Carlo Terzano per www.startmag.it
“Da lunedì, se una mamma si recherà in farmacia con 1 euro, potrà ritirare due mascherine, una per sé e una per il suo bambino”. Lo diceva, non senza una buona dose di retorica, il commissario straordinario all’emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, domenica sera ospite della trasmissione televisiva della Rai Che tempo che fa (prima mezz’ora circa, per chi volesse ascoltarlo). Parole che sembrano rimaste confinate negli studi televisivi di Fabio Fazio perché, basta uscire in via Mecenate e fare un giro per Milano, che di mascherine a 50 centesimi nemmeno l’ombra.
SE CI FOSSERO, NON COSTEREBBERO COMUNQUE 50 CENTESIMI
In realtà, anche se ci fossero per davvero, le mascherine a 50 centesimi annunciate da Arcuri non sarebbero comunque proposte a quel prezzo. Quando l’amministratore delegato di Invitalia annuncia che con un euro una madre potrà comprare due mascherine, sta infiorettando la realtà. E da un commissario la gente esige concretezza, non solo annunci.
Era stato infatti più aderente alla verità lo scorso 2 maggio, quando in conferenza stampa disse: “Da lunedì una mascherina chirurgica costerà 0,50 centesimi…” e poi aveva aggiunto “più l’Iva, finché l’Iva ci sarà”. E questo perché sulle mascherine bisogna ancora calcolare l’Iva, che porta il prezzo di vendita al di sopra dei 60 centesimi. Ovviamente non spetta ad Arcuri eliminare l’imposta e la misura sarà con ogni probabilità contenuta nel decreto aprile, ormai decreto maggio, che rischiamo di vedere per giugno. Ma fino ad allora una mamma con un euro potrà al più comprare una mascherina e ricevere 39 centesimi di resto.
IL PIANO DI ARCURI
Questo, comunque, il piano di distribuzione annunciato in pompa magna da Arcuri: “Abbiamo sottoscritto importanti accordi con: Federfarma, Assofarm, l’ADF che con le farmacie e le parafarmacie italiane hanno 26.000 punti vendita sul nostro territorio e hanno ripreso a mettere in vendita le mascherine chirurgiche entro il prezzo massimo fissato dall’ordinanza; Confcommercio, che raggruppa tra gli altri le catene della grande distribuzione Sigma, Sisal, Crai, Coal e Conad che ha nel suo insieme altri 13.000 punti vendita sul nostro territorio; Federdistribuzione, che raggruppa Esselunga, Carrefour, VeGè, Leroy Merlin e altre catene di distribuzione, che ha fino a 7.000 punti di vendita sul territorio; infine Coop, che ha 1100 punti vendita sul territorio nazionale. Contiamo nei prossimi giorni di sottoscrivere un uguale accordo l’Associazione nazionale dei tabaccai che ha altri 50.000 punti vendita sul nostro territorio”.
LE MASCHERINE DI STATO
Non solo prezzi calmierati, perché sempre Arcuri aveva annunciato: “Tra 10 giorni inizierà la produzione delle mascherine con le macchine che abbiamo contribuito a realizzare: a metà giugno le nostre macchine produrranno 4 milioni di mascherine al giorno; a metà luglio 25 milioni e da fine agosto in poi 35 milioni di mascherine al giorno. Devo ringraziare molto le aziende italiane che ci hanno aiutato e che ci stanno aiutando con una solidarietà e una generosità straordinaria: a partire dalla IMA di Alberto Vacchi e Fameccanica del gruppo Angelini. Inoltre altre due grandi aziende italiane hanno messo a disposizione il loro know-how, le loro risorse e le loro intelligenze per ospitare molte di queste macchine che stiamo producendo: Luxottica e FCA”.
CONFCOMMERCIO: PREZZO CHE NON STA NÉ IN CIELO NÉ IN TERRA
Il piano di Arcuri, ancora prima di partire, ammesso abbia davvero spiccato il volo, aveva subito incontrato le resistenze delle associazioni di categoria. Era stata lapidaria Confcommercio: “Con le attuali dinamiche di mercato il prezzo massimo di 50 centesimi è una cifra che non sta né in cielo né in terra”. La vicepresidente Donatella Prampolini aveva chiesto che si arrivasse almeno a 60 centesimi: “Altrimenti l’effetto immediato sarà che smetteremo di importarle. Intanto molte aziende hanno bloccato vendite e ordini”.
