VITA, MILONGHE E PASSIONI DI GUSTAVO NAVEIRA, IL PIÙ GRANDE BALLERINO DI TANGO DEL MONDO - GLI AMORI, IL RAPPORTO CON I FIGLI (“NON SONO STATO UN BUON PADRE”), LA BACCHETTATA AI TANGUERI ITALIANI, L’ELOGIO A BERGOGLIO E A LEO MESSI, GLI ANNI SOTTO LA DITTATURA DI VIDELA: “AVEVO 16 ANNI, ERO CON DUE AMICI. ARRIVARONO I POLIZIOTTI E CI PICCHIARONO. POI CI PORTARONO IN UNA SALA DELLE TORTURE E…” - VIDEO
Riccardo Panzetta per Dagospia
GUSTAVO NAVEIRA E GISELLE ANNE
Incontrare Gustavo Naveira significa trovarsi di fronte a una leggenda. Chi balla tango lo considera un padre fondatore, un principio primo, una sorgente creativa. E’ a lui che si deve il più importante sviluppo del ballo del novecento. Con il suo gruppo di studio, costituito all’inizio degli anni novanta con Fabian Salas e l’amico-allievo Mariano Frumboli, ha iniziato un’analisi delle forme, della struttura, dei movimenti che ha portato fuori il tango dalle “casas malas” e dalle milonghe di inizio secolo per consegnarlo alla modernità. Praticamente una genesi: il tango che si balla in tutto il mondo si deve a lui.
gustavo naveira e giselle anne
“Il mio gruppo ‘de investigacion’ - ricorda Naveira - voleva sperimentare, conoscere, andare oltre quello che esisteva. Il ballo aveva già una sua struttura: noi abbiamo portato una nuova organizzazione, trovando moltissime combinazioni mai immaginate prima”. Anni di abnegazione totale, di ricerca quasi spirituale. Una dedizione assoluta impensabile oggi, dove l’obbligo dell’immediatezza comprime i tempi, condannando a una velocità molto superficiale.
“Iniziavamo a fare lezioni ai nostri studenti alle due del pomeriggio. Alle 18, tutti i giorni, ci prendevamo tre ore per provare, immaginare, costruire il nostro nuovo orizzonte di ballo. Poi iniziava la pratica per gli allievi. A mezzanotte si andava in milonga e si tornava a casa alle 7 del mattino. E alle due del giorno dopo si ricominciava. Così tutti i giorni, per anni…”.
Gustavo Naveira e la sua compagna di vita e di ballo, Giselle Anne – in questi giorni a Roma per partecipare a un workshop organizzato da Alicia Vaccarini della scuola “Orango Tango” - si sono conosciuti nel 1995 in Spagna, durante uno show. “Ci furono degli imprevisti e l’organizzatore dell’evento mi disse che avrei dovuto ballare con questa donna che non avevo mai visto. E’ una cosa irrituale, di solito ci si esibisce con qualcuno con cui si ha un buon feeling. Prima di scendere in pista avemmo solo il tempo di presentarci. Era Giselle. Ci siamo offerti al pubblico la prima volta senza sapere nulla l’uno dell’altra ed era come se avessimo ballato insieme da sempre. Fu un colpo di fulmine”.
Gustavo, sfatiamo un mito: il tango è “un pensiero triste che si balla”?
(Ride) “Si trasmettono sentimenti diversi: l’abbraccio tra due ballerini è un canale di comunicazione aperto attraverso cui passano molte cose. A volte c’è passione, altre volte felicità, altre ancora furia, tristezza, malinconia. E’ tutto un “rango de sentimiento”, molto profondo”.
gustavo naveira e giselle anne
Cosa avresti fatto se non avessi dedicato la vita al tango?
“Avrei scelto l’arte. Forse sarei stato un musicista oppure mi sarei cimentato con la scultura”.
Cosa ha portato il tango nella tua vita?
“Non so se mi abbia ‘regalato’ qualcosa: semplicemente non conosco altro. E’ tutta la mia vita. Ascolto il tango da quando avevo due anni. Sono assolutamente identificato con esso. I miei quattro figli sono frutto di due relazioni nate grazie al tango…”
E cosa ti ha tolto?
“Il non saper fare altro. E questo mi fa arrabbiare. A volte penso “ehi, sarebbe bello fare questa cosa…”. Poi quando provo a lanciarmi in una nuova attività, capisco che non fa per me…”.
A 20 anni hai lasciato la facoltà di Economia per dedicarti al ballo. Ti è mancato non aver completato gli studi?
