Giuliano Foschini e Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica”
C' è un fascicolo sulla scrivania della procura di Roma che sintetizza il cortocircuito italiano sull' oggetto più desiderato degli ultimi mesi: la mascherina. Perché in un mare dove i prezzi si sono centuplicati nel giro di poche settimane, e i pescecani hanno fatto, e continuano, a fare festa, è rimasto impigliato nella rete dei furbi anche chi ha il compito di vigilare: l' Agenzia delle Dogane.
Che ha comprato da una società cinese una partita di mascherine forse taroccate, pagando un anticipo su conti correnti di questa società. Ma non lo ha fatto su banche italiane. E nemmeno cinesi. Bensì su conti correnti a Kuala Lumpur e Malta, non esattamente due paesi famosi per la trasparenza bancaria.
marcello minenna agenzia dogane
Per raccontare la storia bisogna però fare un passo indietro. E partire da un numero: il fascicolo 51570 del sostituto procuratore Carlo Villani. L' inchiesta muove da una denuncia presentata dal direttore dell' Agenzia, Marcello Minenna. I suoi uffici, scoppiata l' epidemia, avevano avuto l' esigenza di acquistare mascherine Ffp2 da destinare al personale. Il mercato però non offriva grandi alternative: le Ffp2 erano, e in parte lo sono anche oggi, introvabili. E dunque era necessario affidarsi anche a canali non esattamente tradizionali.
davide casaleggio luigi di maio marcello minenna
Alle Dogane si fa avanti un mediatore che offre un contatto con un' azienda cinese, produttrice di mascherine. Il prezzo è vantaggioso e il materiale è in uno degli hangar dell' aeroporto di Pechino da dove partono per mezzo mondo. La proposta è la solita: pagamento anticipato. Una procedura con poche garanzie per l' acquirente su cui è inciampata la Protezione civile, soprattutto nella prima fase, e che ha dato il via - anche grazie alle segnalazioni dell' ufficio delle Dogane - a una serie di delicate inchieste giudiziarie. Come, per esempio, quella sulle mascherine importate dalla Cina dalla società dell' ex presidente della Camera, Irene Pivetti.
In ogni caso, l' Agenzia decide di acquistare le mascherine. L' importo è basso - intorno ai 30mila euro - e il venditore si accontenta di un anticipo. La società consegna agli uffici l' iban su cui bonificare la cifra in due fasi. Il primo è su una banca a Kuala Lumpur. Il secondo a Malta.
carla ruocco con laura bottici e marcello minenna
Nonostante non sia il massimo della tracciabilità, l' Agenzia paga. Ma il problema è che le mascherine non arrivano. «Ho chiamato personalmente la ditta - spiega Minenna a Repubblica - per spiegare a questi signori in che guai si erano cacciati. E contestualmente ho presentato una denuncia in procura».
E quei bonifici in paradisi fiscali? «Sinceramente non lo sapevo, sono cose che riguardano gli uffici», continua Minenna. «Ma è un falso problema anche perché noi le avevamo effettuati con procedure di garanzia: se la merce non fosse arrivata, avremmo recuperato il denaro». In ogni caso il pm Villani ha aperto un fascicolo per frode in pubbliche forniture. E aspetta gli esiti di alcune analisi per capire come muoversi. Perché le mascherine, seppur in ritardo, sono arrivate. Ma non sono mai state distribuite agli uffici.
Le Dogane hanno scoperto che i dispositivi che avevano comprato non avevano le certificazioni promesse: sono state sdoganate come mascherine chirurgiche e in queste ore stanno effettuando le analisi di rito. Il cortocircuito effettivamente è surreale. Perché sono state proprio le Dogane in questi mesi, accanto al commissario Domenico Arcuri, a dare la caccia ai falsi che arrivano dalla Cina. I casi infatti sono due: quando le mascherine hanno il marchio Ce, il dispositivo viene immediatamente sdoganato. Se invece non c' è, viene inviato all' Istituto superiore di Sanità e all' Inail per i test.
Se le mascherine non li superano, come avviene in moltissimi casi («non abbiamo statistiche ma sono davvero tanti» spiega Minenna), le mascherine vengono declassate.
«Abbiamo dovuto declassare anche le nostre - dice il direttore delle Dogane - E infatti non pagheremo la seconda tranche: per questo raccomando a tutti, dalla Protezione civile alle regioni, di non bonificare mai l' intero importo». E magari di farlo non in paradisi fiscali.