“LE INDAGINI SONO STATE FATTE DAL PM DI TORINO IN MODO GROSSOLANO E ILLEGITTIMO. HO AVUTO LA NETTA PERCEZIONE CHE CI FOSSE UN SISTEMA” – FINE DELL’INCUBO PER L'EX SENATORE DEM STEFANO ESPOSITO, PROSCIOLTO DOPO 7 ANNI (ARCHIVIATE LE ACCUSE DI CORRUZIONE E TURBATIVA D’ASTA) – “SONO STATO PRESO DI MIRA PER LA MIA DIFESA DELLA TAV. HO DATO FASTIDIO AI SALOTTI BENE TORINESI. HO PIANTO PER QUEL CHE HO FATTO PASSARE ALLA MIA FAMIGLIA. QUESTA STORIA MI LASCIA UNA CICATRICE LUNGA DALLA PUNTA DEI POCHI CAPELLI CHE HO FINO ALLA PIANTA DEI PIEDI. E AI MIEI FIGLI DICO…”
Massimiliano Nerozzi per corriere.it - Estratti
Alle sei della sera (di martedì 3 dicembre) l’ex senatore del Pd Stefano Esposito, 55 anni, ha il telefono gonfio di oltre 450 messaggi whatsapp e di alcuni numeri da richiamare: al mattino, “passati 2.589 giorni, si è chiuso un incubo giudiziario”, dopo che il gup di Roma – su richiesta della Procura – ha archiviato le accuse di corruzione, turbativa d’asta e traffico d’influenze che gli venivano contestate nell’inchiesta «Bigliettopoli».
Stefano Esposito, la telefonata che le ha fatto più piacere?
«Non la posso dire».
Quella che più l’ha sorpresa?
«Quella di Giorgis (docente universitario e senatore del Pd, ndr). Non ho avuto grande confidenza con lui, in questi anni, allora sentirlo mi ha colpito».
Dopo oltre sette anni sotto inchiesta prima, e sotto processo dopo, come si sente?
«In realtà, non la vivo come una vittoria; piuttosto non mi aspettavo di incontrare due pubblici ministeri, a Roma, che si occupassero del merito della vicenda».
Perché?
«Davo per scontata un’archiviazione semplice, più formale. Invece, sono andati a fondo, quasi come se la pronuncia della corte Costituzionale non ci fosse stata. Ma il punto vero è che viene dimostrato che non ho mai venduto la mia funzione».
La prima cosa che ha pensato? (si commuove)
«Ho pianto. Per i miei figli, e per Rachele (la moglie, ndr), non può capire come li ho fatti vivere: ed è la cosa che ti ammazza. Alla fine, a me hanno tolto l’onorabilità, e per uno che non viene da una famiglia bene non è poco, ma il vero dramma è quello che hanno dovuto vivere loro: erano diventati i figli di o la moglie di. E' stata la cosa peggiore».
Mai pensato: “mi condannano”?
«Sì, assolutamente: a Torino, sì. E di questo mi è testimone il mio avvocato, Riccardo Peagno, è sua un pezzo significativo di questa vittoria: gli ho sempre detto che qui saremmo stati condannati, a prescindere, anche se poi, prima della Cassazione è arrivata la corte Costituzionale. E anche se il presidente Gallo (del tribunale che ha spedito gli atti in Cassazione, ndr) mi ha smentito, magistrato correttissimo».
Cosa c’era a Torino?
«Oltre a un pm, che non nominerò e che è responsabile di indagini fatte in modo grossolano e illegittimo, faccio notare che aveva comunque dei superiori. E non dimentico che un intero ufficio gip ha vidimato gli atti».
Morale?
«Ho avuto la netta percezione che ci fosse un sistema. Sensazione che ha avuto l’apoteosi quando il gup, appunto, ha fatto quello che ha fatto: cioè, non rispondere a un tema circa l’applicazione della legge e della Costituzione».
Un sistema: e perché mai?
«È una domanda che mi sono fatto tante volte. E ho pensato alla mia lunga e tenace battaglia per sostenere la Torino-Lione, condotta in solitudine».
E avrebbe dato fastidio ai magistrati?
«Guardi, quella roba lì ha infastidito un certo ambiente, alcuni salotti torinesi che contano, in città: salotti per i quali, per dire, quelli di Askatasuna sono bravi ragazzi. Insomma, ha generato un brutto clima».
Rifarebbe tutto?
«Con il senno di poi, no: farei il parlamentare invisibile, come fanno in tanti. Diciamo che anche con il codice degli appalti ho rotto le scatole a tanti».
Scusi, ce l’ha anche con la politica?
«Mi piacerebbe un confronto con la vice-sindaca, persona avveduta e intelligente, perché vorrei che mi spiegasse alcune cose: loro hanno scelto un percorso per Askatasuna, e vorrei capire come questa assenza di legalità si concilia con il messaggio che si vuole dare al resto della città».
Il centro sociale occupato rimane il grande nemico?
«Askatasuna è un luogo di illegalità e lo sarà fino a quando ci sarà una struttura occupata, da dove partono azioni illegali».
Nella richiesta di archiviazione – riassumo – i pm romani dicono che avrebbe fatto pesare la sua qualità di senatore: non ha tenuto comportamenti inopportuni nei confronti di un amico (Giulio Muttoni, ndr)?
«Le rispondo di no, perché sono stato ugualmente disponibile con tanti altri semplici cittadini».
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E favorevole alla separazione delle carriere?
«La trovo una cavolata totale, ci sono ben altri problemi. Basterebbe una sola riforma: chi sbaglia, paga. Avevo 48 anni quando mi hanno stroncato: a chi chiedo i danni? E su questo, l’associazione nazionale magistrati sbaglia: la verità è che io ho trovato una polizia giudiziaria, un pm e un gup che hanno lavorato male; e altri che lo hanno fatto bene».
Ha fiducia nella riforma della giustizia?
«Con questo ministro non si farà nulla, è solo chiacchiere e distintivo. Servirebbero riforme puntuali, e un ministero che esercitasse i poteri ispettivi: mi chiedo perché non li abbia ancora mandati a Torino».
Cosa le lascia questa storia?
«Una cicatrice lunga dalla punta dei pochi capelli che ho fino alla pianta dei piedi. E ai miei figli dico: “State lontani dalla politica”».
stefano esposito e marco travagliostefano esposito con marco travaglio
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marco travaglio e stefano espositostefano esposito intervistato da antonello caporale