Carlo Bertini per "la Stampa"
MATTEO RENZI ENRICO LETTA MEME
«Io farò di tutto, ma non possiamo essere decisivi a corrente alterna», avverte Matteo Renzi. Dietro le parole, la partita di un suo appoggio alla candidatura di Enrico Letta a Siena è compromessa: il leader dem non vuole trattare con lui. Se il suo antico rivale vorrà dargli i voti, bene, «altrimenti farà il gioco delle destre». Letta chiamerà in questi giorni i leader dello schieramento, da Speranza a Fratoianni, da Calenda a Conte, allo stesso Renzi, «ma non darà nulla in cambio - chiariscono dal Nazareno - men che meno vuole aprire un tavolo che incroci l'appoggio a Siena con la candidatura per il collegio di Roma Primavalle».
E se la posta in gioco con Iv è questa, come Ettore Rosato ha chiarito da giorni; se Pd e Iv litigano in regione Toscana come dimostrano le parole di fuoco della segretaria dem Simona Bonafè; insomma se i due ex premier non si siederanno a un tavolo, Italia Viva non potrà che appoggiare a Siena Stefano Scaramelli, vicepresidente del consiglio regionale toscano, che scalpita per conquistare un seggio alla Camera. «Il Pd ci evita e vuole i nostri voti, messa così sarà difficile non andare per conto nostro», avvisa Rosato. «Roma e Siena sono due piani non sovrapponibili», dicono dalle parti di Letta. «Non si può giocare a Risiko con le candidature».
Non sarebbe certo una novità l'ennesima frattura tra i due leader, uno pisano e l'altro fiorentino, che già dai tempi della Margherita duellavano nei territori toscani: uno in cordata con Rosi Bindi e Lapo Pistelli e l'altro con Andrea Marcucci e Nicola Danti. Litigi politici aspri già all'epoca, proseguiti quando entrambi pensavano di esser chiamati da Giorgio Napolitano per la premiership, dopo le disastrose elezioni del 2013. Quando fu scelto Letta, Renzi si candidò alle primarie del Pd per battere Bersani e avviare poi una convivenza con il neo-presidente che sapeva bene sarebbe stata difficile, per usare un eufemismo. Al punto che Letta lo andò perfino a trovare nel suo studio a Firenze, in una visita da premier a sindaco che avrebbe dovuto essere distensiva: ma Renzi si premurò di far sapere che lui non aveva siglato nessun accordo. Tregua armata, come i fatti dimostrarono pochi mesi dopo.
LA STRETTA DI MANO TRA ENRICO LETTA E MATTEO RENZI
Niente di strano che oggi Letta non si fidi al punto da non voler trattare su nulla e che Renzi voglia far pesare i suoi consensi in Toscana. Con il pungolo di Calenda che a sua volta vuole far correre nel "palio" di Siena la ex consigliera regionale Rosanna Pugnalini. Conflitti che rimbalzano nelle dinamiche interne al Pd, dove a fronte della inaffidabilità dei moderati, la sinistra chiede uno spazio più visibile, pur apprezzando la linea radicale tenuta dal segretario.
In mezzo a tante sigle, spunta un inedito asse tra due pezzi forti come Goffredo Bettini ed Andrea Orlando: giovedì condurranno un incontro, "La sinistra in campo", per lanciare un segnale. «Vogliamo costruire un terreno comune che riunifichi le nostre forze e le faccia pesare dentro il Pd», dice Bettini. L'ambizione è una rete con forze esterne al Pd, Sardine, organizzazioni cattoliche e confronto con Sinistra Italiana e Articolo 1. In prospettiva non si esclude una riunificazione con Bersani & co. per fare massa critica. Ma non oggi, perché incombono le amministrative e il partito punta ad un 4 a 1: se Roma, Bologna, Milano e Napoli vengono date per conquistabili, Torino resta un'incognita.
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