Angela Pederiva per "Il Messaggero"
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Tra mamma e papà è in corso una rottura molto conflittuale. Anzi, di più: almeno una disputa «implicherebbe un confronto, quantunque ostile», mentre qui si tratta di vera e propria «incomunicabilità», cioè di «una chiusura così impenetrabile da precludere qualsiasi spostamento rispetto alla prospettiva autoreferenziale in cui le parti sono intrappolate», con la conseguenza che le figlie «a loro volta mimano il contegno dei genitori e anche tra loro pericolosamente lo replicano».
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Per questo due bambine devono essere risarcite dal padre, che più ancora della madre è ritenuto responsabile della situazione «di grave rischio evolutivo e di pregiudizio per lo sviluppo psicofisico delle minori», con 5.000 euro ciascuna: l'ha deciso il Tribunale di Venezia, nella sentenza (appellabile) di separazione.
LA VICENDA
Ora le ragazzine hanno 11 e 9 anni, ma la storia va avanti da quando la più grande andava alle elementari e la più piccola frequentava la materna. O meglio, avrebbero dovuto, perché, proprio a causa dei contrasti fra i genitori, avevano finito pure per saltare le lezioni.
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Secondo la versione di lei, «la relazione coniugale si è presto rivelata opprimente a causa dell'indole possessiva del marito e del suo maniacale controllo delle relazioni, anche familiari», tanto che quando ha deciso di separarsi, la donna è stata «oggetto di vessazioni» per cui ha dovuto rivolgersi sia ai carabinieri che al Centro antiviolenza.
Stando al racconto di lui, invece, «la causa della crisi coniugale» va ricercata nel «comportamento contrario al dovere di fedeltà» da parte della moglie. Comunque sia, per il consulente del Tribunale sono «entrambi inidonei a svolgere la funzione genitoriale».
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Si legge nella relazione dei Servizi sociali: «Entrambi i genitori, pur con modalità diverse, dimostrano di non essere in grado in questo momento di garantire un contesto sereno di vita alle figlie in cui gli adulti possano assicurare loro l'esercizio del diritto alla bigenitorialità. Dal canto loro le bambine dimostrano, con le loro reazioni aggressive, di vivere sentimenti profondamente contrastanti e dolorosi che sembrano compromettere le loro condizioni attuali di crescita».
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Insomma, «triste vicenda», come annotano i giudici della seconda sezione civile (presidente Silvia Barison, con Alessandro Cabianca e Carlo Azzolini).
LA DECISIONE
I due hanno chiesto la separazione, sostenendo che «la prosecuzione della convivenza tra loro è ormai divenuta intollerabile» e che «è cessato ogni rapporto affettivo e di coabitazione».
Ma se questi sono affari di coppia, ad inquietare sono gli effetti sulle figlie: «I servizi sociali, il consultorio familiare e la Neuropsichiatria infantile, infatti, concordano nel rilevare la chiusura e l'autoreferenzialità di entrambe le parti e restituiscono la sconfortante immagine di una condizione di persistente immobilità delle relazioni familiari (se non addirittura, di scivolamento lungo il pericoloso crinale del disagio delle figlie)».
Di qui la decisione di affidare le bambine ai Servizi sociali del Comune, benché con collocamento a casa della madre, mentre il padre può far loro visita «una volta alla settimana, alla presenza di operatore esperto» e «in esclusivo ambiente protetto», dunque «senza possibilità, allo stato, di libera frequentazione o comunicazione» fra l'uomo e le figlie, «vuoi in forma personale, vuoi via filo, a mezzo del web o per lettera».
I SOLDI
Caratterizzato secondo il consulente psichiatra da «narcisismo e onnipotenza», il papà dovrà non solo contribuire al mantenimento delle ragazzine con 300 euro per ognuna al mese, ma dovrà pure sborsare altri soldi.
Da una parte c'è la sanzione di 3.000 euro, per aver «tentato di sabotare gli incontri con una serie di piccoli dispetti, per esempio recandosi agli incontri protetti presso i Servizi ora accompagnato dal proprio cane», «ora con materiale ludico con cui le figlie hanno imbrattato i locali e non mantenendo la promessa di ripulire fatta all'educatrice», «oppure trattenendovisi oltre l'orario richiesto dagli operatori».
Dall'altra c'è il risarcimento di 10.000 euro complessivi per le sorelline, in quanto sono costrette a «dover scegliere alternativamente l'uno o l'altro genitore, senza possibilità di integrazione psichica» e si ritrovano a replicare «alcuni atteggiamenti tipici dei due genitori, mimando anche la loro reciproca conflittualità».