Davide Frattini per il Corriere della Sera
Racconta di aver letto Pietro il Primo, romanzo storico pubblicato in epoca stalinista, almeno 300 volte. Ammira Winston Churchill perché «è rimasto saldo sulle sue posizioni, niente ha potuto smuoverlo». Dello Zar ha portato con sé l' accento russo, ancora molto forte dopo quarant' anni dall' arrivo in Israele. Del leader britannico ha coltivato la passione per i sigari. Avigdor Lieberman rispetta gli uomini «capaci di nuotare contro corrente» e in questi mesi ha dimostrato di saper resistere ai cavalloni generati contro di lui dal premier Benjamin Netanyahu.
Eppure Bibi ed Evet - i nomignoli che tra loro non usano più - si conoscono da un trentennio, da quando Lieberman ha chiesto di diventare assistente volontario e sottopagato di quel giovane viceministro degli Esteri. Il buttafuori immigrato dall' ex Unione Sovietica già dimostrava l' intuito politico: allora aveva scommesso su Netanyahu, adesso scommette di poterne interrompere i dieci anni consecutivi al potere, ha battuto il record del padre fondatore David Ben-Gurion in longevità alla guida del governo.
Fino all' idea di fondare il suo partito personale nel 1999 (Israel Beitenu, Israele è la nostra casa), Lieberman è stato il consigliere più fidato durante l' ascesa di Netanyahu a monarca del Likud: la sua guardia del corpo politica che metteva tutti in riga dentro il partito e smantellava qualunque tentativo di opposizione interna. Gli epiteti con cui lo cominciavano a chiamare i colleghi - Kgb, Rasputin - gli hanno ricordato che anche in Israele qualcuno lo considerava all' inizio un estraneo, la stessa sensazione «di diversità quando a Kishinev da bambino i miei mi costringevano a parlare yiddish sul bus e tutti ci guardavano male», ha detto alla rivista americana Atlantic.
L' ha superata con la tenacia e una certa brutalità: ha rischiato la crisi diplomatica con gli egiziani dopo aver minacciato nel 1998 di bombardare la diga di Assuan per il loro supporto al leader palestinese Yasser Arafat e per aver «mandato all' inferno» il presidente Hosni Mubarak che si rifiutava di venire in Israele per una visita ufficiale; ha proposto di «affogare» i prigionieri palestinesi rimandati indietro in uno scambio «così di sicuro non tornano»; ha presentato un piano per il trasferimento forzato degli arabi israeliani «sleali verso lo Stato»; quando in parlamento si è ritrovato seduto vicino ad Ayman Odeh, parlamentare arabo, ha chiesto di essere spostato.
In queste ore ha già chiarito: «Neppure in un universo parallelo posso entrare in un governo a cui partecipino loro».
Da ministro della Difesa il quotidiano Haaretz lo raffigurava nelle vignette con i denti da lupo che masticano avversari e vittime palestinesi. Alla fine una parte della sinistra che l' ha sempre evitato perché oltranzista e xenofobo l' ha invitato a scendere dalla colonia di Nokdim in Cisgiordania dove abita nei salotti arredati dai designer del quartiere Tzahala a nord di Tel Aviv. Durante la campagna elettorale i liberal delusi dai laburisti in emorragia di consensi hanno voluto ascoltare il nemico. A loro Lieberman ha promesso di impedire la nascita dell' ennesima coalizione tra Netanyahu e le formazioni religiose, ha offerto l' attrattiva di presentarsi come protettore dei laici contro i «soprusi» degli ultraortodossi nella vita quotidiana di tutti (niente matrimoni civili, stop alle attività durante lo Shabbat).
Nahum Barnea - prima firma di Yedioth Ahronoth , il quotidiano più venduto - scrive che Lieberman ama ripetere la lezione ricevuta dal padre: «Nella vita conta la fortuna, è l' elemento più importante, Guarda i passeggeri del Titanic: erano ricchi, erano felici, gli è mancata la fortuna». Assolto in un caso di frode, dopo che il procuratore aveva già rinunciato alle accuse più gravi, con la mossa di lasciare il governo e costringere Netanyahu a scegliere le elezioni anticipate (due nel giro di sei mesi) sembra avergli sottratto la «fortuna» politica necessaria a fronteggiare l' annunciata incriminazione per corruzione.