"IL VERO DESIDERIO NASCE DALL'AUTOCONTROLLO" - NEL LIBRO "DIECI COMANDAMENTI PER DIECI CARDINALI", MONSIGNOR RAVASI "SCOMUNICA" LA VORACITA' SESSUALE CONTEMPORANEA: "IL GRANDE MERCATO DEL SESSO IMBANDITO DALLA PORNOGRAFIA, ESALTATA DA UN'OFFERTA ESTENUANTE, GENERA ALLA FINE UN'ANORESSIA DELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE, UN CROLLO DELLA PASSIONE, DELL'INTIMITÀ VERA, UNA VUOTA SOLITUDINE. LA LOGICA DELLA SPUDORATEZZA IMMISERISCE IL DESIDERIO - LA DONNA, SEMPRE PIÙ AGGRESSIVA ED ECCESSIVA NELLA SEDUZIONE, RIESCE NON DI RADO PIÙ AD ALLONTANARE CHE AD ATTIRARE…"

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DIECI COMANDAMENTI PER DIECI CARDINALI DIECI COMANDAMENTI PER DIECI CARDINALI

Estratto del commento di Gianfranco Ravasi al IX Comandamento, da “Dieci Comandamenti per Dieci Cardinali” (Edizioni Ares, Milano), pubblicato da “Libero quotidiano”

 

Karl Kraus, nei suoi Detti e contraddetti, giustamente osservava che «il vizio e la virtù sono parenti, come il carbone e i diamanti» (che hanno entrambi come base il carbonio). Il desiderio, quindi, da virtù può diventare quel vizio che è condannato dal IX Comandamento. Vorremmo, allora, svolgere qualche considerazione essenziale attorno al vizio o desiderio degenerato che si connette a questo Comandamento.

 

Esso ha alle spalle una sua «naturalezza»: la pulsione sessuale e la relazione d'amore sono nella natura stessa dell'uomo e della donna. Tuttavia, questo desiderio legittimo può imboccare strade devianti e precipitare nell'ossessione, nella frenesia, nell'esasperazione viziosa. È curioso notare che in uno dei testi fondamentali dell'induismo, la Bhagavadgita, si legge che «l'inferno ha tre porte: l'avarizia, la lussuria e l'ira».

 

gianfranco ravasi gianfranco ravasi

C'è, dunque, la porta della cupidigia (X Comandamento), ma anche quella della concupiscenza, che si apre su coloro che hanno violato il sesto e il nono Comandamento del Decalogo. A ragione sant' Agostino, nella Città di Dio, affermava che «la lussuria non è il vizio dei corpi belli e attraenti, ma dell'anima perversa» (XII 8).

 

Siamo, dunque, ancora nell'orizzonte del desiderio smodato, dell'anima che si illude di raggiungere l'amore moltiplicando gli amori. Il vocabolo stesso, «lussuria», derivando dal latino «luxus», rimanda nella sua prima accezione a un eccesso, a un'esuberanza che travalica e prevarica, supponendo un'eccedenza, un'esagerazione, un'intemperanza, appunto un'incontinenza.

 

IN BALÌA DELL'ISTINTO

milf lussuria milf lussuria

È un po' questa la via che è stata imboccata nella società contemporanea, quasi si obbedisse a quel Manifesto futurista della lussuria che era stato elaborato da Valentine de Saint-Point (1875-1953), nipote del poeta francese Lamartine e amante di Filippo Tommaso Marinetti: «L'amore è un valore obsoleto e deve essere sostituito dal desiderio che, lungi dal ridursi al piacere carnale, è la condizione di pienezza dell'essere. La lussuria è una forza».

 

Il desiderio così concepito infrange l'armonia unitaria del paradigma sessualità-eros-amore e riduce la relazione amorosa a mera attrazione fisica, a bramosia e piacere nei confronti di ciò che è sexy (senza ulteriore connotazione), al puro e semplice congiungimento carnale, regolato dall'estro e dall'istintività. La relazione amorosa, segnata invece da tante caratteristiche personali e interpersonali, si riduce così a mero possesso e «consumo».

ravasi ravasi

 

La logica dominante diventa, allora, quella della liberazione del desiderio da ogni prescrizione morale. Il nuovo codice del desiderio è quello di non avere codici normativi, lasciato libero di essere governato solo dalla pulsione e dalla sua «irregolarità». È un po' quello che già sottolineava Dante a proposito di «peccator carnali, / che la ragion sommettono al talento» (Inferno V 38-39); è la scelta di vita della dantesca Semiramide che «libito fe' licito in sua legge» (V 56).

