Piergiorgio Odifreddi per “La Stampa”
Ci mancavano soltanto i docenti universitari, a dar man forte al popolo dei no-vax, anche se molti dei firmatari del documento contro il Green Pass dichiarano di aver fatto il vaccino. Sembra che a questi ultimi, vaccinati ma non greenpassati, dia fastidio non l’iniezione, ma il pezzo di carta che la certifica.
Lo storico Alessandro Barbero, addirittura, ha dichiarato che non sarebbe contrario all’obbligo vaccinale: lo è solo al Green Pass, con una logica troppo sottile perché un logico professionista possa comprenderla.
Naturalmente, i no-vax se ne infischiano di questi distinguo: anche perché, altrimenti, non sarebbero no-vax, e capirebbero le ovvie distinzioni che ci sono fra gli obblighi autoritari imposti da un regime, e quelli imposti dalle circostanze.
D’altronde, tutte le misure di ordine pubblico sono a doppio taglio: si può imporre il coprifuoco, o proibire gli assembramenti, perché si vuole tenere sotto controllo la popolazione, come si fa nelle Repubbliche delle Banane, o perché ci sono motivi di emergenza, come fanno gli Stati sensati. Nel primo caso si ledono i diritti dei cittadini, ma nel secondo li si proteggono: in particolare, quelli all’incolumità e alla salute.
Chi non capisce queste distinzioni elementari, ha facile gioco a sventolare oggi il documento di alcuni professori universitari (circa 300 su 60.000), così come ieri sventolava l’articolo di Agamben e Cacciari, senza nemmeno capire le sottili argomentazioni che gli accademici sono abituati a fare (non a caso chiamate appunto “accademiche”), ma potendoli ora portare a testimoni sui social media delle proprie idiosincrasie.
In tal modo, questi professori diventano oggettivi fiancheggiatori di quelle masse becere alle quali interessano soltanto le conclusioni, e non i ragionamenti (a volte paradossali, come quello di Barbero) che dovrebbero servire a giustificarli.
Personalmente, ritengo che anche i media abbiano una parte di colpa, perché finiscono per soffiare sul fuoco, quando offrono visibilità a posizioni nettamente minoritarie. Ma quand’anche queste diventassero maggioritarie, le cose non cambierebbero nella sostanza: a contare, infatti, non sono le opinioni dei professori, la cui “bontà” si può misurare soltanto in base al numero dei loro “like”, ma i fatti della Natura, e nella fattispecie dell’epidemia.
E qui cascano gli asini, perché non è un caso che Agamben e Cacciari, prima, e Barbero, poi, siano umanisti che hanno della verità un concetto relativo, filosofico nel primo caso e storico nel secondo, e ai quali dà fastidio, consciamente o no, che qualcuno possa rivendicare non solo l’esistenza di verità scientifiche di ben altro tenore, ma addirittura basare su di esse le azioni politiche.
massimo cacciari accordi e disaccordi 2
Questo è forse il cambiamento meno evidente, ma più sostanziale, che la pandemia ha portato nel mondo. Fino al 2019 erano le opinioni a farla da padrone: nei media, nella società e in politica. Dagli inizi del 2020 i fatti sanitari hanno fatto irruzione nella nostra vita quotidiana, e ora che il pericolo sta rientrando, gli umanisti incominciano a innervosirsi. Basta guardare l’appello dei professori, per accorgersi cosa siano quasi tutti i firmatari: filosofi, letterati, linguisti, filologi, storici, giuristi, psicologi, sociologi, assistenti sociali, musicisti, designer, eccetera.
D’altronde, li si può capire. Se continuasse questo andazzo, c’è il rischio (a dire il vero bassissimo, almeno nel nostro Bel Paese) che al governo o al Parlamento passi per la testa di voler imporre una “dittatura dei fatti” non soltanto per quanto riguarda l’epidemia e la salute, ma in generale. Cosa succederebbe, ad esempio, se diventasse proibito negare le verità scientifiche, o diffondere le fake news metafisiche o religiose? Ecco qual è il vero “tintinnare di manette” che fa tremare coloro che vedono con preoccupazione il “deficit di democrazia” manifestato, secondo loro, dall’introduzione del Green Pass.
Naturalmente, nessuno di loro parla dei reali deficit della nostra “democrazia di facciata”, come la chiamava Rodotà. Ad esempio, è mai possibile che dopo dodici anni di governi costruiti a tavolino, invece che usciti dalle urne, tutti questi professori credano veramente che la minaccia alla libertà venga dal Green Pass? “Ma ci facciano il piacere!”, avrebbe detto Totò.
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