1. I FARI DEI PM SUI BILANCI DELL'IMPRENDITORE
Roberto Scafuri per ''il Giornale''
Tramontati i fastosi tempi del contratto di governo, eccoci arrivati già in dirittura per il «contratto di divorzio».
francesco arata con manlio e vito nicastri
Si preparano le carte, diciamo, mentre i magistrati della Dda passano al setaccio le migliaia e migliaia di pagine e file sequestrati all'imprenditore e consulente leghista Paolo Arata.
Trenta(mila) denari: a sembrare finora «incredibile» è la stessa cifra pattuita perché il sottosegretario Siri «asservisse l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri a interessi privati». Per gli inquirenti, Siri (nel tondo) era la chiave di Arata per arrivare ai luoghi del potere, eppure, stando ai fatti, la norma che più interessava all'imprenditore non venne mai approvata, come gli stessi accusatori grillini hanno rivendicato. «Siri cercò di introdurre alcune misure diciamo un po' controverse... quando arrivarono sui nostri tavoli ci sembrarono strane e le bloccammo», dice Di Maio.
Ma se non sono passate, quale fosse l'influenza esercitata da Siri sulla politica del governo resta un mistero, almeno per ora. Arata, che ha chiesto di essere sentito dai pm e probabilmente lo sarà dopo Pasqua, potrebbe aiutare a chiarirlo. Nel frattempo, però, da alcune intercettazioni al vaglio della Procura di Palermo emerge che Arata è socio di Vito Nicastri che, sebbene ai domiciliari in quanto sospettato di essere imprenditore-ombra del superboss Matteo Messina Denaro, continua a gestire i suoi affari. Arata il 12 settembre scorso dice, rivolgendosi a una giovane avvocato: «....Qui stiamo parlando in camera caritatis. Io sono socio di Nicastri al 50%...». Qualche mese prima invece Arata si «sfoga» con Manlio, figlio di Nicastri: « Papà mi ha fatto scrivere una carta che la società è sua alla metà per cento... ».
Nicastri, tramite il figlio Manlio, da casa parla al telefono per «sbrogliare» i suoi affari e, in alcuni casi, lo fa «direttamente» dal balcone. In almeno due occasioni, il 5 e il 28 agosto scorsi, fotografa Nicastri che discute, dal balcone con suo figlio Manlio e Francesco Paolo Arata, figlio di Franco. In alcuni casi ci sarebbe stato anche un passaggio di carte e documenti che viaggiavano attraverso un paniere che veniva calato all'occorrenza, come nelle migliori tradizioni del nostro Sud. Paniere che è stato rinvenuto ieri nel corso della perquisizione effettuata dalla Dia nella casa alcamese di Nicastri.
Quali possano essere i legami con Siri e se quest'ultimo fosse a conoscenza, almeno in parte, di questi traffici sarà materia tutta da dimostrare. In un'intervista il sottosegretario si è discolpato sostenendo di non aver preso «un soldo da nessuno» e che di emendamenti ne riceveva «anche 800 e neppure li guardavo, li passavo agli uffici, al legislativo: le metti lì e qualcuno ci penserà. Ma io non ho mai telefonato a nessuno per caldeggiare niente». Sentendosi «usato da M5s come carne da macello», Siri dice di Arata: «Pensavo fosse uno specchiato docente... Cosa ne so io se questo è un faccendiere? Che ne so se dietro c'è la mafia? Arata mi ha stressato, mi chiamava continuamente. Ma tutti ti chiamano...».
Sulla sua dirittura morale, difesa da Salvini, il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, nutre invece molti dubbi. «Per me uno che patteggia una bancarotta (Siri lo ha fatto, ndr) è colpevole di bancarotta. Poi io ritengo che sia un reato grave, evidentemente il ministro Salvini la pensa diversamente».
2. ARATA JUNIOR CONFIDA IN MUSUMECI.
Andrea Giacobino per il suo blog, https://andreagiacobino.com/
MUSUMECI SALVINI MELONI BERLUSCONI
Ancora poco tempo fa Francesco Arata, indagato assieme al padre Paolo nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Palermo e Roma che ha coinvolto anche il sottosegretario leghista Armando Siri, concludeva affari. Qualche settimana fa, infatti, Francesco Arata (fratello di Federico appena assunto nello staff del sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti) redigeva a Novara davanti al notaio Nunzia Giacalone un atto di acquisto quote. Rilevava infatti il 50% di Solgesta srl che aveva costituito nel 2017 con la Agatos, società di rinnovabili quotata all’Aim e di proprietà di Leonardo Rinaldi.
Arata junior è intervenuto come acquirente all’atto nella sua veste di amministratore uni della Solcara srl e il prezzo da quota è stato pattuito in 461mila 250 euro di cui 1.250 pagati subito. E i restanti 460 mila? “Verranno corrisposti alla parte cedente – si legge nell’atto – solo nel caso in cui entro il termine di 10 anni da oggi, Solgesta dovesse ottenere le autorizzazioni richieste alla Regione Sicilia per la realizzazione di due impianti di produzione di biometano, o nel caso in cui dovesse ottenere un risarcimento dalla stessa Regione nel caso di mancata o tardiva autorizzazione”. Chissà cosa pensa Sebastiano “Nello” Musumeci governatore della Regione Sicilia grazie ai voti di Lega, Fdi e Forza Italia, del fatto di concedere questa autorizzazione ai business dell’indagato Arata junior.
Solgesta è presieduta da Alessandra Rollino, moglie di Paolo Arata: i due coniugi controllano ciascuno col 50% la Alqantara (di cui Paolo è amministratore unico) che ha il 25% di Solcara mentre il restante 25% è di Francesco. Alqantara possiede l’87% di Etnea, indebitata per oltre 2 milioni verso la Banca Popolare di Milano, il cui restante 17% tramite Spafid Fiduciaria è di Umberto Tamburrino, ceo di Elliott Energy Green Power Services.