1. UNA STRATEGIA A TAPPE PER POI DIRE SÌ AL MES
Francesco Verderami per il ''Corriere della Sera''
GIUSEPPE CONTE URSULA VON DER LEYEN
Il Mes si farà ma per ora non si dice. E se Conte tergiversa non è per motivi di politica interna, per i maldipancia dei grillini, ma per ragioni tattiche legate alla trattativa europea sul Recovery Fund. Il premier vuole evitare che un suo annuncio possa venire sfruttato dai Paesi «frugali» per un gioco al ribasso sulle risorse che sono state proposte dalla Commissione.
Ecco il segreto di Pulcinella che accompagna le conversazioni di governo e che aleggia nei colloqui di Conte con i partner europei, ai quali il premier chiede di «sostenere senza cedimenti» il piano presentato dalla von der Leyen. E quando argomenta la sua posizione, avvisando che «non si può delegittimare il lavoro di Ursula», tutti capiscono che il suo obiettivo prioritario è non veder ridotte le risorse. Ché di aumentarle ovviamente non se ne parla.
Ma sommando Mes, Sure, l' impegno della Bce a sostegno dei titoli di Stato e un nuovo scostamento di bilancio da chiedere al Parlamento, Conte si ritiene soddisfatto e immagina che il gruzzolo possa garantirgli la permanenza a Palazzo Chigi anche quando arriverà la bufera d' autunno: «Sarò ancora il garante della sicurezza sanitaria e della stabilità economica».
Solo che l' idea di sfruttare il tesoretto come scudo personale ha provocato la reazione dei partiti di maggioranza. Le parolacce pronunciate dall' intero stato maggiore del Pd quando il premier ha annunciato (senza avvisare) la convocazione degli Stati generali dell' economia, sono irriferibili. Il senso del dissenso è stato però riassunto in Consiglio dei ministri dagli interventi in sequenza di Franceschini, Guerini e Gualtieri, che - al contrario degli altri due colleghi abituati a nuotare tra i piranha - non è riuscito a celare l' irritazione per essere stato scavalcato nel suo ruolo.
È affrontando il problema del «metodo», che a Conte è stato trasmesso un messaggio «politico»: se crede di poter ballare da solo per assenza di alternative, commette un clamoroso errore di presunzione, perché il suo ruolo è garantito dalla fiducia che gli viene conferita. È così che va tradotta la richiesta del capodelegazione Pd e del ministro della Difesa di una «gestione collegiale». Un pizzino dev' essere stato sufficiente, visto che stavolta anche a Zingaretti erano saltati i venerdì. Assente per incarichi d' ufficio, Di Maio non si è potuto godere lo spettacolo del premier al quale veniva impartita una breve lezione di «strategia».
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
Perché i tatticismi, in questa congiuntura drammatica per il Paese, non sono ammessi. Il «piano di Rinascita» - che solo a nominarlo a Franceschini viene l' orticaria per ciò che gli evoca - non può ridursi nella fastosa celebrazione di un evento, «non si possono invitare le parti sociali a villa Pamphili per mostrare loro i giardini». Perché tre giorni per preparare l' evento sono «insufficienti», bastano forse per organizzare il catering: «Ma se il governo si presenta senza un reale progetto di rilancio dell' Italia, Bonomi ci sbrana». Il presidente di Confindustria già si è presentato, e non c' è dubbio che sfrutterebbe l' occasione.
A quel punto Conte non potrebbe neppure chiedere il soccorso del leader della Cgil, «perché nemmeno Landini ci potrebbe difendere».
Così l' evento mediatico si rivelerebbe un boomerang, e il Pd non vuole pagare il conto delle tartine. Neppure derubricare l' evento a «occasione di ascolto», come ha provato a dire il premier, sarebbe utile: «Ma per parlare di cosa - è stata la replica - se non abbiamo ancora definito gli strumenti che utilizzeremo?».
giuseppe conte dario franceschini
Il pressappochismo non si addice a una gestione di governo. E siccome la mole di risorse che sarà investita «impegnerà il Paese per gli anni a venire», serve un metodo: «Stabilire collegialmente gli interventi del disegno strategico; identificare i punti sui quali costruire un rapporto con le parti sociali; condividere il processo con le forze di maggioranza; coinvolgere nel progetto le forze di opposizione». Perché al Quirinale sono stanchi di ricevere telefonate dai leader del centrodestra che votano gli scostamenti di bilancio in Parlamento e poi nemmeno sono consultati da palazzo Chigi. No, per il Pd non è (più) tempo di party. E Conte non pensi di ballare da solo. Potrebbe incespicare.
