Fabrizio Roncone per “Sette – Corriere della Sera” - Estratti
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Il governo vuole papparsi anche il Coni, cioè lo sport italiano.
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E ora hanno messo nel mirino lo sport. Meglio: il suo capo, Giovanni Malagò. Il cui terzo e ultimo mandato scade a maggio 2025, a meno di un anno dai Giochi invernali Milano-Cortina, dei quali è presidente. Lui, che è tornato dalle Olimpiadi di Tokyo e Parigi carico di medaglie e record, invoca un prolungamento, una deroga, i suoi amici immaginano una legge del Parlamento che gli consenta di portare a termine «il lavoro iniziato 12 anni fa». Ma da Palazzo Chigi rispondono puntigliosi: «C'è il limite dei tre mandati. Malagò chiude qui. Punto».
La faccenda però da seria diventa comica, piena d'una gioiosa sfacciataggine, perché il più puntiglioso di tutti è Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera.
Il quale, ininterrottamente da 24 anni, da quando c'era ancora la lira, ed erano vivi Montanelli e Renato Carosone, è anche il capo della Federnuoto e intende continuare a esserlo, agevolato (eufemismo) dal governo di cui fa parte, che l'anno scorso ha modificato la legge e previsto più mandati per i presidenti delle federazioni.
Insomma: Barelli gode d'una norma (quasi) ad personam e può continuare a guidare la Federnuoto in questo secolo (lo insidierebbe un altro ex nuotatore, il Fratello d'Italia Fabio Rampelli, vabbé), ma su Malagò è fermissimo: «Via! A casa!».
C'è da dire che Barelli soffre tremendamente Malagò, il personaggio Malagò, lavoratore maniaco e di successo, uomo delle istituzioni e di vero potere, di relazioni pazzesche (ottimi rapporti anche con il Quirinale) e seduttore innato (tipo che a vent'anni era amico di Gianni Agnelli, nonostante Giovannino sia un efferato tifoso della Roma).
Voci: il piano del governo (coordina il ministro Giorgetti) sarebbe di spostare Malagò dal Coni alla Federcalcio.
Barelli, as usual, comunque contrario (forse teme che il suo nemico possa poi farci vincere un Mondiale).
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