Paolo Baroni per “la Stampa”
Un debito monstre da gestire e le prospettive future dell'economia su cui pende un inquietante rischio recessione, le nuove stime di crescita e la nuova legge di bilancio da mettere in cantiere a tambur battente, e poi le scadenze più a breve temine, a partire dai nuovi aiuti necessari a contrastare il caro energia. Sono tante le incognite che attendono il nuovo governo e gli scogli, anzi le montagne, che dovrà superare.
«Il regalo di benvenuto dell'Italia a Meloni sarà una prospettiva economica peggiore» titolava ieri Bloomberg nella sua edizione europea, dando per scontata l'affermazione del centrodestra e ricordando che pochi giorni dopo il voto di domenica arriveranno le nuove previsioni sull'andamento Pil e sul disavanzo.
Entro il martedì successivo alle elezioni, il 27 settembre, il governo uscente dovrà pubblicare infatti la nuova Nota di aggiornamento, mentre tre giorni dopo arriverà il giudizio dell'agenzia di rating Moody' s che, salvo sorprese, entro quella data aggiornerà il giudizio sul Paese dopo aver variato ad inizio agosto da «stabile» a «negativo» il rating sovrano assegnato all'Italia.
«L'economia italiana probabilmente ha già smesso di crescere e gli economisti prevedono una recessione questo inverno»: «Prospettiva terribile» la definisce l'agenzia Usa che ha condotto una indagine su 34 economisti secondo i quali il Pil italiano nel 2023 crescerà appena dello 0,4% contro il +3,4 di quest' anno. «La previsione di crescita inferiore avrà un impatto negativo sul disavanzo. Ciò intensificherà la sfida per la coalizione di destra che probabilmente si formerà nelle settimane successive alle elezioni».
Esattamente due giorni dopo il voto per il rinnovo del Parlamento ci sarà il primo test su un possibile rischio-Italia: il calendario del ministero dell'Economia prevede infatti un'asta di Btp martedì 27 ed un'asta di Bot il 28. Previsioni ed analisi delle grandi banche d'affari da settimane ormai ipotizzano una possibile bufera sull'Italia legata soprattutto all'affermazione della destra ed alle sue promesse in materia di debito, tasse e nuove spese. E già a fine agosto il Financial Times segnala l'intenzione degli hedge fund internazionali di colpire duro.
giorgia meloni durante il confronto con letta
Di qui a fine anno il governo uscente e a ruota quello nuovo dovranno fare i conti con quasi 100 miliardi di euro di titoli in scadenza, 95,93 per la precisione: di questi 62,58 sono titoli a medio e lungo termine, mentre i restanti 33,36 sono Bot a 6 e 12 mesi. I primi a scadere, il 30 settembre, sono 5 miliardi di Bot a 6 mesi, poi il 14 ottobre toccherà a 6 miliardi di titoli a 12 mesi. La sfida del 2023 sarà ancora più impegnativa perché andranno in scadenza ben 335,9 miliardi di titoli di Stato: 69,7 miliardi di Bot, 242,9 di Btp e 23 di Cct. In particolare 80,5 miliardi vanno rinnovati nel primo trimestre, 81,2 nel secondo, 92,6 miliardi nel terzo e 81,4 miliardi nel quarto trimestre. «I titoli di Stato in circolazione valgono 2.229 miliardi e oltre il 10% di questa cifra va gestito nei primi 15 mesi della prossima legislatura», segnala un report del Centro studi di Unimpresa.
«La gestione del debito sarà lo scoglio principale del nuovo governo, soprattutto perché saranno messe a nudo le difficoltà nell'attuare tutte le promesse fatte durante la campagna elettorale. La coperta è corta e serviranno sforzi enormi per poter assicurare alle imprese e alle famiglie le risorse necessarie a fronteggiare uno dei momenti più difficili della storia recente» spiega il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
«Servono fondi per alleviare il rialzo dei prezzi, in particolare quelli dei prodotti energetici e servono fondi anche per sostenere le imprese più in difficoltà, stremate prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina». Stando a Bloomberg la sola necessità di prorogare a dicembre gli aiuti per contrastare il caro-energia comporterà una spesa di 5 miliardi di euro che sommati alle promesse elettorali potrebbero far lievitare a quota 30 miliardi il conto della spesa. Cifra che, viste le premesse, non sarà affatto facile da reperire.