DAGONEWS
Anche oggi sui giornali si dà conto dell'instabilità di Conte: dopo la finanziaria, il premier tornerà a ballare sulla sua poltrona, eccetera. Ma quello che su questo disgraziato sito scriviamo da quando è partita la seconda ondata vale ancora: finché dura la pandemia, la crisi e lo stato di emergenza, Conte non può essere sostituito. Mattarella non lo permetterebbe. Il discorso cambierà con l'arrivo del vaccino, della primavera e – si spera – dell'appiattirsi delle curve mortuarie.
RENZI CONTE giuseppe conte sergio mattarella
Renzi la settimana scorsa ha stretto un accordo con Zingaretti, ricucendo con il Pd dopo lo strappo sulla legge elettorale. Gli italiavivaisti, com'è noto, vogliono un proporzionale più puro possibile (e con sbarramento più basso possibile) per poter ballare un'altra estate. Il segretario dem è pronto ad accontentarlo, pur di liberarsi del maggioritario e stroncare qualunque ipotesi di premio di maggioranza che andrebbe a beneficio della Lega, tuttora il primo partito nei sondaggi.
Sarà dunque Renzi ad aprire le ostilità contro Conte quando arriverà il momento, forse anche prima delle elezioni amministrative, che dovrebbero tenersi ad aprile ma slitteranno con ogni probabilità a giugno. Nell’attesa, Mattarella ha chiesto ai partito di governo un nome per il dopo-Conte.
Ma i 5 Stelle e Pd non hanno un nome condiviso, i veti contrapposti sono fortissimi. Di Maio non vuole che il successore del Conte Tacchia sia iscritto al Pd, dunque dovranno pescare di nuovo nella società civile (ahinoi) oppure nei ranghi del Deep State, un po' come quando Ciampi fu preso da Giuliano Amato e Scalfaro dalla Banca d'Italia per fare il presidente del Consiglio.
NICOLA ZINGARETTI ROBERTO GUALTIERI
stefano patuanelli foto di bacco (2)
L'ipotesi Draghi non è mai stata remota come ora. L'obiettivo di Zingaretti e Di Maio, di Renzi e Berlusconi, è avere qualcuno che ascolti ed esegua i programmi dei loro partiti, a differenza dell'Avvocato di Travaglio che nella sbornia del potere si sente ormai sciolto dal vincolo di fedeltà nei confronti di chi l'ha nominato. E, grazie alla debolezza della politica, da arbitro si è trasformato in capocannoniere.
Giuseppi ha capito di avere una botola sotto i piedi e ha provato a sparigliare le carte per indebolire i suoi danti causa. Ha arruffianato quel poverino di Gualtieri fino a fargli inserire nella legge di bilancio la norma sull'istituto di intelligence, così da alienare il ministro del Tesoro dai suoi compagni di partito (Zinga compreso), che vedono come fumo negli occhi lo strapotere di Conte sull'intelligence. Ha fatto lo stesso con Patuanelli, cui si è molto avvicinato nelle ultime settimane per far dispetto a Di Maio. Tattica identica con Guerini per indebolire il legame tra il ministro della Difesa e Franceschini.
Dario Franceschini Lorenzo Guerini
Purtroppo per il devoto di Padre Pio, i tre hanno capito a che vecchio gioco stava giocando (divide et impera), e hanno fatto un passo indietro per evitare il trappolone.
Il piano di Conte per reggere ancora al comando è quello di gestire i progetti del Recovery Fund in totale solitudine (ecco perché è così in ritardo), tanto da aver messo in piedi una sua personale task force alla Presidenza del Consiglio, prendendo funzionari e dirigenti dal ministero degli Affari Europei di Enzo Amendola e da quello dell'Economia di Gualtieri, e mettendoli sotto il controllo diretto dello staff di Palazzo Chigi, Chieppa e Goracci.
goffredo bettini gianni letta giuseppe conte
Solo il duo Renzi-Zinga ha manifestato un'opposizione forte a questa ennesima usurpazione di deleghe. Matteuccio d'altronde è quello che ha spianato la strada al sostegno di Berlusconi al governo in questa riedizione del patto del Nazareno, spina nel fianco di Conte.
A fine febbraio dovrà consegnare i piani a Bruxelles, in gran parte incentrati su green economy e digitalizzazione. Ma quei piani saranno solo delle linee guida. Una volta che scatterà il disco verde di Bruxelles, a rendere esecutivi i progetti Conte si troverà di colpo con un’ampia compagnia seduta al suo tavolo.
A quel punto, sempre Covid permettendo, Conte si troverà davanti a un bivio: o si ricorderà che è stato messo a Palazzo Chigi per mediare tra i partiti della maggioranza, e non per fare il monarca assoluto, oppure verrà scaricato senza tanti complimenti.
A proposito della tenuta di Conte, Bettini ha stretto un ''patto tra Richelieu'' con Gianni Letta: va bene confermare il premier, ma un rimpasto ci deve essere, e deve includere personalità forti in grado di tenergli testa. Rimpasto, una parola che fa venire una crisi di nervi a Conte.
Intanto continuano gli interventi di Bettini sul ''Fatto Quotidiano''. Travaglio è ormai il mediatore ufficiale del premier, e ha preso il posto di Guido Alpa. Dare voce a Bettini vuol dire mediare tra Pd e M5S nella persona dell’attuale reggente Crimi. Perché l'ideologo di Zingaretti non ha ancora messo in dubbio il fatto che Conte debba restare a Palazzo Chigi, e questo, in una fase in cui non gliene va bene una, è già molto…