Paolo Rodari per ''la Repubblica''
«Un blocco immobiliare ubicato nel centro di Londra, con esterno in mattoni rossi, in buono stato di conservazione ». Il prezzo richiesto «è di 94,3 milioni di euro». Mentre «i fondi necessari per l' acquisto verrebbero prelevati per metà dalla liquidità che la Grolux ha costituito negli anni, per l' altra metà dal Fondo pensioni».
Sono parole scritte nero su bianco nel 2015 dall' allora presidente dell' Apsa, Domenico Calcagno, al cardinale Versaldi, allora presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede. Il cardinale piemontese propone all' amico Versaldi l' acquisto di un immobile a Londra dai costi elevati, nonostante l' incedere della crisi economica che ha portato il Papa a decidere per il blocco di nuove assunzioni in tutta la Santa Sede con possibilità solo del turn-over.
L' immobile ancora non figura sotto la lente degli inquirenti vaticani a differenza di quello acquistato dalla segreteria di Stato e per il quale sono stati sospesi nei giorni scorsi cinque funzionari interni. Ne parla Gianluigi Nuzzi nel suo "Giudizio Universale" (Chiarelettere) che cita una lettera firmata da Calcagno che Repubblica è in grado di pubblicare. A conferma di operazioni importanti in mesi di richieste esplicite di morigeratezza e sobrietà.
Da tempo la Santa Sede fatica a far quadrare i conti. Francesco chiede risparmio ed oculatezza.
Eppure all' Apsa viene portata avanti un' operazione finanziaria che per alcuni dentro i sacri palazzi ha il sapore della speculazione.
Nell' aprile del 2015 Calcagno comunica a Versaldi che tramite la British Grolux Investments Ltd ha fra le mani un immobile prestigioso, «locato a più locatari commerciali nei piani bassi mentre sui rimanenti cinque piani è in essere un contratto di leasehold residenziale19 per ulteriori ottantasei anni ».
«Il reddito - continua il porporato - deriverebbe pertanto dall' area commerciale ed è al momento pari a 4 milioni di euro annui». La proposta di Calcagno passa, anche se con un aumento che desta qualche punto interrogativo. Tutto è certificato nel bilancio della stessa Apsa del 2015: l' acquisto è per 96 milioni di euro, seppure per l' immobile «emerge una criticità in merito alla rappresentazione contabile degli asset di proprietà formale dell' Apsa ma inclusi nei bilanci di altri enti vaticani».
Londra, dunque, si conferma punto di riferimento importante per le finanze d' Oltretevere. Non solo per gli investimenti immobi-liari, ma anche per gli intensi rapporti fiduciari, intrattenuti sempre dall' Apsa, con numerose società, banche private e istituti di credito. Scrive Nuzzi: si va «dalla Goldman Sachs alla Vanguard Asset Management Ltd di Cannon Street, dalla Julius Baer International Bank Ltd alla iliale londinese del Credit Suisse, a quella della Deutsche Bank, sempre nella City, fino a Barclays Bank Plc e a Bank of England».
E ancora: «Anche in Svizzera si riscontra una situazione simile. Si trovano conti con giacenze rilevanti, come la ragnatela di posizioni all' Ubs di Zurigo, con il deposito n. 0247-00540000 di base e a cascata numerosi sottoconti, sia in divise diverse (saldo in franchi svizzeri per 1,2 milioni, in euro per 7,1 milioni, in dollari per 12,1 milioni) sia in titoli».
Francesco aveva ordinato la chiusura di tutti questi depositi, ma non ci sono evidenze certe che la richiesta sia stata eseguita in modo completo. È un ulteriore tassello di una situazione che si conferma ingarbugliata. Il Papa iniziò la sua riforma della curia romana dallo Ior e dalle finanze. Dopo Calcagno all' Apsa è stato messo un suo uomo di fiducia, Nunzio Galantino. Ma certo sembra che ancora vi sia da fare per arrivare a quella trasparenza che ancora in queste ore lo stesso Pontefice ha auspicato parlando coi suoi fedelissimi.