Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
Dopo Benetton e Aspi, il governo vuole chiudere la partita con Toto, estromettendolo dalla gestione dell'autostrada A24-A25 tra Roma e Abruzzo. La partita vale quasi 10 miliardi ed è funzionale a una massicia rinazionalizzazione del settore, per cui il governo ha creato con la legge di bilancio una newco, al momento scatola vuota. Ma ha diverse complicazioni: vedute differenti tra Palazzo Chigi e ministero delle Infrastrutture, attento faro del ministero dell'Economia, rischio di contenziosi legali miliardari in assenza di accordo.
Benché piccola, la A24-A25 è un'opera strategica per legge. Strada dei Parchi Spa nasce nel 2003 come joint venture proprio con Benetton, ma dal 2011 è interamente controllata dai Toto. La famiglia abruzzese spazia dall'edilizia alle rinnovabili e ha multiple sponde politiche, anche generosamente finanziate. Ma la concessione (scadenza 2030) l'ha vinta con gara, prima in Italia.
Da dieci anni Toto e governi dialogano e litigano sul nuovo piano economico per messa in sicurezza delle gallerie e adeguamento anti sismico. Un investimento da 6,5 miliardi di euro. Il punto è come ripartirli tra pubblico e privato e come gestirli.
Mentre si discute, Strada dei Parchi non paga più le rate del canone ad Anas, motivando con terremoti e Covid.
A fine 2020 il debito raggiunge i 700 milioni di euro. Anas è costretta a un accantonamento nel fondo svalutazione per «la complessa situazione creditoria», temendo «un significativo aumento della probabilità di default». E la Corte dei Conti segnala «notevolissimi profili di criticità atteso l'evidente stato di pervicace insolvenza che ne caratterizza il rapporto».
Ma i governi Gentiloni e Conte congelano il debito.
L'aria cambia dopo il crollo del ponte Morandi. La ministra De Micheli straccia il piano concordato dal predecessore Toninelli. Dossier di associazioni civiche e note del ministero evidenziano piloni di viadotti ischeletriti, calcestruzzo ammalorato e monconi di ferro ossidato. Meno di 60 euro spesi su ogni 100 previsti per la prevenzione, stigmatizza l'Autorità anticorruzione, a fronte dei 96 autocertificati dal gestore.
Appalti gestiti "in house" oltre i limiti di legge. E zero controlli perché l'ufficio ad hoc del ministero lamenta «l'impossibilità di effettuare visite ispettive adeguate per verificare lo stato di degrado a causa della drastica riduzione di personale», invocando però «interventi urgenti».
Si muovono cinque Procure. Ferma la presunzione di non colpevolezza in attesa del processo, la Procura dell'Aquila contesta attentato alla sicurezza pubblica, disastro colposo per pericolo di crollo, frode in contratti pubblici. Indagati manager e tecnici nonché il patron Carlo Toto, «che si ingerisce in tutte le scelte societarie e aziendali, da quelle strategiche a quelle più minute e quotidiane».
I report aziendali «minimizzavano la reale condizione di deterioramento, negando immotivatamente la necessità di interventi manutentivi» anche a fronte di segnalazioni «al massimo grado di difettosità». Le manutenzioni ordinarie (da contratto a carico del privato) venivano messe in conto allo Stato gabellandole per straordinari interventi antisismici con documenti falsi.
La perizia documenta «la costante carenza di manutenzione ordinaria, che ha comportato degrado dei materiali dei viadotti, in notevoli condizioni di rischio». Le intercettazioni telefoniche svelano l'incessante lobbismo politico.
Le indagini dei carabinieri ricostruiscono i due pilastri del sistema Toto: «spostare il baricentro dalla palese assenza/carenza di manutenzione ordinaria alla vulnerabilità sismica, che attiene a tutt' altra materia»; affidare verifiche sulle opere a società infragruppo, garanzia di «costante e reiterato parere circa l'assenza di qualsivoglia situazione di pericolo».
Dopo il cambio di governo del 2021, il ministero delle Infrastrutture istituisce una commissione d'inchiesta con alti magistrati e dirigenti pubblici. La commissione sonnecchia per mesi, anche perché il ministero studia una norma per chiudere la questione in accordo con Strada dei Parchi: debito congelato e gestione concordata dei nuovi maxi investimenti.
Ma Palazzo Chigi cancella la norma, avoca il dossier e impone un'accelerazione rigorista. La commissione consegna a gennaio una relazione durissima. Segue formale lettera del ministero, che contesta a Toto «grave e prolungato inadempimento e complessiva condotta negligente» ipotizzando la risoluzione della concessione. Strada dei Parchi risponde il 15 marzo con 150 pagine di controdeduzioni, paventando risarcimenti miliardari per danni patrimoniali e reputazionali.
Il duello colloca il governo a un bivio: forzare la revoca unilaterale della concessione, mettendo in conto decennali e incerte code giudiziarie; o negoziare con Toto una rinazionalizzazione «modello Benetton». Toto chiede 2,5 miliardi per uscire con baci e abbracci. Sommati ai 6,5 di investimenti previsti per la messa in sicurezza, portano il conto per lo Stato a 9 miliardi. Il doppio di quanto previsto nei piani economico-finanziari mai approvati negli anni. È il costo della volontà politica di centralizzare in senso pubblicistico la gestione strategica del settore. A due mesi dai primi abboccamenti, la trattativa non ha fatto passi avanti. Forse per questo né Palazzo Chigi né il ministero commentano.