IL SESSANTOTTO PICARESCO DI DON BACKY – RIPROPOSTO DOPO 51 ANNI L'ESPLOSIVO LIBRO DEL CANTAUTORE, "IO CHE MIRO IL TONDO": UN AFFRESCO AL CONTRARIO DEL CLIMA PLUMBEO ED “IMPEGNATO” DEL PERIODO: DONNE, DIVERTIMENTO E ''UN’ISOLA CHE NON C’E’”
Quando nel 1967 l' editore Giangiacomo Feltrinelli si trovò tra le mani il romanzo di Don Backy Io che miro il tondo, pensò di sicuro: questo sì che è sperimentalismo rivoluzionario, evviva!
In effetti l' opera prima del cantautore toscano era per tanti versi esplosiva: non aveva una vera e propria trama, tutti i personaggi erano perdigiorno casinisti e sognatori, le sequenze narrative erano arruffate e stralunate, non c' erano né una logica né una morale nemmeno a cercarle col lanternino, lo stile faceva a cazzotti con l' italiano letterario, giocando con la sintassi e con il lessico, e proponendo un "pasticciaccio" linguistico in salsa toscano-ruspante-picaresca.
Ora, a mezzo secolo di distanza, la fiorentina Clichy ripropone questa storia strampalata (pp. 197, euro 15) dove c' è di tutto e di più, in un sovraccarico caotico e colorito. Bè, vale la pena di farci un tuffo dentro per trovare non lo spiritaccio plumbeo del '68 ideologico ma lo spiritello ludico, creativo e libertario di un gruppo di amici "pirati" che in un paesotto della Toscana reinventato dalla fantasia - Santa Croce diventa St. Cruz -, alla fine degli anni '50, si inventano presente e futuro tra sgangherate sale da ballo, corteggiamenti a pupastre che ci stanno un po' sì e un po' no, lunghe chiacchierate sui massimi sistemi.
Partiranno per l' isola che pareva non ci fosse e invece c' era. Bastava trovarla folleggiando, da irriverenti menefreghisti impolitici.