Estratto dell’articolo di Emanuele Lauria per “la Repubblica”
giorgia meloni ospite allo speciale sulal mafia di porta a porta 6
La grande frenata. Toccherà agli sherpa della maggioranza decidere, ma il premierato è un progetto che si è già infranto sul feroce giudizio dei tecnici. Dopo gli ex presidenti della Consulta, negli ultimi giorni quaranta costituzionalisti sono stati auditi dalla commissione del Senato che ha in esame il testo: e sia gli esperti convocati dal centrodestra che quelli chiamati dall’opposizione ne hanno messo in luce le incongruenze.
Uno dei punti bocciati quasi da tutti è il premio di maggioranza del 55 per cento dei seggi in Parlamento al primo ministro eletto. Nicolò Zanon, docente di diritto costituzionale a Milano e già vicepresidente della Corte, ritiene più opportuno l’inserimento di un premio in una legge elettorale ordinaria, «senza inopportuni irrigidimenti in Costituzione».
La mancanza di una quota minima di voti da raggiungere, per il premier eletto, è un’altra contestazione diffusa: «È indispensabile fissare una soglia minima sufficientemente elevata e aggiungere un succedaneo sistema di ballottaggio», è la tesi di Fabio Cintioli, professore di diritto amministrativo all’Università degli studi internazionali di Roma.
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Sia Zanon che Cintioli sono docenti sentiti in commissione su richiesta del centrodestra. Il problema è avvertito anche dai colleghi chiamati a dare il loro parere su invito dell’opposizione: «Per la prima volta – dice Fulco Lanchester - all’interno di un testo costituzionale si inserisce la previsione confusa e inusitata di un sistema maggioritario con premio del 55 per cento, ma senza la soglia minima prevista dalla sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum».
La questione non è di poco conto, spiega il vicepresidente della commissione Dario Parrini (Pd): «Per come è scritto il ddl, se alla corsa per premier partecipano cinque candidati e uno la vince con il 25 per cento, quello che così viene eletto ottiene in regalo il 55 per cento dei seggi per le liste che lo hanno appoggiato. Un abuso pazzesco».
Che sostanzia l’accusa, rivolta alla riforma, di dar corpo a una deriva autoritaria. «Se la destra rifacesse una norma come il Porcellum, con le liste bloccate, finiremmo nella situazione in cui tre o quattro persone decidono chi guida il Paese e tutti i rappresentanti in Parlamento», aggiunge Parrini.
GIORGIA MELONI LUCIANO VIOLANTE
Altre critiche sono attese, martedì, dai presidenti emeriti di Camera e Senato riuniti a parlare della riforma dall’associazione degli ex parlamentari: Luciano Violante, l’ex comunista più amato dalla destra, non ha dubbi: «Questa norma - scrive su La Stampa - inciderà sulla condizione politica del Capo dello Stato, ne limiterebbe la libertà. E in questo momento storico, con società molto conflittuali, c’è bisogno di un arbitro».
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Il riserbo è alto ma in ambienti di FdI si apprende di un ripensamento possibile su alcune norme, a partire proprio dal premio di maggioranza. Non è un mistero, fra l’altro, che dentro il partito di Meloni ci siano esponenti di spicco poco convinti della cosiddetta norma antiribaltone, che preferiscono invece il sistema del “simul simul”, con lo scioglimento del Parlamento nel momento in cui il premier eletto dovesse essere sfiduciato.
sergio mattarella giorgia meloni centenario aeronautica militare
Dibattito aperto. Ma la riforma, uno dei cavalli di battaglia di Giorgia Meloni, segna già il passo. […]
sergio mattarella e giorgia meloni alla scuola nazionale dell amministrazione 2 NICOLO ZANON