortile e il turpiloquio. Non l’ho molto frequentata, ma mi fa ribrezzo che Cortina sia diventata la città dei riccastri nullatenenti perché evasori, maschere comiche con le pellicce, il colbacco, gli zigomi puntellati e i labbroni di botulino. Penso che il cinepanettone sia per il cinema quel che il generale Vannacci è per la letteratura.
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