SANGALLI DA COMBATTIMENTO - RESTA AL TIMONE DI CONFCOMMERCIO E TUONA: “IL MORALISMO ARMA LETALE, UTILIZZATA E DISTORTA PER FINI PERSONALI E INFAMANTI” - LE ACCUSE DI MOLESTIE DELLA EX SEGRETARIA NON PESANO IN ASSEMBLEA: "LE DIMISSIONI CHE MI VENIVANO CHIESTE ERANO L'INIZIO DI UN DISEGNO PER SOVVERTIRE IL MODO IN CUI QUESTA CONFEDERAZIONE SCEGLIE I SUOI ORGANI" - VIA IL DG RIVOLTA
Antonella Baccaro per il Corriere della Sera
La parola «dimissioni» non è mai stata neppure pronunciata tra le boiserie del parlamentino di piazza Belli, dove ieri, per la prima volta da quando è stato accusato di molestie, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha affrontato i 70 membri del consiglio direttivo arrivati da tutta Italia.
La giornata più lunga per l' ottantunenne presidente si è conclusa con la sua sostanziale blindatura fino al 2020, la ratifica del licenziamento del direttore generale Francesco Rivolta e il suo impegno a riformare la governance distribuendo qualche potere. Sei gli astenuti, tra cui i tre vicepresidenti Borghi, Uggè e Coppa, che ne avevano chiesto le dimissioni insieme con Rivolta. Un solo voto contrario.
Un risultato positivo per il presidente, preparato da un lavoro di ricucitura col territorio e da colloqui privati con alcuni tra i maggiori oppositori, che ha portato alla stesura di un ordine del giorno che escludeva qualsiasi giudizio sul suo operato e contingentava la questione molestie al punto 1: «Comunicazioni al consiglio». Ma Sangalli non ha eluso il tema nel discorso di 40 minuti preparato a casa nel weekend e limato in solitudine ieri nel proprio ufficio al quinto piano, vista Isola Tiberina, dove è arrivato, come sempre, alle 8. Dopo tre ore è sceso nel parlamentino, completo grigio e cravatta rossa, annodata davanti allo specchio, in ascensore. Al suo fianco si è seduto Lino Stoppani, il vicario. Di fronte, il consiglio.
Un lungo sorso d' acqua prima di iniziare a parlare in un silenzio quasi surreale. Premette: «Oggi mi sembra giusto sapere distinguere l' attacco personale che sto subendo con gli argomenti da trattare in questo Consiglio».
Esaurisce il tema Rivolta rivendicando in termini di legge il diritto a licenziarlo e ammettendo che invece la revoca da direttore richiede un passaggio in consiglio, che infatti è al punto 2 dell' ordine del giorno. Poi l' affondo: «Sul piano tecnico e organizzativo non vi sono altri temi di rilievo sul capitolo Rivolta. Ma come sapete tutti voi, questo piano tecnico è stato trascinato brutalmente su quello personale».
giovanna venturini la donna che ha accusato carlo sangalli di averla molestata
Ancora un sorso d' acqua.
«E così si è fatto ricorso a pretesti e scorciatoie scegliendo un percorso diverso rispetto a quello del confronto democratico, magari con le scarpe comode del moralismo (arma letale, utilizzata e distorta per fini personali e infamanti)».
francesco rivolta ex dg confcommercio
Tossisce, si rassetta: «Vi confesso che sono stati e sono momenti orribili. Sono stato per giorni, settimane, mesi - all' alba come a notte fonda - perseguitato da messaggi intimidatori. In questa condizione - precisa -, mi è tuttavia rimasta la lucidità di riconoscere i tratti di un disegno, che coinvolgeva me, ma perseguiva un obiettivo finale ben più grande».
È qui che vuole arrivare: «Le dimissioni che mi venivano chieste, sibilate all' orecchio, ingiunte via messaggio nei momenti strategici erano l' inizio, non la fine. O meglio. Erano l' inizio di un disegno per sovvertire il modo in cui democraticamente questa confederazione sceglie i suoi organi, e chi li rappresenta». Non usa la parola «complotto», ma a questo pensa quando guarda negli occhi alcuni dei presenti.
«Non capisco - dice - chi non si è fatto scrupolo di sfregiare un impegno decennale lento, paziente, costante».
Tocca ai consiglieri. Gli interventi sono più di una ventina. Alcuni telegrafici: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Abruzzo, i Panificatori, il Fipe invitano a superare l' impasse.
Qualcuno ricorre alla frase di rito: «Lasciamo che la magistratura faccia il suo lavoro».
Renato Salvadori da Treviso è il più puntuto quando rimprovera al presidente di aver travalicato le norme. Pietro Agen, tra gli accusatori, è furioso per come la vicenda è apparsa sui giornali. Parla Paolo Uggè, uno dei vicepresidenti che hanno chiesto le dimissioni del presidente con una lettera e sono stati da lui denunciati per estorsione, insieme con Rivolta.
E qui si capisce che qualcosa è cambiato: «Nessun complotto, presidente. La lettera era un po' cruda, ma era per spingerla a denunciare le minacce alla Procura perché la cosa stava diventando di dominio pubblico. Dov' è l' estorsione?». È il segnale. Le due votazioni confermano la ritrovata unità.
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«Continuiamo a guardarci negli occhi» esorta Sangalli. Il fuoco torna sotto la cenere.