QUANDO HA TORTO IL PEDONE INVESTITO? SE ATTRAVERSA LA STRADA CON GLI OCCHI O LE ORECCHIE INCOLLATI ALLO SMARTPHONE - LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TRIESTE SU UN INCIDENTE DEL 2010: ATTRAVERSANDO MENTRE ERA AL TELEFONO, LA VITTIMA AVREBBE AGITO "IN DISPREZZO DELLE REGOLE SULLA CIRCOLAZIONE STRADALE E DI NORMALE PRUDENZA" ED E’ STATA RITENUTA RESPONSABILE ALL’80% DELL’INCIDENTE

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Chiara Severgnini per corriere.it

 

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Attraversare la strada con gli occhi o le orecchie incollati allo smartphone può costare caro: in caso di incidente, il pedone può essere ritenuto responsabile (in parte) del suo stesso investimento. Lo ha stabilito il Tribunale di Trieste con una sentenza (la 380/2019) che non rappresenta un caso del tutto isolato: da tempo la giurisprudenza ha stabilito che il pedone non ha sempre ragione, perché può — per distrazione o imprudenza — concorrere nel causare un incidente. Del resto, i cittadini che si aggirano per le città prestando più attenzione allo smartphone che alle regole (e al buon senso) sono un problema noto da tempo: alcuni Stati, come lo Utah e l’Australia, hanno introdotto delle multe proprio nel tentativo di arginare il fenomeno.

 

 

L’articolo 2054 del codice civile stabilisce che, in caso di incidente, «il conducente di un veicolo (...) è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno». Di norma, quindi, quando viene investito un pedone la responsabilità è del conducente dell’auto, come ha ribadito anche la Cassazione a fine giugno.

 

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Ma, come riferisce il quotidiano giuridico StudioCataldi, il Tribunale di Trieste ha stabilito che se il comportamento del pedone è stato «fattore causale esclusivo dell’evento dannoso», la responsabilità può essere condivisa. Purché, beninteso, il guidatore dimostri che non era possibile evitare l’impatto con una manovra d’emergenza, come già stabilito dalla Cassazione nel 2017, secondo cui «in caso di investimento di pedone» la responsabilità del conducente è «esclusa» se non c’era «alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale».

 

 

Nel caso esaminato a giugno dal Tribunale di Trieste, chiamato a giudicare in appello dopo una sentenza di primo grado del Giudice di Pace, il «comportamento imprevedibile e anormale» sarebbe legato proprio all’uso del telefonino. I fatti risalgono al febbraio del 2010. L’incidente si è verificato nei pressi di una fermata dell’autobus e ad essere investita è stata una donna che stava proprio per salire sul mezzo pubblico. Nella sentenza si legge che la vittima dell’incidente «aveva attraversato la strada parlando al cellulare e senza preventivamente guardare se stessero sopraggiungendo altri veicoli». Di conseguenza, secondo il giudice «risulta incontrovertibile la connotazione colposa della condotta della pedone», che avrebbe agito «in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza». La colpa dell’incidente, quindi, è da attribuire all’80% alla ragazza che è stata investita e al 20% al guidatore. Chi era alla guida dell’auto non viene completamente discolpato dal Tribunale perché avrebbe dovuto prevedere il comportamento della donna, dal momento che l’aveva vista correre sul marciapiede per avvicinarsi all’autobus.

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