Daniela Lanni per lastampa.it
stefano de martino belen rodriguez
«Mi mancano ancora tante ore di volo per crescere. Il bello del mestiere del conduttore è che non si fa in altezza ma in lunghezza. Si costruisce negli anni». ? proiettato in avanti, verso la perfezione e l’autenticità Stefano De Martino, uno dei nuovi volti della tv italiana: mentre l’Italia si appassiona alla sua possibile riappacificazione con l’ex moglie Belen («una sorta di transfert emotivo - ha definito lui il fenomeno - tutti hanno una storia d’amore mai dimenticata»), lui preferisce concentrarsi sul lavoro. Per il terzo anno, da martedì 15 febbario, torna su Rai 2 in prima serata, con il comedy show Stasera tutto è possibile. 8 puntate all’insegna dell’allegria.
Perché il pubblico ama questo programma?
«È onesto e poco pretenzioso. Con gli autori preparo i giochi ma con gli ospiti si va a braccio, cerchiamo di ricreare un clima familiare. Poi è una delle poche gare in cui non si vince nulla, ma si regalano risate e leggerezza. Con me tornano Biagio Izzo e Francesco Paolantoni, a cui si aggiungono altri grandi comici come Pintus, il Mago Forrest, Pucci. Torna anche Elettra Lamborghini».
La danza non le manca?
«Se nasci in un modo non puoi morire in un altro. La metodicità della danza mi aiuta sempre come approccio al lavoro, ma non credo ci sia in tv un contesto ideale per fare entrambe le cose: preferisco dedicarmi alla conduzione. Ma sto preparando uno spettacolo teatrale di racconti e musica, sarò da solo con una band sul palco, e ci metterò anche la danza».
La vedremo anche nel film “Il giorno più bello” di Andrea Zalone, come co-protagonista.
«Sarò lo sposo di Fiammetta Cicogna. Il cinema l’ho sempre guardato da lontano. Diciamo che mi riguardo con difficoltà in tv ed estrema difficoltà al cinema. Però mi sono divertito, era un mondo che non conoscevo. Faccio parte delle nuove leve, davanti a me ci sono dei giganti che mi fanno un po' da scudo. La prima che mi ha insegnato è Maria De Filippi. Ha un modo empatico e autentico di fare tv, credo sia la lezione più grande riuscire a essere sé stessi davanti alle telecamere, una grande liberazione».
Vede il cinema nel suo futuro?
«Mi affascina confezionare un contenuto che ha una sua eternità, perché il film resta lì, un po' come i libri. Non credo di funzionare come attore, non è il mio mestiere. Non è un passaggio obbligato quello dalla tv al cinema. Se mai mi venisse un’idea potrei scrivere qualcosa per il cinema e, forse, ritagliarmi una piccola parte, per far parte di questo meccanismo. In questa dinamica mi sentirei più a mio agio».
Della tv cosa le piace?
«Guardo tutto, sono onnivoro, per avere una visione generale e offrire un’alternativa, invece di seguire un filone che già esiste. Mi piace Renzo Arbore. Guardo Bonolis, Amadeus, Scotti, Conti, Chiambretti. Rubo un po’ da tutti per trovare un mio modo. Mi piace molto l’intrattenimento classico, Sanremo in cima alla lista: è l’esempio lampante di come le persone abbiano bisogno di un argomento comune».
A proposito di Sanremo, c’è una battuta memorabile di Fiorello a Berrettini: “Da sex symbol a ex symbol è un attimo”. Quanto conta la bellezza nel suo lavoro?
«In quella battuta mi rivedo completamente. So che la bellezza non è una condizione eterna. Quella d’animo è longeva, a quella fisica non mi affeziono perché non voglio sentirne la mancanza. Certo all’inizio è una raccomandazione, attira l’attenzione. Ma ha bisogno di grandi conferme».
La sua storia d’amore appassiona l’Italia. È vero che con la sua ex moglie Belen vi rivedete?
«Credo sia normale che due genitori con un figlio in comune, anche se divorziati, si vedano. Sarebbe strano il contrario. Abbiamo un legame che va oltre un matrimonio finito. Non ci vedo niente di straordinario se un padre e una madre trascorrono del tempo insieme al proprio bambino. E non c’è altro, altrimenti lo direi. Poi preferisco parlare di lavoro, non per snobismo. Preferisco così».
Come descriverebbe suo figlio?
«Santiago ha 8 anni. Ha una vena creativa molto spiccata, ama disegnare, ha una personalità ben definita. Cerca di dimostrare a tutti i costi la sua diversità e questo mi piace molto, lo spingo quasi a farlo. A volte, però, quando gli faccio delle ramanzine è come risentire mio papà nelle orecchie e mi dico “non ci posso credere che sto usando le stesse parole e lo stesso tono”. Si è figli in modo naturale, nelle vesti di padre cerchi di essere la versione migliore o aggiornata del tuo».
Lei che figlio è stato?
«Mio padre era ballerino al San Carlo di Napoli, il palco è sempre stato familiare per me. Mia madre una maestra di sostegno alle elementari. Una donna con grandissima pazienza, empatia, mi ha insegnato quanto sia importante ascoltare le persone. Alla fine, li ritrovo nel mio lavoro».
Una curiosità. ? scaramantico?
«Sono più delle manie o abitudini, infilo sempre la scarpa sinistra prima della destra. Le superstizioni sono come la coperta di Linus, ce le portiamo dietro per placare le nostre ansie. Lotto fra questo iperrealismo che mi contraddistingue e l’imprinting culturale da napoletano che mi fa essere scaramantico. Ci credo e non ci credo, ma nel dubbio mi affido al detto “la sfiga non esiste ma non crederci porta male”».
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