 

La qualità, anche in questo caso come nel parallelo della brama per le cose, è assurdamente ricercata attraverso la quantità, la sessualità si misura sull'esercizio, si trasforma in sfida che conduce al ricorso a stimolanti sempre più eccitanti, a una pornografia sempre più bieca. È paradossale, ma non troppo, che questo sentiero in discesa porti al suo antipodo, l'impotenza. La dismisura del desiderio incontinente ha, infatti, spesso come esito la caduta della potenza sessuale e della stessa attrazione e persino, oltre alla saturazione nauseata, ha come sbocco la paura.

 

LUSSURIA LUSSURIA

La donna, sempre più aggressiva ed eccessiva nella seduzione (non solo pubblicitaria), riesce non di rado più ad allontanare che ad attirare. Il grande mercato del sesso imbandito dalla pornografia virtuale, o cartacea, esaltata da un'offerta esasperata ed estenuante, genera alla fine un'anoressia della comunicazione interpersonale, un crollo della passione, dell'intimità vera, una vuota solitudine. La logica della spudoratezza immiserisce il desiderio, lo rende incapace di gustare la delicatezza dello svelamento, dell'ammiccamento, della finezza dell'eros autentico.

 

Potremmo proporre un parallelo, forse inatteso: contrariamente all'opinione comune che considera l'ascesi solo come rinuncia e, quindi, il «Non desiderare» solo come ablazione o negazione di sentimenti, la genuina pratica ascetica corrisponde, invece, al significato originario del greco áskesis, ossia «esercizio». È, perciò, creatività, padronanza di sé, abilità: il corpo dell'acrobata o della ballerina classica sfida la gravità e si fa lieve con una semplicità assoluta che è, però, frutto di lungo e ininterrotto esercizio.

 

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Costoro sono dominatori perché si sono dominati, si librano nello spazio in libertà totale in quanto si sono duramente controllati. Ebbene, questa dovrebbe essere anche la vera grammatica del desiderio: la sua energia vitale e creatrice nasce non dalla corrività sfrenata, ma dall'esercizio severo e dall'autocontrollo, la bellezza è generata dal rigore, la rinuncia a un piacere immediato è finalizzata a un godimento più emozionante e alto.

 

Naturalmente alla base di tutto ci dev' essere una concezione della natura umana unitaria, fisica e spirituale, per cui il desiderio sessuale è inquadrato nella persona con le sue radicali capacità di relazione, comunione e trascendenza. Esso esprime l'individuo nella sua identità, ma anche nel suo essere «ad extra», orientato verso l'esterno, in rapporto con l'altro umano e l'Altro divino. Significativa è, al riguardo, la polemica di san Paolo contro il riduzionismo libertino di alcuni cristiani di Corinto che proclamavano: «Tutto mi è lecito! I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi!», riducendo, quindi, la sessualità solo a un mero atto fisiologico.

 

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VISIONE UNITARIA DELL'UOMO

La replica paolina punta, invece, su una diversa concezione del corpo «non per l'impudicizia ma per il Signore», non per la fornicazione ma per essere «membra di Cristo» e «tempio dello Spirito Santo» (1 Cor 6, 12-20). Siamo appunto di fronte a una visione unitaria per cui il desiderio sessuale non può essere alimentato solo carnalmente, ma è in sé epifania di domande trascendenti, è anelito a un amore superiore, è stimolo a un itinerario che tutta la persona compie in progressione verso una meta di pienezza.

 

Altrimenti il desiderio meramente soddisfatto sotto l'azione della pulsione merita l'acuta analisi che ci ha lasciato Shakespeare nel suo Sonetto 129: «Nel desiderio, beatitudine; sciagura a prova fatta. / Un sorridente sogno, prima; una chimera dopo. / È cosa che chiunque sa bene. / Ma nessuno sa sottrarsi al cielo / che conduce gli uomini in tale inferno».

LUSSURIA LUSSURIA

 

La condanna del peccato presente nel nono Imperativo decalogico diventa, quindi, innanzitutto un appello alla «purificazione del cuore», secondo quanto suggerisce, commentandolo, il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 2517 ss.), perché, come ricordava Cristo, «è dal cuore che provengono desideri malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie» (Mt 15, 19). Ma il Comandamento decalogico è, in positivo, un appello ad avere un cuore nuovo, capace di desideri autentici, creativi, generosi, assoluti.

 

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 È ciò che si augurava il profeta Ezechiele attraverso questo celebre oracolo divino: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36, 26). Solo così il desiderio ritroverà la sua radicale tensione verso l'infinito, espressa proprio dalla sua etimologia lessicale, ossia la sua apertura versoi «sidera», le stelle. È, quindi, il suo «in-finito» protendersi verso la pienezza a cui la persona umana è votata, pur col suo limite creaturale, secondo la visione cristiana che assegna agli uomini e alle donne la possibilità di diventare «figli di Dio» (Gal 4, 4-7; Rm 8, 14-17).

 

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