Costanza Cavalli per “Libero Quotidiano”
Nel maggio 2012, Abu Ammar al Sudani, giornalista sudanese con asilo politico a Brescia da cinque anni, finì sulle cronache in seguito a una trasmissione islamica settimanale che conduceva su un' emittente locale. Si chiamava Min Dakhil al-Rumia, ovvero "Dall' interno della terra dei romani": il Giornale la denominò "Tele Moschea", la Digos acquisì i dvd delle puntate, le tradusse e ne esaminò i contenuti, i militanti della Lega srotolarono uno striscione di dieci metri davanti alla sede della tv, «No ai telepredicatori islamici».
Abu Ammar al Sudani venne intervistato dal Corriere della Sera, gli chiesero della condizione della donna nel mondo islamico: «Una donna musulmana, anche se non può sposare un italiano di un' altra religione, non deve subire violenze o essere discriminata», rispose, «Il credente musulmano deve consigliare secondo la propria religione, ma non obbligare». Dopo qualche settimana la faccenda si sgonfiò e Abu Ammar al Sudani tornò nell' anonimato.
Fino a ieri, quando, ora 46enne, l' uomo è finito in carcere a Canton Mombello con l' accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate ai danni della moglie. Secondo le indagini condotte dalla sezione specializzata della Squadra Mobile di Brescia, la coniuge, di circa vent' anni più giovane del marito, da diversi anni era vittima di violenze fisiche e verbali, subite anche durante i periodi di gravidanza.
La Polizia di Stato, diretta e coordinata dalla Procura della Repubblica di Brescia, ha quindi dato esecuzione a un' ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Gip del Tribunale di Brescia. La donna è ospitata in una struttura protetta insieme con i tre figli minori. A differenza di quanto aveva sostenuto nel 2012, l' ex telepredicatore picchiava la moglie, per vari e imprevedibili motivi: quando acquistava biancheria per la casa o un telefono nuovo, in una circostanza l' uomo ha rovesciato la spazzatura addosso alla donna, per punirla del fatto che lei non l' avesse gettata precedentemente.
abu ammar al sudani 3 maltrattamenti in famiglia
La vittima era stata anche costretta a far ricorso a visite mediche; in un caso, era stata ricoverata per dieci giorni attribuendo le lesioni che presentava a semplici incidenti domestici, spiegazione che ripetè per molto tempo ai medici. Poi, superato il timore dovuto anche all' attivismo del marito, che lo aveva reso una figura molto conosciuta nella comunità musulmana bresciana, la donna ha avuto il coraggio di denunciare i maltrattamenti.
moglie picchiata dal marito MALTRATTAMENTI E VIOLENZE