Simona Pletto per ''Libero Quotidiano''
«Gli italiani non vogliono lavorare nei campi e gli stranieri invece sì? Questo è un mito da sfatare perché non è più vero. Io ho raccolto 400 richieste nel giro di un paio di giorni e l' 80% di questi curricula appartengono a italiani».
Michele Ponso, titolare di un' azienda agricola a Lagnasco, nel Saluzzese, è ancora incredulo. Sul tavolo del suo ufficio amministrativo sono stampate decine e decine di richieste di lavoro, spedite anche di notte via mail. «Fino a l' altro giorno cercavo braccianti invano», spiega l' imprenditore.
«Poi mi hanno fatto un servizio alla trasmissione televisiva Le Iene, dove lamentavo la difficoltà a reperire manovalanza straniera da mandare nei frutteti dopo il coronavirus, e apriti cielo! Sono stato letteralmente sommerso dalle domande». «Anche adesso - aggiunge l' agricoltore - che è sabato, ricevo una mail di richiesta ogni cinque minuti.
La cosa che addolora, è che molte di queste persone fino a ieri avevano una occupazione e ora sono disperate perché non hanno più un lavoro né soldi. Alcuni di loro li conosco personalmente, sa com' è, viviamo in un paese di appena 1500 abitanti. C' è un tabaccaio che ha chiuso per esempio, una parrucchiera. Ma anche molti universitari, gente che lavorava negli alberghi e che è rimasto disoccupato».
LA RACCOMANDAZIONE Tra le richieste arrivate da tutta Italia nell' azienda del signor Ponso, c' è una coppia che si è fatta "raccomandare" dal parroco del paese perché rimasta senza lavoro e con figli piccoli da sfamare, c' è un tecnico del suono, camerieri, due ragazze giovanissime che abitano al Sud e che pur di lavorare nei campi per l' azienda di Lagnasco hanno cercato di sistemarsi nel più vicino camping. Un' altra coppia, marito e moglie, addirittura si è attrezzata col camper.
«Sono pronti a tutto, anche se vivono a distanza, pur di non perdere questa occasione», rimarca Ponso. «Sinceramente una cosa così non me l' aspettavo. Sa qual è la cosa che più colpisce? È che nessuno di questi, dico nessuno, ha chiesto quante ore si lavora, se sono impegnati anche il fine settimana o a Ferragosto. Nulla. La frase che ricorre in ogni curricula è "disponibilità totale". Mai successo prima».
La tariffa oraria per questi mesi caldi di raccolta frutta (ora mirtilli, poi lamponi, pesche nettarine, susine e kiwi), è di sei euro. «Non è tanto, lo capisco, ma con queste annate cattive il settore non prospera e i guadagni sono sempre meno», ammette l' agricoltore.
IL CONFRONTO E sottolinea: «L' anno scorso avevamo l' 80% di manovalanza straniera. Poi a causa del virus sono tornati nella loro terra alcuni nostri operai, tra cui cinesi, africani, polacchi. Ci siamo ritrovati senza personale. Ora ne abbiamo già selezionati e assunti 17, quasi tutti italiani. Ne servirebbero 25 ma abbiamo deciso di tenere il posto ai nostri stranieri perché dovrebbero riuscire a tornare nel nostro Paese per fare la stagione da noi».
Potrebbero esserci problemi al rientro, ma anche sull' aspetto sanitario evidenzia l' agricoltore siamo pronti a fare la nostra parte.
«Faranno la loro quarantena ovviamente. Intanto però, la nostra azienda non ha più problemi nel reperire risorse umane.
Una cosa è certa: se si continua a dire che gli italiani non vogliono lavorare nei campi anche in tempi di coronavirus, è solo perché c' è un evidente problema di comunicazione. Se la gente viene informata, io ne sono un esempio, alza la mano e corre».