“Sì, molto. Se avessi continuato, lo avrei fatto ad alti livelli. Ma non avrei concluso il percorso in Economia: non era per me…Mi consolo pensando di aver approfondito lo studio del tango in un modo ugualmente importante…”
Come reagì la tua famiglia quando decidesti di interrompere gli studi per dedicarti al ballo?
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“All’inizio male, poi hanno cambiato idea. Mia madre mi incoraggiava. Mio padre si infuriò quando gli dissi che volevo fare il ballerino. Soprattutto perché mi vedeva confuso, indeciso. Dopo aver iniziato con il tango, mi buttai sulle danze folkloristiche. Poi mi venne voglia di imparare danza classica, quando conobbi una insegnante che era stata prima ballerina a Belgrado…Un altro giorno dissi “papà, ho capito di voler studiare flamenco”. E lui, che fino a quel momento aveva taciuto, sbottò. Avemmo una lunga discussione ma poi capì che ero in una fase di ricerca e sperimentazione. Alla fine mi sostenne. Anni dopo, addirittura fece da assistente alle mie lezioni. Fu anche un modo per ritrovarci…”
Che ricordi hai della tua famiglia?
“Ho avuto genitori presenti e affettuosi. Mi piace ricordare che si sono conosciuti e innamorati ballando, grazie a un tango di Carlos Di Sarli”.
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Sei nato il 12 agosto del 1960. Nel 1976 un colpo di stato depose Isabelita Peron e consegnò l’Argentina alla dittatura militare di Jorge Videla...
“Ho brutti ricordi di quel periodo… (sospira) Una volta ero con due amici in una stradina di Buenos Aires, stavamo chiacchierando tranquillamente. All’improvviso arrivò la polizia. Gli agenti, senza dire nulla, ci picchiarono e ci maltrattarono a lungo…”
Naveira si ferma, prende un lungo respiro come a voler trovare la forza di continuare: “Poi ci portarono in un deposito che capimmo essere una stanza delle torture…Ci tennero lì tre ore…e quando pensammo di essere arrivati alla fine, i nostri aguzzini si stancarono di noi e ci lasciarono andare. Avevamo solo 16 anni…Fu un periodo orribile, ho assistito a molte violenze…”
La politica ti interessa?
“Sì, certo”
E per chi hai votato?
(Ride) “In questo momento non riuscirei a votare per nessuno…”
Cosa pensi del presidente argentino Mauricio Macrì?
“E’ un politico che non mi dispiace…ma a quanto pare, non riesce a risolvere nulla. Il paese ha gli stessi problemi di sempre: al netto delle promesse, non ha cambiato il corso delle cose”.
Era meglio Cristina Kirchner?
“No, è una persona che mi infastidisce…”
Il dilemma di un argentino: Maradona o Messi?
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“Diego è stato un genio ma io sono affascinato da Messi, è di un altro pianeta”.
River o Boca?
“River, senza dubbio. E’ l’eredità affettiva di mio padre”.
Hai quattro figli di cui due, Federico e Ariadna, ballerini professionisti. Che rapporto hai con loro?
“Non sono stato un buon padre. Io e i miei figli non abbiamo problemi ma…non riusciamo a condividere molto tempo insieme, viviamo in paesi diversi…Posso dire che li ammiro, tutti e quattro, hanno capacità incredibili. Uno di loro sta provando a diventare calciatore: è nelle giovanili dei Colorado Rapids, nella Major League americana”.
Perché una persona dovrebbe iniziare a ballare tango?
“Per risolvere i problemi della vita moderna…”
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Quali?
“La solitudine, la mancanza di riconoscimento, la dimensione sociale opprimente che porta le persone a sentirsi solo un numero. E poi regala l’appartenenza a un gruppo, la riscoperta del ruolo nella coppia, il gioco tra uomo e donna, l’approfondimento e la qualità della percezione, la profondità nella comunicazione con il partner. Nel 1983 pensai: ‘il tango durerà altri due o tre anni e poi passerà di moda’. Mi sbagliavo, per fortuna. Più il mondo si digitalizza, maggiore è il bisogno di incontrarsi davvero, senza la mediazione dello smartphone. Il ballo avvicina le persone e le spinge a fare qualcosa che oggi è molto complicato: le obbliga ad ascoltarsi. A diventare una cosa sola”.
Una parte del movimento femminista vede nel tango una forma di espressione machista, con l’uomo chiamato a “guidare” la donna…
“E’ una visione vecchia…e forse anche il femminismo è ormai superato...Il tango è un gioco di ruoli…E se questa dinamica viene equivocata non è colpa del ballo…”
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Qual è la cosa più strana che ti è capitato di vedere in una milonga (la sala in cui si balla, ndr)?
