Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
«Come può qualcuno che nasconde tanta sporcizia chiamarsi Ariel?». All'inizio degli anni Duemila, Joerg Haider gela l'Austria. Ariel è un famoso detersivo. E il leader dell'ultradestra austriaca Fpoe gioca con l'assonanza con il nome del capo della comunità ebraica di Vienna, Ariel Muzicant. L'insulto antisemita suscita un'ondata di indignazione.
Pochi sanno che quella frase è stata scritta dal ghostwriter del leader del Fpoe. Un ex studente di filosofia dall'aria insignificante con una segreta passione per la legione straniera e le confraternite estremiste: Herbert Kickl. In quei turbolenti anni della coabitazione a Vienna tra i popolari della Oevp e la Fpoe, Kickl inventa per Haider un'altra espressione che si imprime nella memoria nazionale.
Quando il presidente francese Jacques Chirac spinge per infliggere le sanzioni europee all'Austria per aver sdoganato l'ultradestra al governo, conia per il presidente francese l'insulto "Napoleone da taschino".
Da allora, Kickl ha fatto parecchia strada. E domenica ha festeggiato uno storico sorpasso. Per la prima volta dalla fondazione del partito, negli anni '50, la Fpoe che lui guida da tre anni è arrivata prima conquistando il 25,7% dei voti. E a settembre, può sognare di diventare cancelliere.
Per anni, Kickl è stato un uomo nell'ombra. All'inizio degli anni 2000, quando Haider lascia il partito, lui decide di restare nella Fpoe e di dare una mano a un astro nascente: Heinz-Christian Strache. È Kickl a ispirare la sua radicale svolta islamofoba, a inventarsi slogan come "Daham statt Islam" ("Patria invece di Islam") o "Deutsch anstatt ‘Nichtverstehen'" ("Tedesco invece di ‘Noncapisco'"). […]
Nel 2010 aggredisce un cronista sibilando «non saremo mai d'accordo se lei intende attribuire alle Waffen-SS una colpa collettiva». È appena il caso di ricordare che la Fpoe fu cofondata da ex membri delle Ss come Anton Reinthaller.
L'eventualità che Kickl possa diventare cancelliere è una prospettiva che spaventa molti, in Austria. Anche perché è già stato al governo come ministro dell'Interno del governo di Sebastian Kurz (Oevp). Neanche 24 ore dopo il giuramento, nel 2017, dice che «bisogna concentrare tutti i richiedenti asilo in un posto».
La frase fa rabbrividire l'Europa, e Kurz comincia a capire di aver commesso un errore. Ma Kickl va avanti come un treno, dichiara «guerra al '68», che «ha minato lo Stato e la famiglia». E la famiglia è per lui rigorosamente eterosessuale. Denuncia la «follia ecologista», minaccia di ignorare il diritto di asilo. Soprattutto, fa accordi con la "Russia unita" di Vladimir Putin e, secondo numerose inchieste giornalistiche, ne diventa la longa manus.
Nel 2018, Kickl organizza un blitz della polizia nel Bvt, l'intelligence antiterrorismo, per intimidire il capo dei servizi Peter Gridling. Uno scandalo che assume rilevanza internazionale quando emerge che la polizia ha sequestrato dati classificati e delicatissimi. Tanto che le altre agenzie internazionali interrompono ogni comunicazione con Vienna.
il ministro dell'interno austriaco herbert kickl
Una vicenda che si intreccia con il più grande scandalo finanziario e spionistico degli ultimi anni, quello dell'austriaco Jan Marsalek, ex direttore finanziario di Wirecard e da decenni spia importante di Putin. Scopo del raid organizzato da Kickl era quello di screditare e decapitare l'intelligence e infiltrarla con agenti di Mosca.
[…] Quanto agli innumerevoli scandali che lo hanno travolto in questo quarto di secolo, Loew spiega che «è come con Donald Trump: ai suoi elettori non interessano gli scandali, nulla scalfisce la loro rabbia e la loro fiducia in Herbert Kickl».