MARIO AJELLO per il Messaggero
Festa nazionale dell'Unità a Bologna, ieri sera, mentre Conte sta salendo sul palco: «Se avesse accettato di fare il peone nel Pd, invece di voler essere il leader improbabile di M5S, Giuseppi avrebbe avuto più successo». Lo dice un anziano militante dem al suo vicino di posto. Ma lo sa anche Conte il quale, arrivando a Bologna, confessa: «E' una faticaccia enorme guidare i 5Stelle. Non so se reggerò a lungo». E comunque in questa festa, al contrario delle altre che l'hanno preceduta, più che i complicati per il Pd scenari nazionali (quando si parla di questi gli spazi dibattito sono semi-vuoti) si pensa a quelli locali e si partecipa a questi ultimi.
C'è l'orgoglio di avere una vittoria sicura nelle comunali del 3 e 4 ottobre a Bologna. E questo sembra essere l'unico slancio vitale di una kermesse stanca in una città che questa volta come sempre - tranne la parentesi Guazzaloca - si accontenta di una stanca continuità amministrativa. «Tanto vince come al solito il candidato del Pd», si sente ripetere ovunque nella capitale emiliana. Matteo Lepore, ex assessore, sostenuto anche da M5S ma in posizione subalterna nonostante il grillismo sia nato qui («Ora se arrivano al 10% è un miracolo e comunque vinciamo anche senza di loro», si compiacciono i maggiorenti dem), può farcela al primo turno secondo gli ultimi sondaggi: con il 56-60 per cento contro Fabio Battistini (35-39 per cento) che è il candidato del centrodestra, unito ma anche no.
DISUNIONE Nei quartieri la coalizione di centrodestra non ha tenuto e ognuno andrà per sé e qualcuno maligna che ciò è dovuto al fatto che nell'unica circoscrizione dove l'alleanza poteva vincere il candidato sarebbe stato di FdI. Il partito meloniano ha lasciato alla Lega la scelta del candidato sindaco, e adesso anche a Bologna come dappertutto la gara tra Salvini e Meloni è a chi prende un voto più dell'alleato. E intanto dice Igor Iezzi, colonnello salvinista: «Mi auguro che non ci sia nessun esponente di FdI che voglia togliere voti al candidato sindaco unitario». I soliti sospetti tra amici-nemici. Anche sul fronte opposto - in questa città ormai rassegnata allo strapotere dem più, sopportato che amato, e arresa alla prosecuzione senza tempo del 900 in rosso o in rosa - esistono i problemi ma sono problemi di chi ha già la vittoria in tasca. Si tratta dell'epurazione di assessori uscenti non rimessi in lista perché filo-renziani.
Neppure l'arrivo ieri a Bologna del ministro Guerini, leader della corrente Base riformista, e il suo incontro con Lepore sono riusciti a portare la pace. Un pezzo di Pd potrebbe così sostenere la lista civica, e alleata, dell'esponente renziana Isabella Conti che fu battuta alle primarie da Lepore. Un parlamentare bolognese, Francesco Critelli, è particolarmente indignato: «Questa epurazione è una macchia indelebile per il Pd». Ma il segretario Letta non ha mosso un dito. Intanto ecco, alla festa dell'Unità allestita al parco Nord, che si aggira con i suoi riccioli velocemente incanutiti, Mattia Santori. Doveva inventare da leader carismatico delle Sardine una nuova politica giovane e fresca e invece s' è accontentato di un posto (forse) da consigliere comunale nel vecchio Pd. E fioccano le scommesse: «Sarà eletto o lo trombano?».
giuseppe conte e luigi di maio con la card del reddito di cittadinanza
Nell'appassimento generale, quello di M5S è il più evidente. Se Grillo lanciò da piazza Maggiore il suo vaffa gridato da decine di migliaia di persone, ieri sera per l'incontro di Conte e Di Maio con i bolognesi a Piazza Verdi nessun bagno di folla. L'obiettivo di Conte, non solo a Napoli ma anche qui, è vincere come ruota di scorta del Pd visto che M5S non ha altro modo nello sfacelo generale - basti pensare che in Emilia Romagna su 40 comuni al voto il simbolo stellato è presente solo in 6 - per spuntarla.
CRISI STELLATA Il capolista Max Bugani, star ai tempi del grillismo emiliano trionfante e ora appena dimessosi da capo staff della Raggi, gonfia il petto portando a spasso Conte e Di Maio nel centro cittadino: «Il Pd governerà con noi e addio renziani». L'asse rossogiallo è quello su cui, in chiave anche nazionale, punta tutto Conte, e quando arriva in tarda serata alla festa dell'Unità - e cerca di rimediare populisticamente alla gaffe che ha gettato scompiglio in M5S e anche in Letta: «Non volevo dire che lascio, ma solo che per me la politica non sarà mai un mestiere» - viene accolto da un'ovazione da parte della base dem che sembra più affezionata all'ex premier che ai propri dirigenti. Qualcuno minimizza: «Conte si è portato la claque».
Ma vedendolo cantare Bella Ciao all'osteria dell'Anpi, insieme ai partigiani o presunti tali, sembra proprio che il popolo rosso gli voglia bene e che rimpianga la stagione in rossogiallo con frasi del tipo: «Il governo Draghi non è il nostro governo». Ma un po' il popolo dem teme l'ex premier. «Non avendo più un fuoriclasse nel Pd - è il ragionamento di diversi militanti - Conte potrebbe prendersi alle elezioni politiche un bel pezzo del nostro elettorato». Se non fosse che proprio Giuseppi non è sicuro di durare per altri due anni.
conte di maio conte di maio conte di maio luigi di maio giuseppe conte by osho