Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti e Ilario Lombardo per “La Stampa”
GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
Resta convinta della sua scelta Giorgia Meloni: attorno al suo ufficio vuole solo uomini di provatissima fiducia. In sintesi: la sua scorta. Al punto che ha chiesto al cerimoniale della presidenza del Consiglio di creare delle zone off limits anche per i commessi. Nella sua caccia a talpe e spioni, la premier ha cominciato a fidarsi sempre meno anche di questi assistenti che dipendono dalla struttura di Palazzo Chigi, esattamente come avvenuto per i poliziotti allontanati lunedì, che erano destinati a garantire la sicurezza nell'area adiacente al suo ufficio.
nel cerchio rosso il marito di patrizia scurti
Mentre prima potevano muoversi liberamente, sulle scale e usando l'ascensore che porta allo studio della presidente del Consiglio, ora i commessi potranno avvicinarsi solo passando dal filtro di controllo della scorta.
[…] Anche per i giornalisti ci sono delle novità: se vorranno continuare a stazionare di fronte al portone esterno, dovranno farlo qualche metro più in là. Sono spesso colleghi delle agenzie di stampa che hanno il compito preziosissimo, tra le altre cose, di capire chi entra e chi esce dagli uffici della presidenza. Altri occhi indiscreti, secondo Meloni, sempre più assillata dal timore di fughe di notizie e di potenziali complotti ai suoi danni.
Bisogna immaginare Palazzo Chigi diviso in due ali. Quella a sinistra, guardando il portone, dove ci sono i sottosegretari e il capo dell'ufficio stampa; quella a destra è dove lavora Meloni, con un'anticamera e un ascensore da sempre presidiati da due poliziotti. Come scritto da La Stampa, i due agenti non ci sono più. A differenza di quanto sostenuto dal capo ufficio stampa Fabrizio Alfano, in tre giorni ci sono stati tre ordini di servizio da parte dell'Ispettorato che opera a Palazzo Chigi, uno per ogni giorno, il primo verbale e gli altri due scritti, che confermano le disposizioni iniziali.
Il clamore della notizia, gli attacchi dell'opposizione e la conferma da parte dei sindacati di polizia, hanno costretto l'entourage di Meloni a correre ai ripari. La premier ha voluto che venissero coinvolti anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il Capo della Polizia Vittorio Pisani, anche per avere una sponda a difesa della tesi che la decisione è stata presa a tutela di un'agente – parole della premier – «che si ritrovava a fare l'ascensorista e a premere semplicemente un pulsante».
Non è chiaro perché Meloni si sia accorta di questa figura addetta alla sua sicurezza solo oggi, dopo quasi due anni a Palazzo Chigi. Proprio due settimane dopo la cospirazione immaginaria contro la sorella Arianna, costruita da Il Giornale di Alessandro Sallusti, e nei giorni dei mille sospetti sul caso di del ministro Gennaro Sangiuliano [...]
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Ieri, a margine della periodica riunione sulla sicurezza, a Palazzo Chigi c'è stato un breve vertice tra il ministro Piantedosi e l'ispettorato. Non è ancora chiaro quale sarà il nuovo assetto. Presto potrebbe essere pronto un nuovo ordine di servizio che non ripristinerà le vecchie disposizioni: dovrebbe prevedere un agente al piano, a monitorare l'area di Meloni, ma sempre tenuto a una certa distanza. È alla sua scorta personale che Meloni ha appaltato, quasi esclusivamente, la propria sicurezza e la propria tranquillità. Creando più di un malumore.
GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
C'è, infatti, anche un braccio di ferro tra apparati, dietro la decisione di allontanare gli agenti di polizia dalle loro precedenti mansioni. Polizia contro Aisi, l'agenzia che sovrintende alla sicurezza interna. E l'Aisi – secondo quanto La Stampa è in grado di ricostruire – ha vinto. Al centro di questa guerra di veleni, c'è il caposcorta della presidente del Consiglio. Giuseppe Napoli, detto Pino, marito della segretaria storica di Meloni, è in forza all'Aisi, come tutti gli altri uomini che seguono la leader ovunque. Scelti personalmente da Napoli. Fidatissimi. Di provata fede meloniana. Ma se il suo potere cresce è perché così vuole Meloni.
Come è stato ampiamente raccontato, ad occuparsi della sicurezza della presidente del Consiglio c'è però anche un Ispettorato di Ps che è dedicato soltanto a questo scopo con circa duecento agenti alle sue dipendenze. Sono loro responsabili della sicurezza della presidente del Consiglio: un terminale indispensabile con le altre forze di polizia, con l'Antiterrorismo, con le varie questure e prefetture quando si organizza una trasferta.
A capo c'è un maturo dirigente generale della polizia, a cui mancano pochi mesi per andare in pensione. Ed è perfino ovvio – come si racconta nei corridoi del Viminale – che se ci fosse stato qualche caso preoccupante, una fiducia malriposta, una sospetta fuga di notizie, l'Ispettorato e poi direttamente il Capo della polizia ne sarebbero stati informati per primi. Ci si sarebbe aspettati a quel punto una girandola di trasferimenti e qualche procedimento disciplinare. Invece niente.
L'allontanamento degli agenti dagli ascensori e dall'anticamera sono stati derubricati a sostituzione degli ascensoristi. Invece è molto di più. È l'implicito messaggio che ad occuparsi della premier "deve" essere soltanto l'Aisi e i suoi 007.
La storia ricorda un po' quel che accadde nel 2002 quando a Palazzo Chigi s'insediò Silvio Berlusconi, che pretese di affidarsi totalmente alla Security di Mediaset. Era un clamoroso schiaffo a polizia e carabinieri. Si trovò l'escamotage di far assumere gli agenti privati dai servizi segreti e da allora è rimasta la consuetudine di usare a piene mani gli agenti dell'intelligence per Palazzo Chigi. Il che, nel sistema italiano, è abbastanza incongruo.
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Si consideri che siccome uno 007 non ha la qualifica di agente di polizia, non può arrestare nessuno. Non ne ha la potestà. E per questo motivo – dicono fonti di Polizia – anche la scorta diretta con mano ferrea da Napoli avrebbe bisogno di essere mista, con dentro qualche agente di Ps.
Poliziotti allontanati dal piano degli uffici di Meloni
Antonio Fraschilla per La Repubblica -
Italia viva porterà comunque il caso in Parlamento anche dopo la precisazione di Palazzo Chigi: "La premier rischia di valicare un confine che non deve essere superato da nessuno. Se si sdogana il concetto che è la politica a scegliersi i poliziotti o i carabinieri o i finanzieri che fanno determinate operazioni, allora il passo successivo è che non c'è più il criterio della fedeltà alla Repubblica a fare da riferimento.
Ma c'è l'affiliazione, c'è la condivisione politica, insomma si entra nella dinamica dei pretoriani ed è la cosa che noi dobbiamo assolutamente evitare", dice il senatore Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato e componente del Copasir, intervistato a Radio Popolare.
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