Francesco Loscalzo per l'ANSA
Induzione indebita a promettere o dare utilità: è l'accusa contro il procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta sulla corruzione coordinata dalla Procura di Potenza, competente sui magistrati jonici. Capristo avrebbe cercato, secondo l'accusa, di indurre una giovane pm di Trani (dove era stato Procuratore), Silvia Curione, ora in servizio a Bari, ad aggiustare un processo.
Però il sostituto - che Capristo definiva la "bambina mia" - non solo si oppose, ma denunciò tutto, senza alcun timore delle eventuali ritorsioni nei confronti del marito, anche lui magistrato, all'epoca in servizio proprio nella Procura di Taranto. Insieme a Capristo - che respinge ogni accusa - sono finiti ai domiciliari l'ispettore di Polizia Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto e uomo di fiducia del Procuratore fin dai tempi di Trani, e gli imprenditori baresi Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, mandanti secondo l'accusa dell'induzione indebita.
E' indagato anche l'ex procuratore della Repubblica di Trani, Antonino Di Maio, accusato di favoreggiamento e abuso d'ufficio perché con le sue azioni avrebbe provato a "procurare l'impunità" di Capristo. A Trani - sempre secondo l'accusa - Capristo avrebbe creato negli anni un suo "club di fedelissimi": per il gip di Potenza, Antonello Amodeo, tale legame sarebbe anche "di natura 'affaristica', ossia orientato a privilegiare gli interessi personali dei suoi componenti".
Dalle indagini, cominciate circa un anno fa e che fanno riferimento ad episodi accaduti tra l'aprile 2017 e l'aprile 2019, è emerso che i cinque uomini arrestati, "in concorso", avrebbero cercato di convincere la pm Curione a perseguire per usura una persona, così gli imprenditori avrebbero potuto ottenere indebitamente i vantaggi economici e i benefici di legge per le persone "usurate". Scivittaro si presentò nell'ufficio della pm Curione "a nome e per conto" di Capristo per chiedere di portare avanti il processo.
La giovane pm però si rifiutò e inviò una relazione di servizio al procuratore Di Maio, che decise allora di trattare direttamente il procedimento contro Capristo, chiedendone l'archiviazione. Ma "in ragione dell'infondatezza della richiesta", la Procura generale di Bari avocò a sé l'inchiesta e la trasmise per competenza alla Procura di Potenza. Capristo e Scivittaro, inoltre, sono accusati di truffa ai danni dello Stato e falso ideologico: gli investigatori hanno scoperto che in alcune centinaia di casi l'ispettore risultava presente in ufficio e percepiva gli straordinari, ma in realtà stava a casa e svolgeva "incombenze" per conto del procuratore.
Attraverso il suo legale, l'avvocato Angela Pignatari, Capristo ha negato "recisamente ogni addebito" e ha "rivendicato la legalità, la dignità e il rispetto della funzione da sempre esercitati nel suo ruolo professionale e nella sua vita privata". Stamani sono stati perquisiti anche gli uffici della procura di Taranto: "Si tratta di fatti - ha specificato il procuratore aggiunto, Maurizio Carbone - che non riguardano l'attività del nostro ufficio, che continua il suo operato con il massimo impegno e con la serenità di sempre".