1 – TARANTO SENZA L'ILVA LA TENTAZIONE 5STELLE
Umberto Mancini per “il Messaggero”
luigi di maio in imbarazzo davanti ad alessandro marescotti a taranto 1
E' possibile immaginare Taranto senza l'Ilva e quindi l'Italia senza la siderurgia? La riposta per i 5Stelle è sì. Si può, anzi si deve. A spiegarlo sarà il vice premier Luigi di Maio che oggi nella città pugliese porterà ben 5 ministri: Barbara Lezzi, titolare del dicastero per il Sud, la responsabile della Salute Giulia Grillo, quello dell'Ambiente Sergio Costa, quello ai Beni Culturali Alberto Bonisoli ed anche la titolare della Difesa Elisabetta Trenta.
Uno schieramento massiccio che indicherà, senza troppi giri di parole, che il rischio chiusura per l'impianto tarantino, il più importante del Paese, è qualcosa di più di una possibilità. E che per evitare di trovarsi impreparati è urgente, mettere a punto un piano choc di riconversione economica di tutta l'area. Un piano che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe creare circa 11-14 mila posti di lavoro, tanti quanti ruotano tra impieghi diretti e indotto intorno all'ex llva.
Difficile capire in che direzione si muoveranno i grillini per colmare questo vuoto, di certo c'è la volontà politica di trovare alternative, di andare avanti dopo aver cancellato nel Decreto crescita l'immunità penale per i vertici di ArcelorMittal per eventuali reati ambientali legati alla riconversione. Un segnale inequivocabile che, se non ritirato in extremis, spingerà il colosso a lasciare il campo.
Abbandonando lo stabilimento al suo destino e, molto probabilmente, chiedendo parallelamente allo Stato miliardi di danni per violazione dei contratti già siglati. Andranno in fumo, ovviamente, anche i 4,2 miliardi d'investimenti già stanziati.
di maio in prefettura a taranto 16
FERTILIZZAZIONE
Per la verità qualche idea su come affrontare il dopo, Di Maio e i suoi la stanno già elaborando. Si parte dalla valorizzazione delle piccole imprese della zona, con nuovi stimoli per farle crescere, alla riqualificazione dell'Arsenale Militare, che dovrebbe diventare un nuovo polo culturale, al turismo nelle sue varie articolazioni. Anche il cento storico della città verrà riqualificato con fondi ad hoc, così come saranno lanciati tanti micro progetti per il settore artigiano, le start up, il commercio.
L'obiettivo, molto ambizioso, è quello di cambiare il tessuto produttivo in un arco temporale tra i 3 e i 5 anni. «Sappiamo che non è facile - spiegano fonti M5s - ma Taranto va rimessa in moto altrimenti una volta chiusa l'Ilva, la città finirà davvero in ginocchio».
Anche all'interno del Movimento non sono pochi i dubbi sul fatto che la riconversione possa davvero aver successo. Di sicuro la Lega è fortemente contraria a lasciar fuggire Mittal, sopratutto adesso che la strategia di sviluppo, insieme alla bonifica, è ripartita.
Il Carroccio è preoccupato non solo perché chi investe non si sente garantito e teme per l'incertezza del perimetro regolatorio, ma perché pensa che quello dei 5Stelle sia un piano a dir poco velleitario.
L'analisi di Svimez è del resto impietosa: da quando l'impianto è stato sequestrato fino ad oggi (2012-2019), sono andati in fumo circa 23 miliardi di euro di Pil, l'1,35% cumulato della ricchezza nazionale. Da questo studio è emerso che «l'impatto sul Pil nazionale è pari ogni anno, fra il 2013 e il 2018, a una perdita secca compresa fra i 3 e i 4 miliardi di euro, circa due decimi di punto di ricchezza nazionale».
I RISCHI
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E nel 2019, questa riduzione verrà resa più onerosa dalla decisione di Arcelor Mittal di mantenere a 5,1 milioni di tonnellate la produzione di acciaio, anziché i 6 milioni promessi appena arrivati a Taranto: nel 2019, la ricchezza nazionale bruciata sarà di 3,62 miliardi. Negli anni perduti dell'Ilva, fra 2013 e 2019 è stato quindi cancellato Pil per 23 miliardi di euro, l'equivalente cumulato di 1,35 punti percentuali di ricchezza italiana».
Inoltre, sempre lo Svimez, mette in luce un dato a dir poco davvero dirompente: di questi 23 miliardi di Pil, quasi sette e mezzo riguardano il Nord industriale, cioè il Veneto, l'Emilia Romagna, il Piemonte, la Liguria e la Lombardia. Chiudere l'Ilva di taranto avrebbe cioè effetti devastanti sulla filiera produttiva italiana, coinvolgendo gli altri stabilimenti del settore. Un dato che i 5Stelle devono valutare a fondo.
IL FUTURO
Del resto togliendo l'immunità penale si espone l'azienda a rischi imprevedibili. Anche perché l'ordine del giorno votato dalla maggioranza dopo la fiducia al decreto crescita che invita «a tutelare la salute e mantenere gli impegni presi» con ArcelorMittal non offre nessuna garanzia sul futuro.