2. IL CAVALIERE SOLITARIO AL BIVIO DEL MES
Stefano Folli Per ''la Repubblica''
L'argomento di tutti gli euroscettici, fino a ieri avversari più o meno espliciti della moneta unica, è diventato il seguente: poiché la Banca centrale europea ha deciso, per bocca della sua presidente Lagarde, di allargare in misura imponente il programma di acquisti di titoli di Stato, perché mai insistere con il ricorso al Mes e al fondo Recovery? Approfittiamo della Bce, vendiamole i nostri Btp in gran quantità (pur nei limiti, che pure esistono, dell' iniziativa di Francoforte) e così evitiamo le trappole che nell' Europa del Nord vorrebbero imporci con il piano salva-Stati.
S' intende che questa tesi, suggestiva in apparenza, è piuttosto contraddittoria. Nel momento in cui esalta il ruolo della Banca e plaude alla sua autonomia, l' euroscettico di ieri si scopre super-europeista e riconosce che nell' area dell' Unione, pur attraverso un percorso tortuoso, stiamo assistendo a un evento fuori del comune. Le vecchie battaglie anti-euro vengono seppellite nel cassetto dei ricordi e si sceglie di puntare per la prima volta sul successo di un progetto europeo, anziché sul suo fallimento.
senatori leghisti danno del pinocchio a conte
Tuttavia resta una distinzione che fa tutta la differenza: l' intervento della Bce è bene; il Mes invece è male. Per cui nelle prossime settimane si disputerà molto intorno alla questione, tutt' altro che secondaria.
Il Pd sostiene da tempo che bisogna chiedere il Mes senza perdere altro tempo. Ed è una posizione che ormai non ammette giravolte. Anche Conte, come sempre abile opportunista, è più che convinto di farvi ricorso, ma attende la fine del negoziato sul Recovery. Inoltre è molto prudente per non irrigidire i Cinque Stelle prima del tempo. I quali a loro volta sanno che dovranno remare in quella direzione, ma cercano di farlo senza dare troppo nell' occhio e senza perdere troppi pezzi lungo la rotta.
In tutto questo il premier paga la tendenza a muoversi come una specie di cavaliere solitario, poco propenso a informare i partiti delle sue mosse e costretto quindi a subirne il risentimento. La storia degli "Stati generali dell' economia" (e del "piano di rinascita") è piaciuta poco al ministro Gualtieri che ne sapeva poco o niente. E si capisce: in altri tempi non sarebbe stata nemmeno concepibile; oggi, in un sistema scricchiolante, quasi tutto è possibile. Di qui polemiche e conflitti che tuttavia, per mille ragioni, non sfociano mai nel loro esito fisiologico: la crisi di governo.
Si torna quindi al tema del Mes, di cui dovrebbe occuparsi il Senato nei prossimi giorni (il 17). L' argomento delle destre (Bce sì/Mes no) serve a premere soprattutto sui Cinque Stelle, mettendoli in contrasto con la loro base elettorale. Ma ecco il quesito: come mai, se la Banca centrale è così generosa nell' acquisto dei titoli, la questione del fondo salva-Stati appare ancora irrinunciabile, al punto che il Pd si trova al fianco di Berlusconi (vedi l' intervista alla Stampa )? Per un motivo finanziario e un altro politico.
Sul piano finanziario, si prevede che il governo dovrà affrontare uno scostamento di bilancio di circa 50 miliardi entro la fine dell' anno. Escluse per ovvie ragioni nuove tasse, poco realistici i consueti annunci (lotta all' evasione e taglio delle spese inutili), restano appunto i 37 miliardi del Mes e il Sure. La cifra complessiva è quella che serve. La seconda ragione è assai più politica. L' Europa chiede garanzie al Paese più indebitato. Garanzie nonché condivisione di uno spirito comune che peraltro alcune capitali del Nord contestano giudicandolo un cedimento al lassismo sudista.
Aderire al Mes significa entrare in un percorso ben definito, ancorando l' Italia a criteri precisi per la gestione futura del debito. Il che verrà senz' altro apprezzato dai mercati attraverso la riduzione dello spread.
giuseppe conte roberto gualtieri mes
Rifiutare il Mes, nell' ottica europea, vuol dire invece trasmettere il messaggio sbagliato nel momento in cui la Bce pone in atto uno sforzo poderoso con l' assenso, si suppone, delle maggiori capitali dell' Unione. In definitiva, accettare il Mes equivale a entrare fino in fondo nei meccanismi della nuova Europa immaginata da Angela Merkel a conclusione del suo lungo mandato. Rigettarlo per affidarsi solo alla Bce vuol dire smentire una volta di più la dimensione politica dell' Unione nel momento in cui si accetta, plaudendo, l' iniziativa finanziaria dell' istituto di Francoforte. È un passaggio cruciale per le forze politiche italiane. Di maggioranza come di opposizione.