Tratto da “Confessioni di un ex elettore” di Antonio Padellaro, editore Paper First
“Nella primavera del 2014 tale Michelle Bonev sale alla ribalta della cronaca per una sua presunta liaison gay con Francesca Pascale. Ci sono pettegolezzi che decidiamo di non mettere in pagina. Affettuosità di ragazze un po’ accaldate che si scambiano bacini con l’impronta del rossetto sulla carta. Sono cose che, diciamolo, non fanno vendere una copia in più. A che serve infierire ancora?
Dopo aver pubblicato ogni più minimo particolare sulle cene eleganti di villa Certosa, quelle con il fallo di Priapo omaggiato in quanto simbolo del padrone (in tutti i sensi) di casa, il genere si è esaurito per consunzione. Lui è il classico tipo che quando entra in una stanza il suo uccello è già lì da due minuti (è la battuta che gira).
Francesca Pascale con Berlusconi
Dunque, la Pascale vuole ringraziarmi di persona per non avere violato la sua privacy (che quasi un decennio dopo sarà lei stessa a svelare tanto da farne un’icona del movimento omosessuale) e un’amica come Melania Rizzoli si offre di ospitarci una sera a cena.
Lui, il Cavaliere non era previsto ma penso si stesse rompendo le palle solo con Dudù a palazzo Grazioli che alle 21 in punto lo vedo venirmi incontro contento come una Pasqua come fossimo vecchi amiconi.
antonio padellaro melania rizzoli
Eppure su Berlusconi - prima all’Espresso, poi all’Unità e infine al Fatto - ho scritto e sottoscritto qualsiasi cosa tranne, forse, che avesse crocifisso Gesù Cristo. E, invece, eccolo con un pacchetto da scartare: tre cravatte di Marinella, di quelle da annodare sui collettoni di agente immobiliare in carriera.
silvio berlusconi francesca pascale
Sembra davvero contento di vedermi. Inizialmente mi sembra una cosa strana ma poi rifletto: questo non è uno come noi che si offende, questo si sente il supermaschio alfa che con un assegno potrebbe comprarsi l’Italia. Cosa gliene frega degli insulti? Neanche li legge più. E’ come se il Padreterno tenesse la contabilità delle bestemmie: ehi tu una volta mi hai dato del porco vai all’inferno.
berlusconi palazzo grazioli 29
Ci accomodiamo in salotto. Mi fa: “Guardi dottore che prima di venire ho parlato con il dottor Letta che mi ha riferito che lei viene da un’ottima famiglia di dirigenti dello Stato, mi ha parlato molto bene di lei, anzi le porto i suoi saluti”. Con una sola frase mi ha appena spedito tre messaggi.
Intanto, sa tutto di me e della mia storia familiare. Poi, che Gianni Letta ne sa ancora di più. E, infine, che ho davanti a me una persona che fa della squisita cortesia, come si diceva una volta, la sua arma migliore.
Francesca Pascale siede alla mia sinistra in un’atmosfera così poco formale che riesce a smorzare la tensione anche se mi è chiaro non trattarsi di un convivio ma, sotto certi aspetti, di un prudente, garbato, regolamento di conti.
Per tutta la serata io e lui ci scrutiamo: tu non oltrepassare il limite e io non oltrepasso il mio. Difficile che in passato gli sia capitato di trascorrere del tempo chiuso in una stanza con qualcuno che per anni lo ha descritto come il male assoluto, un demone che comprando e corrompendo da un ventennio è diventato padrone di altre vite (delle nostre vite). Me lo potrebbe rinfacciare ma non lo fa e io evito perfino qualsiasi velata allusione. Niente di personale, è la regola non scritta.
Francesca Pascale mi ringrazia carinamente per non avere pubblicato quello che definisce il delirio di una pazza o giù di lì. Nega l’esistenza di una relazione sentimentale con la Bonev, al che Berlusconi sogghigna e se ne esce con la battuta più riuscita della serata: “Peccato…”.
Anche lei ride e danno l’impressione di una coppia molto affiatata o molto furba o entrambe le cose. Lui indossa una giacca blu che fa pendant con una t-shirt da yacht man anni Sessanta, gli mancano solo i bottoni dorati: occhieggia la bella fidanzata che veste un elegante tailleur bianco.
Gli chiedo un commento su Matteo Renzi. “E’ un fuoriclasse ma cinico e crudele”. C’è tempo anche per un commento sull’esperienza ai servizi sociali della “Sacra famiglia” di Cesano Boscone che sta scontando in quel periodo. “Una esperienza triste” e affonda gli occhi nel piatto, mormora qualcosa come “una sofferenza vissuta in prima persona”, “mi ha arricchito spiritualmente”.
E’ difficile che alla mia presenza confessi che ne ha piene le palle di quegli anziani malridotti. Mi chiedo se sia sincero quando appare così provato o se reciti la parte. Anche qui, forse, entrambe le cose. Assapora con parsimonia il tiramisù, si lamenta dei chili presi, si sente appesantito. Gli domando del suo Milan e si esibisce in un show da applausi.
Si rianima: “Quell’Allegri lì mi spaccava lo spogliatoio, l’ho dovuto cacciare e Seedorf faceva lo stesso, litigava con tutti ma ora abbiamo questo ragazzo qui Filippo Inzaghi, un grande campione rossonero a vita che anche come allenatore me ne dicono un gran bene e vedrà torneremo grandi anche senza quel Balotelli lì”.
“Ora la faccio ridere” e parlando di Super Mario comincia a sceneggiare, come fosse una barzelletta, di quando lo ha convocato per dirgli che gli è costato un occhio della testa e che segna troppo poco. Il Caimano si alza per rendere più efficace la scena che mima.
“Dunque un giorno lo chiamo e gli dico: “Dimmi Balotelli qual è lo scopo del gioco del calcio? Lui non capisce o fa finta”. Il Cavaliere scuote vigorosamente la testa imitando Balo e rende l’idea dell’espressione dell’attaccante sempre piuttosto accigliato, sospettoso, tipico di chi non si aspetta gentilezze ma una pedata nel sedere.
“Dunque te lo dico io”- e l’ex premier continua il racconto del colloquio-monologo- “lo scopo del gioco del calcio è quello di buttare la palla in rete, vero? E per segnare occorre superare la difesa avversaria e poi tirare con forza all’angolino come ti riesce benissimo, giusto? Ma come puoi tirare all’angolino se te ne stai lontano a centrocampo, giusto? E allora caro Balotelli mi spieghi per quale cazzo di motivo giochi sempre così lontano dalla porta avversaria?”. Nostalgia carogna.