MOSSAD DEL CAVALLO – IL CAPO DEI SERVIZI SEGRETI ISRAELIANI, YOSSI COHEN, VOLA A WASHINGTON PER INCONTRARE BIDEN E CHIARIRE LA CONTRARIETÀ DEL PAESE AL RIENTRO AMERICANO NELL’ACCORDO NUCLEARE IRANIANO - “SLEEPY JOE” VUOLE IL DISGELO CON IL REGIME DEGLI AYATOLLAH, MA NONOSTANTE LE APERTURE ARRIVATE ANCHE DAI SAUDITI SI RISCHIA IL NULLA DI FATTO PER VIA DELLE SPACCATURE INTERNE TRA I “MODERATI” DI ROHANI E I CONSERVATORI
Francesco Semprini per “La Stampa”
il capo del mossad yossi cohen
Il capo del Mossad vola negli Stati Uniti per incontrare Joe Biden e chiarire le contrarietà di Israele sul rientro americano nell’accordo nucleare iraniano (Jcpoa). Una missione dal carattere di urgenza ancor maggiore se inquadrata non solo nell’accelerazione dei colloqui sul dossier atomico (ieri si è chiuso il terzo round di colloqui a Vienna) ma anche sul miglioramento dei rapporti prospettato dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (alleato degli Usa) con la Repubblica islamica.
Apertura accolta con interesse da Teheran: «Due importanti Paesi della regione e del mondo islamico - ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Saeed Khatibzadeh - potrebbero aprire un nuovo capitolo di impegno e cooperazione attraverso un dialogo costruttivo per raggiungere pace, stabilità e sviluppo nella regione superando le dispute».
IRAN - ROHANI E L ARRICCHIMENTO DELL URANIO
Il fermento regionale ha messo in guardia Israele che vede nell’Iran e nelle sue procure locali, come Hezbollah in Libano, la principale minaccia alla sicurezza nazionale. Così Yossi Cohen, il capo dei servizi segreti, è stato ricevuto venerdì da Biden nel corso di una visita considerata una forzatura rispetto ai protocolli cerimoniali.
Di solito il primo incontro con un nuovo presidente Usa spetta al primo ministro. In realtà il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva inviato a Washington Cohen ed il consigliere per la Sicurezza nazionale Meir Ben Shabat per discutere i vari aspetti del dossier nucleare. Il colloquio con Biden non era incluso nel programma originale ma si è reso necessario dato il veloce sviluppo delle dinamiche regionali. Cohen ha così illustrato direttamente all’inquilino della Casa Bianca le ragioni dell’opposizione di Israele ad una riedizione del Jcpoa.
L’urgenza deriva dall’ottimismo sui negoziati con la possibile rimozione delle sanzioni Usa entro le elezioni del 18 giugno nella Repubblica islamica, in cui i moderati del presidente Hassan Rohani partono sfavoriti rispetto ai conservatori, ostili al dialogo con Washington.
L’Iran vede «segnali positivi all'orizzonte» sia sui negoziati a Vienna che su una riconciliazione nel Golfo, ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri Zarif, riferendo dei suoi incontri in Kuwait, ultima tappa di un tour diplomatico nel Golfo. Ma il capo della diplomazia iraniana è stato ripreso dal leader supremo dell'Iran, l'Ayatollah Ali Khamenei, che ha definito un «grosso errore» i commenti fatti dal ministro in un’intervista in cui spiega che i militari sono troppo influenti nella diplomazia. Frizioni interne che potrebbero far rallentare il dialogo sul nucleare e con le monarchie del Golfo rafforzando lo status quo voluto da Israele.
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