Andrea Camurani per milano.corriere.it
Stavano passeggiando per andare a fare la spesa, ancora pochi passi e sarebbero entrati al «Crai» per comprare il pane e tornare a casa. Invece, senza nessun rumore che potesse avvertire del pericolo, una madre con due dei suoi figli sono morti schiacciati da sessanta metri di cornicione in cemento armato crollati in un attimo, travolgendo chi stava sotto, sul marciapiede.
Erano le 17.30 di mercoledì ad Albizzate, poche migliaia di abitanti in provincia di Varese: centro storico, villette a schiera e capannoni. E proprio da uno di questi, nella via Marconi, in una zona semi centrale, si è staccato il cornicione che ha distrutto una famiglia di origini marocchine: sotto il peso della soletta e dei mattoni è morta sul colpo la madre Fauzia Tauquif di 38 anni e il figlio Souleymane di 5, mentre la sorellina Yaoucut, nata nel 2019 è stata trasportata in elicottero in rianimazione a Gallarate dove è spirata dopo pochi minuti.
Nel momento del crollo era presente anche il terzo figlio della donna, che si è salvato per una pura coincidenza. È stata una frazione di secondi e il bimbo, di 9 anni ha notato un compagno di classe del cugino che conosceva e lo ha raggiunto dall’altro lato della strada, poi la tragedia, sotto i suoi occhi. Il piccolo è stato subito portato all’interno del supermercato dove i dipendenti hanno dato l’allarme e subito è stato evacuato l’intero stabile, che si trova esattamente dirimpetto a quello in cui è avvenuto il crollo.
«Ho cercato di capire cosa stesse succedendo, ma era pieno di polvere rossa. Poi ho visto un corpo semisepolto dalle macerie, e mi sono reso conto che non c’era più nulla da fare», ha spiegato il giovane Walid, 15 anni, l’amico del bambino che si è salvato.
I vigili del fuoco hanno lavorato a lungo e in forze anche coi cani da ricerca per scongiurare la presenza di altre persone sotto le macerie.
Fra i testimoni della tragedia, salvo per miracolo c’è anche il sindaco del paese, Mirko Zorzo, impiegato in una rivendita di materiali meccanici, una delle attività che si affacciano sul marciapiede dove la soletta è collassata (le altre sono una pizzeria e una lavanderia): mentre la madre col passeggino stava procedendo sul marciapiede, il sindaco si è scansato all’interno del negozio per farla passare e in quel momento è avvenuto il crollo: «Un attimo e non li ho visti più», sono le uniche parole che è riuscito a dire, anche lui sotto choc. Ferita, con una prognosi di 20 giorni, una donna di 42 anni colpita da alcuni calcinacci.
L’area è stata posta sotto sequestro dalla magistratura e sul posto hanno operato gli uomini del comandante provinciale dei carabinieri Claudio Cappello. Insieme ai Vigili del fuoco ora lavoreranno anche alla ricerca di eventuali responsabilità.
CHI ERANO LE VITTIME
Andrea Galli per corriere.it
Quaranta minuti esatti di soccorsi, anzi d’infinita agonia. Un corpicino bianco come la neve che non si poteva nemmeno guardare, dice di Yaoucut un vecchio maresciallo chiudendo le palpebre con gli indici.
Non c’è narrazione, su questa scena del crimine, e per certi versi nemmeno dinamica: una mamma, Fauzia, diretta verso il supermercato, la figlia nel passeggino e il figlio Soulaymane in bicicletta davanti a lei, poi, sull’altro lato della strada, l’altro figlio, inseguito dalle raccomandazioni della donna di stare attento alle macchine...
Mille altre volte avevano percorso questo tratto, andando e tornando verso la casa di via Carso, a quattro minuti a piedi; come dice un amico mentre culla un neonato, «siamo più lombardi di voi, si lavora dal mattino alla sera e si sta dietro ai piccoli, camminando e facendoli giocare. Fauzia avrebbe voluto lavorare, certo, ma con tre figli come si fa? Non hanno parenti, pure volendo non c’erano i soldi per la baby sitter, e comunque non è nostra abitudine affidarli agli sconosciuti, è una mancanza di rispetto».
A differenza di altre comunità di connazionali, per esempio quelle milanesi in maggioranza provenienti da zone rurali, qui in provincia di Varese, nel solco di un’immigrazione iniziata negli anni Settanta i marocchini sono nati nelle grandi città imperiali, come rivendicano con orgoglio: da Casablanca, ed è questo il caso di Albizzate, fino a Fez.
Defilati rispetto ai pompieri e ai carabinieri, distanti dai compaesani italiani, quasi nascosti per non condividere il pianto e interrogare la sorte, i conoscenti sostano a ridosso di aiuole, le donne sedute e gli uomini in piedi. Questi ultimi parlano del marito, «che adesso è come se fosse ugualmente morto», mentre le prime sono al cellulare, per avvisare chiunque conoscano e, tacitamente, aspettarsi che arrivino il prima possibile, per consolarsi a vicenda.
Lui, il capo famiglia, ha fama (meritata, anche in considerazione dell’immediata concordanza dei racconti) d’essere uomo taciturno, serio e faticatore, che non ha nemmeno il tempo per inseguire deviazioni di percorso. Fa il meccanico in un’officina di Caronno Varesino, non lontano, che ripara camion; quando arrivò in Italia, sei anni fa (entrambi i bimbi sono venuti alla luce nell’ospedale di Gallarate), non s’intendeva né di carrozzerie né motori.
Si mise sotto, serviva il denaro, imparò e superò nella conoscenza e nella perizia colleghi più grandi. Ieri era nelle vicinanze, pronto per andare incontro alla moglie e ai piccoli. L’ambulanza l’ha accompagnato in profondo stato di choc; le poche frasi che ha sibilato, col respiro corto, vertevano tutte sul rimpianto di non aver potuto far nulla, se non abbracciare l’unico figlio sopravvissuto.
La geografia degli Hannach ha le dimensioni della stessa provincia: rari gli spostamenti, molteplici gli incontri con i connazionali ma concentrati nelle singole abitazioni, uscite limitate ai momenti delle preghiere. Nei mesi della pandemia, moglie e marito avevano iniziato a discutere dell’eventualità di tornare a Casablanca. Se hanno desistito, come del resto ognuno dei marocchini presenti, adesso decisi a rimanere a oltranza, fino all’alba se necessario, pur di porgere le condoglianze in via Carso, non è stato tanto per sradicare i bimbi quanto perché i soldi messi da parte non avrebbero garantito un’esistenza diversa.