I DUBBI DI CONFINDUSTRIA
“Non credo che a oggi la produzione sia in grado di soddisfare la richiesta anche per la popolazione in generale, visto il numero di cui giornalmente avremo bisogno” nella Fase 2. Claudio Galbiati, numero uno di Confindustria Assosistema Safety, aveva così commentato – ai microfoni del Giornale Radio Rai – la disponibilità di mascherine prodotte in Italia in vista della cruciale Fase 2.
“Molte aziende si stanno attivando per fornire la filiera produttiva più che le farmacie, quindi il grande pubblico. Mi aspetto che le aziende abbiano a disposizione dispositivi di protezione per far lavorare i propri lavoratori”, sulle farmacie “la certezza non l’abbiamo”. Una smentita a poche ore della dichiarazione di Arcuri del 25 aprile scorso, che invece aveva detto: “Siamo pronti a distribuire tutte le mascherine che serviranno per gestire la Fase 2”, sottolineando inoltre che al momento erano state distribuite 138 milioni di mascherine e che le Regioni hanno 47 milioni di mascherine nei magazzini.
DOPO LE MASCHERINE DI STATO, RIMBORSI DI STATO?
Per sanare i mal di pancia di produttori e distributori, alle farmacie che hanno acquistato mascherine e dispositivi di protezione ad un prezzo superiore ai 50 centesimi verrà garantito un «ristoro e assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal governo». È quanto prevede un accordo firmato dal Commissario straordinario Domenico Arcuri con l’Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm.
distribuzione mascherine a madrid
LE MASCHERINE DI ARCURI SONO SPARITE
Oggi, a Repubblica, il presidente di Federfarma Marco Cossolo rivela: «È da almeno quindici giorni che gli importatori non le consegnano più». «Quelle con marchio CE – spiega al quotidiano romano – non si trovano e non mi interessa sapere la ragione. Quelle importate con autocertificazione non possono essere vendute, nonostante abbiamo magazzini pieni, perché l’Istituto superiore di sanità che deve autorizzarle non riesce ad evadere le pratiche. E infine le mascherine che Arcuri si è impegnato a rendere disponibili non sono ancora arrivate».
COSA DICE CITTADINANZATTIVA
Una indagine condotta da Cittadinanzattiva per La Stampa rileva che a “Milano tre farmacie su quattro sono sprovviste di chirurgiche. Stessa cosa a Genova (dove però sono in arrivo quelle gratuite acquistate dalla Regione), mentre a Torino la quota scende al 50%, ma un 25% le vende a tre volte tanto il prezzo prefissato”. “A Roma – si legge -, il giochino lo fa più del 28% mentre il 57% delle rivendite ne è sprovvisto. Percentuale che a Napoli sale al 62% con un quarto delle farmacie interpellate che le vende a 2 o 3 euro l’una”.
IL COMMISSARIO INCIAMPÒ SULLE MASCHERINE
E mentre in tutta Italia continuano i sequestri di quelle illegali, siamo arrivati al paradosso che sempre più Regioni ne dispongono l’obbligatorietà (la Fase 2 è infatti nata all’insegna del “mascherine per tutti“, sebbene non si sa ancora se servano davvero per proteggersi dal Coronavirus) ma le mascherine di Arcuri ancora non si vedono. Lascia perplessi se non sorpresi il fatto che, uno Stato moderno come il nostro che, seppur tra mille acciacchi e polemiche, è riuscito a fare fronte alla peggiore emergenza sanitaria dei tempi moderni che gli è esplosa in grembo, moltiplicando in tempo record le terapie intensive e facendo miracoli sul fronte organizzativo, non sia ancora riuscito a dotarsi di semplici dispositivi di stoffa. Ma anche questa è una delle tante contraddizioni tutte italiane, in cui Arcuri è inciampato.
Invitalia (100% Mef, ossia lo Stato), da 13 anni capitanata dall'ad Arcuri, ha creato 7.287 imprese e finanziato 163 grandi investimenti (fonte: sito Invitalia). Possibile che in un paio di mesi non riesca a sfornare mascherine basilari per gli italiani? Possibile, evidentemente
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) May 5, 2020