Da open.online
SVEZIA AL VOTO Magdalena Andersson
Domenica 11 settembre i cittadini svedesi saranno chiamati alle urne per eleggere i 349 membri del loro Parlamento (Riksdag) in un contesto sociale più diviso e teso che mai. A sconvolgere gli equilibri politici svedesi è la possibilità concreta che i Democratici Svedesi, partito di estrema destra che dal 2010 in poi ha raddoppiato i consensi un’elezione dopo l’altra, conquistando nel 2018 il 17,5 per cento dei consensi, diventi la seconda forza politica del Paese dopo i Socialdemocratici dell’attuale premier Magdalena Andersson, dati da Politico al 29 per cento.
A guidarli verso quello che i sondaggi da circa un mese prevedono sarà almeno il 20 per cento dei voti, il giovane politico Jimmie Åkesson, classe 1979. La predominanza dei Democratici Svedesi, ma non solo, ha portato la campagna elettorale ad infiammarsi soprattutto sul tema dell’immigrazione e della sicurezza, in un Paese in cui, fino a qualche anno fa, le persone non chiudevano nemmeno la porta di casa a chiave.
La campagna elettorale
La campagna elettorale, nonostante gli sconvolgimenti internazionali che hanno toccato da vicino la Svezia – basti pensare alla rapidissima adesione alla Nato in compagnia della Finlandia, che ha rotto la bisecolare neutralità del Paese – il dibattito pubblico e politico si è concentrato quasi esclusivamente sugli affari interni.
C’è stato spazio ovviamente per la crisi energetica e quella ambientale, ma a dominare la conversazione sono state le politiche migratorie, giudicate troppo morbide, e la lotta ai narcotrafficanti. Nell’ultimo anno il numero di vittime e casi di faide tra gruppi ha riempito le cronache nazionali, e anche i socialdemocratici si sono allineati alla narrativa della destra promettendo di «combattere il crimine a ogni costo», ammettendo di aver commesso degli errori nella gestione dei flussi e, per la prima volta, collegando – anche se non esplicitamente – il numero di migranti nel Paese all’aumento della criminalità.