MAN AGAINST MACHINE - IL COREANO LEE SEDOL RIESCE A BATTERE IL ROBOT “ALPHAGO” NEL PIU’ COMPLICATO GIOCO DI STRATEGIA AL MONDO - MA C’E’ POCO DA ESULTARE: CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE L’UOMO DOVRA’ DIVENTARE ALTRO: UN “OLTREUOMO” SEMIBIONICO

Nell’immaginario collettivo i robot oscillano da minaccia a promessa: nella vita reale sostituiranno l’uomo nel 50% dei lavori. Bisognerà attrezzarsi per lavorare in “squadra” con loro: serviranno super udito, vista telescopica, infrarossi e un cervello che va veloce quanto un computer…

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Maurizio Ricci per “la Repubblica

 

LEE SEDOL LEE SEDOL

Almeno per una volta, Lee Sedol, il coreano con la faccia da ragazzino, è riuscito a mandare in tilt AlphaGo, il robot con cui era impegnato nel più complicato gioco di strategia al mondo. E siamo stati in tanti a pensare: “Abbiamo vinto”. Niente di più sbagliato. Primo: Lee Sedol è una sorta di supermaestro del gioco (Go).

 

Magari ne verranno di un po’ più bravi, ma, insomma, siamo lì. AlphaGo, invece, può solo migliorare. E migliorerà certamente: i suoi creatori avevano già il dubbio di averlo fatto scendere in gara troppo presto. Secondo: Lee Sedol, in questa sfida, è tutti noi. Ma tutti noi non siamo Lee Sedol. Ce n’è uno solo.

 

LEE SEDOL 2 LEE SEDOL 2

Mentre di AlphaGo ce ne possono essere milioni, ad ogni angolo di strada, a sfidarci a Go, scacchi e rubamazzo. È solo questione di soldi e di economie di scala. In altre parole, non c’è match.

 

Motivo per cui, chi da anni si occupa della cosa — come Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (gli autori di Race against the Machine, la corsa contro la macchina) — suggerisce di evitare di ragionare in termini di competizione e di puntare, invece, sulla collaborazione.

 

ERIK BRYNJOLFSSON E ANDREW MCAFEE ERIK BRYNJOLFSSON E ANDREW MCAFEE

Mica facile. Sui robot oscilliamo sempre fra eterna minaccia e eterna promessa. Dal Golem giù giù fino al perfido Hal di Odissea nello spazio, all’ecatombe di Terminator e al nostalgico mondo post-Terminator degli Anni senza fine di Clifford D. Simak, con i discendenti dei cani che favoleggiano, accanto al fuoco, dell’antica leggenda chiamata umanità.

 

Nell’immaginario collettivo, questa eterna minaccia si confronta però con il neurochirurgo- robot capace di muovere il bisturi nel cervello nell’ordine dei micron, il robot che va a fermare la fuga radioattiva di Fukushima, quello che sbriga in silenzio le faccende di casa. Il problema dell’eterna minaccia e dell’eterna promessa è, però, che declinano la questione al futuro.

 

ALPHAGO ALPHAGO

Ragionare in termini di “arrivano i robot” non ha senso. Se smettiamo di pensare a loro come se fossero i colleghi di C3PO, l’automa-maggiordomo di Star Wars, con tanto di braccia e gambe e li vediamo come software, ci accorgiamo che sono già qui. E da tempo. Una volta, fare la fila al supermercato significava aspettare di arrivare davanti a una cassiera scortese che, però, a volte, regalava un sorriso e una battuta.

ALPHAGO GOOGLE ALPHAGO GOOGLE

 

Oggi, la fila la si fa davanti a un lettore ottico che decifra il codice a barre del formaggio. Cassiere, operai, commessi, contabili, centralinisti, fino a bancari e agenti di borsa. Sono milioni i posti di lavoro già inglobati dai software. E più lo saranno nei prossimi anni. Negli Usa calcolano che il 45-50 per cento dei lavori attuali sia destinato a sparire. Idem in Europa.

 

Gli esperti si sforzano di capire quali posti di lavoro siano al riparo dall’inevitabile automazione. Nessuno o quasi. Il successo di AlphaGo in un gioco di strategia mostra che anche i supermanager hanno da guardarsi le spalle.

 

ALPHAGO BIG ALPHAGO BIG

Dicono che il trucco sia individuare lavori creativi, anche apparentemente umili, in cui si deve reagire a situazioni mutevoli, non programmabili, parametrate sulle persone: il personal trainer o l’insegnante di tango o il prete o il designer.

 

Ma quando il software è in grado di valutare Big Data in nanosecondi la creatività è un concetto relativo. Nei mesi scorsi, personaggi come Elon Musk (quello di Tesla), Bill Gates e Stephen Hawking hanno lanciato l’allarme: l’intelligenza artificiale sta avanzando troppo in fretta, dobbiamo mettere dei paletti.

ROBOT ROBOT

 

Se AlphaGo fa lo stratega, i suoi colleghi nei laboratori imparano a riconoscere le parole, a classificare le immagini, a riconoscere gli oggetti e le loro diverse funzioni. Per cui, c’è già chi guarda avanti. Il problema non è se comandiamo noi o loro, ma cosa mangiamo noi se lavorano loro.

 

the robot building bangkok 2 the robot building bangkok 2

Il dibattito è aperto, ma, per una volta, è difficile dire chi è ottimista e chi pessimista. Brynjolfsson e McAfee invitano a non spaventarsi per l’invasione di AlphaGo e dei suoi simili. L’esperienza di ogni giorno mostra già che niente funziona meglio del lavoro di squadra: uomo e software, insieme, danno il massimo.

 

Basta guardarsi intorno: un geometra può affidare a un lettore ottico il compito di prendere le misure di una casa, mentre lui pensa alle riparazioni da fare. C’è, insomma, posto per tutti: saranno pochi i lavori spazzati via, dice una ricerca McKinsey. Tutti, invece, avranno una componente computerizzata più o meno ampia.

 

Ma questo consentirà all’agente umano di concentrarsi sulla parte più difficile da navigare, a partire dalle relazioni con clienti e consumatori. C’è, invece, chi salta il fosso, come Martin Ford, l’autore di Rise of the Robots.

 

MANO ROBOTICA CON PELLE ARTIFICIALE MANO ROBOTICA CON PELLE ARTIFICIALE

Visto che lavorano loro, bisogna dare agli uomini quanto occorre per comprare quei prodotti. Quindi distribuire un reddito minimo universale garantito. È una strada su cui stanno ragionando economisti come Krugman e Stiglitz.

 

Ma non finisce qui. Le guerre, spesso, anticipano i tempi, e, al Pentagono, quando si ipotizza una guerra del futuro si insiste sulla sinergia uomo-robot. Ma quale uomo? L’uomo normale, negli scenari di cui si discute al Pentagono, ha un ruolo non molto più incisivo delle crocerossine nella prima guerra mondiale.

ROBOT PELLE ARTIFICIALE ROBOT PELLE ARTIFICIALE

 

Per collaborare con i robot, bisogna essere alla loro altezza. Ed ecco apparire, accanto ai discendenti di AlphaGo, un superuomo semibionico: super udito, vista telescopica, infrarossi, esoscheletro per moltiplicare le capacità fisiche e, soprattutto, un cervello che funziona alla velocità di un computer. Magari, collegato direttamente con un computer. AlphaGo e Jeeg Robot: forse non è un fumetto.

 

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