PARTIRE PER LA TANGENTE – DIECI ARRESTI A PALERMO PER CORRUZIONE NELLA SANITÀ: TRA QUESTI ANCHE IL COORDINATORE PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS ANTONINO CANDELA, CHE PER ANNI HA VISSUTO SOTTO SCORTA PER AVER DENUNCIATO AFFARI E MAZZETTE – ORA SAREBBE LUI AD AVER INCASSATO UNA TANGENTE DA 260 MILA EURO PER UN APPALTO – VIDEO

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Salvo Palazzolo per www.repubblica.it

 

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Per anni ha vissuto sotto scorta, dopo aver denunciato affari e tangenti nella sanità siciliana, adesso è lui accusato di corruzione e stamattina è finito agli arresti domiciliari. Antonino Candela, l'ex manager dell'Asp 6 di Palermo e attuale coordinatore per l'emergenza coronavirus in Sicilia, è uno dei dieci arrestati di una maxi inchiesta della procura e del comando provinciale della Guardia di finanza di Palermo che ha svelato un sistema di mazzette attorno a quattro appalti della sanità siciliana.

 

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Gare, per un valore di 600 milioni di euro, che sono state aggiudicate dal 2016 in poi dalla "Centrale unica di committenza della Regione" e dall'Asp 6, per la fornitura e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali e per servizi di pulizia. Candela è accusato di avere intascato in più trance una mazzetta da 260 mila euro dagli imprenditori che hanno gestito uno di quegli appalti. Sono intercettazioni choc quelle che lo hanno portato in manette. Diceva: "Ricordati che la sanità è un condominio, io sempre capo condominio rimango". Il gip ricorda: "Si atteggiava a strenuo paladino della legalità", ma quello che è emerso invece dall'indagine è una "pessima personalità".

 

Un vero e proprio terremoto giudiziario, che secondo l'accusa avrebbe avuto due centri di potere: uno legato a Candela e all'imprenditore Giuseppe Taibbi, anche lui ai domiciliari per aver fatto da tramite con gli imprenditori per la consegna del denaro; l'altro, gestito da Fabio Damiani, ex responsabile della Centrale unica di committenza della Regione, oggi dirigente generale dell'Asp 9 di Trapani, che è invece finito in carcere, come il suo faccendiere di riferimento, l'imprenditore Salvatore Manganaro.

Palermo, la mazzetta del 5% sugli appalti della sanità: "Abbiamo cambiato la busta"

 

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L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria guidato dal colonnello Gianluca Angelini, coinvolge anche manager di aziende molto note del settore delle forniture sanitarie. Indagato a piede libero il deputato regionale Carmelo Pullara, eletto nella lista "Idea Sicilia popolari Musumeci presidente", oggi è componente della commissione regionale antimafia e vice presidente della commissione sanità: è accusato di turbativa d'asta, avrebbe sollecitato Damiani ad aiutare una ditta, in cambio il manager gli avrebbe chiesto aiuto per la sua nomina.

 

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Ai domiciliari sono andati invece Francesco Zanzi, amministratore delegato di "Tecnologie sanitarie spa"; Roberto Satta, responsabile operativo della società; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di "Siram spa"; Crescenzo De Stasio, direttore Unità business centro sud di Siram; poi Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di "Pfe spa"; e il faccendiere Ivan Turola.

 

Il gip Claudia Rosini ha invece imposto il divieto di "esercitare attività professionali e imprenditoriali" a Giovanni Tranquillo, ritenuto referente occulto di alcune società e a Giuseppe Di Martino, componente di una commissione di gara.

Le accuse

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L'inchiesta dei sostituti procuratori Giacomo Brandini e Giovanni Antoci contesta a vario titolo le accuse di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti. Le intercettazioni hanno sorpreso passaggi di denaro in contante, ma le mazzette sarebbero state mimetizzate anche attraverso complesse operazioni contabili instaurate fra le società aggiudicatarie degli appalti e una galassia di imprese riconducibili ai faccendieri ritenuti legati ai manager.

 

Dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della Guardia di finanza di Palermo: "Le spregiudicate condotte illecite garantivano l'applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5 per cento del valore della commessa aggiudicata". Probabilmente, l'inchiesta ha scoperchiato solo la punta di un iceberg: "Il quadro emerso è a dir poco allarmante - spiega il colonnello Angelini - la gestione degli appalti pubblici della sanità siciliana appare affetta da una corruzione sistemica con il coinvolgimento, con compiti e ruoli diversi di funzionari e dirigenti pubblici infedeli, faccendieri e imprenditori senza scrupoli disposti a tutto pur di aggiudicarsi appalti milionari".

Il sistema della spartizione

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Per gli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela spesa pubblica del nucleo di polizia economico finanziaria, "gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società a livello nazionale, erano consapevoli e partecipi alle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti".

 

I gruppi di potere erano due, ma avrebbero avuto lo stesso schema illecito: era l'imprenditore interessato all'appalto ad avvicinare il faccendiere che faceva da interfaccia con i due manager; raggiunto l'accordo, la società faceva la sua offerta pilotata. Le intercettazioni raccontano di buste sostituite durante le gare, di punteggi attribuiti illegittimamente, di informazioni riservate che circolavano con troppa facilità.

 

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