I franco indiani per la verità sperano che la Lega intervenga per trovare una via d'uscita. E aspetteranno probabilmente fino a settembre per prendere una decisione definitiva. Sanno bene che il contributo al Pil che deriva dal piano industriale dell'Ilva vale circa 3,1 miliardi annui. Una cifra a cui nessun governo, specialmente in tempi di congiuntura debole, potrebbe rinunciare.
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2 – TAV CONTE E SALVINI STUDIANO IL TRACCIATO ALTERNATIVO 5STELLE
G.Cal. per "il Fatto quotidiano”
"Il dossier è in mano al presidente del Consiglio Giuseppe Conte che incontrerà le controparti europee e francesi. Si tratta di un progetto vecchio di venti anni che necessariamente va rivisto, ma al governo ho capito che non è tutto bianco o nero. E ci sono anche sindaci no Tav della Val Susa che stanno lavorando a un progetto di compromesso".
Le parole di realpolitik della viceministra dell' Economia Laura Castelli, grillina e noTav torinese della prima ora, irrompono nel dibattito pubblico con un' intervista rilasciata ieri a Repubblica. La Castelli indica, quindi, il tracciato alternativo a cui ha lavorato l' ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano e che nei prossimi giorni sarà sottoposto alla votazione di quel Consiglio comunale e poi di quelli degli altri paesi della Valsusa.
GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO CHERNOBYL BY LUGHINO
Un progetto che, rivela Durbiano, "è già da tempo sulle scrivanie di Salvini, Di Maio, Conte e Toninelli". Di che cosa si stratta? Una modifica sostanziale del tracciato che cancellerebbe il tanto contestato tunnel di base dal progetto: "Eviterebbe - spiega Durbiano - di scavare tre gallerie, andata, ritorno e di servizio, per complessivi 162 chilometri". Durbiano, 59enne, sindaco a Venaus per quindici anni fino allo scorso 27 maggio, non iscritto ma elettore dei 5stelle, considera la sua "una proposta di soluzione politica, a cui, dai colloqui informali che ho avuto con esponenti leghisti, come il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, il Carroccio non sarebbe ostile".
Anche il ministro dell' Interno, capo della Lega, Matteo Salvini avrebbe già mostrato interesse al progetto Tav targato Durbiano. "Sono stato a colloquio col prefetto di Torino Claudio Palomba per quattro ore su richiesta di Salvini, che scrisse alla prefettura chiedendo di convocarmi prima di Natale". Su quattordici sindaci della Val Susa direttamente interessati dall' annosa questione, "dodici hanno già espresso vicinanza alla nostra proposta alternativa".
Quindi, invece dei 162 chilometri complessivi del tunnel di base, il progetto Durbiano che il governo Conte starebbe valutando "prevede un tunnel di soli 15 chilometri tra Oulx e Modane: si tratterebbe semplicemente di un' altra canna parallela alla galleria del Frejus". Questo per Durbiano e la viceministra Castelli si sposerebbe con la risistemazione e il potenziamento dell' attuale e storica linea ferroviaria.
"Si arriverebbe a 23 milioni di tonnellate di merci l' anno su quella linea contro le 3 trasportate adesso", insiste Durbiano. Bisognerebbe quindi ripartire completamente da zero? Non secondo Durbiano, perché "i lavori in questo modo, dovendo scavare così poco, terminerebbero qualche lustro prima rispetto a quanto necessario col progetto attuale".
matteo salvini e giuseppe conte approvazione decreto sicurezza bis 2
Però, secondo alcuni ingegneri del Politecnico di Torino, per altro "amici" dei comuni no-Tav della Valle, sulle cartine presentate da Durbiano ci sarebbe un errore: i chilometri da scavare non sarebbero 15 ma più di 20; e questo "raddoppio" del Frejus non convince affatto i professori e il movimento noTav. Intanto il dibattito continua come sempre da decenni e gli interpreti di oggi dicono la loro.
Alessandro Di Battista, altro esponente di punta dei Cinquestelle, seppur in questo momento senza incarichi, a In 1/2 ora in più su Rai3 ribadisce a Lucia Annunziata: "Sulla Tav io sono contrarissimo, non per posizione ideologica ma credo sia un' opera pubblica che costa tanti denari e non è utile. Sono convinto che Conte possa trovare una soluzione. Credo che occorra investire in altre opere, servirà una mobilità diversa e sostenibile".
matteo salvini e giuseppe conte approvazione decreto sicurezza bis 1
Dall' opposizione rimane silenziosa e nel torpore domenicale dell' estate la voce del Pd, mentre è Angelo Bonelli, storico portavoce dei Verdi, a partire all' attacco di Di Maio e soci: "Il vicepremier è l' esempio di una mutazione perché su Ilva, Tap, Tav, fanghi tossici e condono edilizio come capo politico del M5S ha fatto esattamente o peggio di quei governi contro i quali faceva dura opposizione: ma ha fatto di più consentendo l' approvazione di leggi liberticide volute da Salvini, dimostrando che la vera questione non era aprire il parlamento come una scatoletta ma mantenere le poltrone".
Le botte da destra, invece, arrivano da Licia Ronzulli, vice capogruppo di Forza Italia al Senato: "Ci mancava pure il dualismo tra una corrente dei 5 stelle e l' altra, tra Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, con quest' ultimo che mette in discussione decisioni già prese come, per esempio, quella sulla Tav. È immobilismo al cubo".