“Ero a Buenos Aires, nella milonga “la Bristol”, e c’era questa coppia stretta in un abbraccio buffo, quasi antianatomico. Avevano le mani ripiegate sulla testa, labbra su labbra, danzavano incuranti di quelli che li guardavano allibiti. Si muovevano con una strana sincronia, irreale…Mai più visto nessuno muoversi in quel modo…”
Empatia, ascolto, tecnica: cosa serve per essere un bravo ballerino?
“La qualità principale è la capacità di percepire l’altra persona. Il miglior ballo è quello in cui ci si preoccupa di avvicinarsi all’altro. Se c’è questo, c’è tutto”.
In quale paese europeo si balla meglio?
“In Turchia, e non chiedermi perché. Hanno una buona tradizione di scuole, si applicano molto”.
E in Italia?
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“I ballerini italiani, ma succede anche a Parigi, sono un po’ ‘saputelli’. (Ride) C’è così tanto orgoglio che a volte è difficile correggere gli errori. Quando spieghi a un allievo “dovresti fare così…”, magari ti risponde “ah sì, lo so già…”. Tra i posti al mondo in cui si balla meglio c’è il Giappone che è stato un paese fondamentale nella storia del tango. Quando ancora non esistevano i circuiti europei e nordamericani, quasi tutti i ballerini argentini andavano a esibirsi a Tokyo”.
Chi sono, oggi, i migliori ballerini del mondo?
“E’ molto difficile fare nomi. Ce ne sono molti…”
Tu sei tra questi?
“In alcuni aspetti, mi sento uno dei migliori. Il problema è che per un ballerino, oggi, è difficile stare dietro alle evoluzioni del ballo. Le nuove generazioni migliorano rapidamente e con esse il tango stesso: c’è un’accelerazione nella qualità complessiva. Ci sono giovani ballerini che ti lasciano senza fiato. L’età è una componente importante, ovviamente. Dopo una certa età si diventa più lenti…”
Mariano “Chicho” Frumboli?
“Un fenomeno, forse il migliore della storia”.
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Nel 1996 hai partecipato al film “Lezioni di tango”. Nel cast c’erano altri importanti ballerini come Pablo Veron e Fabian Salas. La pellicola ha contribuito, soprattutto in Europa, a rendere più popolare il tango. Qual era il clima sul set? C’era competizione tra voi?
“Abbiamo lavorato armonia, ci conoscevamo bene. Quello che ci ha distrutto è stato l’impatto con i tempi di lavoro del cinema: per filmare 10 secondi abbiamo aspettato 20 ore. Abbiamo affrontato giornate sul set anche di 18 ore...”
L’ultimo libro che hai letto?
“Un saggio sulla vita del maestro d’orchestra Carlos Di Sarli”.
Il tuo peggior difetto?
“A parte la panza, sono un tipo molto nervoso…”
L’ultima volta che hai pianto?
“Tre o quattro giorni fa. Ma non ti dirò mai perché…Piango spesso perché mi emoziono facilmente”.
Quante volte ti sei innamorato?
“Una”. (E guarda la moglie Giselle Anne, che gli risponde con un largo sorriso)
Quante donne si sono innamorate di te?
“(Risata imbarazzata) Nessuna…Dovresti chiederlo alle donne, io non lo so…(la moglie lo fulmina con lo sguardo)
Cos’è per te il tradimento?
“E’ una parola che non mi piace. Mi fa venire in mente il rigore militare, non la associo né alle persone né alle relazioni. Nella vita si cambia, è logico che le amicizie o le storie d’amore finiscano…Non c’è “tradimento” in questa trasformazione”.
Hai rimpianti?
“Avrei potuto comportarmi meglio con i miei primi due figli…L’ho capito tardi…”
Sei religioso?
“No”.
Credi in Dio?
“(Sospira pensieroso) Neanche…ma stamattina stavo ascoltando l’ultimo discorso di Papa Francesco. E’ una persona di spessore, mi piace molto”.
E cosa c’è dopo la morte?
“Nulla. Vale la pena preoccuparsi di ciò che facciamo nel mondo, quando siamo vivi, perché è ciò che resterà di noi”.
Se potessi tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che cambieresti?
(Si tocca la pancia) “Farei più ginnastica e mi terrei più in forma…”
Cosa c’è per te nel futuro?
“Spero di terminare il lavoro di ricerca per il tango, stare con mia moglie e aiutare i miei figli a trovare il percorso di vita che li renda felici”.