DAGOREPORT
Generali Assicurazione è stata la prima disfatta, a seguire è arrivata Mediobanca a sbarrare la porta di piazzetta Cuccia alle smanie di conquista di Milleri e Caltagirone. I fondi internazionali, ai nuovi arrivati, hanno preferito i dividendi doviziosi e certi elargiti da Donnet e Nagel. Nella Milano della finanza, all’indomani, circolarono voci di un rapporto in crisi tra il giovane erede di Del Vecchio e l’ottuagenario editore del “Messaggero”.
Ovviamente, di lanciare un’Opa non se ne parla: più conveniente entrare dalla porta di servizio. Con l’arrivo di Giorgia Meloni, Caltariccone mette a disposizione le pagine del suo “Messaggero” al nuovo potere e, un pranzo tira l’altro, trova una leva per i suoi sogni di gloria nella persona di Fazzolari. Il braccio destro (e teso) della Ducetta è l’artefice di due genialate: la tassa sugli extra profitti bancari e il decreto Capitali.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
La prima sappiamo bene come è finita nella polvere. Per la seconda, invece, i giochi si chiuderanno il 6 febbraio alla Camera, con il voto in aula. Nel giro di venti giorni, comunque entro la fine del mese, il via libera definitivo del Senato. Il DDL Capitali rappresenta la rivincita del Calta perché esporrebbe fra un anno e mezzo all’ingovernabilità prima Generali e poi tra tre anni Mediobanca.
Non solo: molte altre società si troverebbero penalizzate senza una maggioranza assoluta e gli investitori internazionali non si azzarderebbero a mettere i propri capitali in imprese italiane.
ARTICOLO DEL FINANCIAL TIMES SU GIORGIA MELONI
L’8 gennaio scorso un articolo del ‘’Financial Times’’ mise il dito nella piaga: “Le misure dovrebbero rilanciare l'economia italiana e arginare la fuga delle aziende locali verso i paesi concorrenti dell'UE, in particolare i Paesi Bassi. Dovrebbero inoltre favorire direttamente il programma di privatizzazioni del governo, che dovrebbe raccogliere 20 miliardi di euro nei prossimi tre anni.
“Ma tra alcune aziende e azionisti si è diffuso l'allarme che la normativa, anziché liberalizzare e incentivare gli investimenti nelle imprese italiane, possa fare il contrario. Gli emendamenti tardivi hanno conferito al testo una piega protezionistica, a vantaggio degli interessi degli alleati della Meloni e potenzialmente scoraggiando gli investimenti internazionali.
“Tra gli emendamenti più eclatanti c'è una norma che incentiverebbe in modo estremo la detenzione di azioni per 10 o più anni, concedendo a questi investitori un diritto di voto 10 volte superiore a quello degli azionisti a breve termine. Sebbene la disposizione si applichi teoricamente a qualsiasi investitore, di fatto favorisce alcuni tipi di azionisti italiani… ciò metterebbe fuori gioco gli attivisti degli hedge fund.
“Inoltre, i nuovi meccanismi contorti per la nomina degli amministratori renderebbero potenzialmente inapplicabile un regime di corporate governance già di per sé bizzarro, in cui i consigli di amministrazione delle grandi società e gli azionisti più attivi spesso propongono liste di candidati amministratori in competizione tra loro.
Fabio Corsico Franco Caltagirone matteo Piantedosi
Conclude il quotidiano britannico: “Il beneficiario più evidente del disegno di legge emendato è il miliardario Francesco Gaetano Caltagirone, ottuagenario barone delle costruzioni e dei media, azionista di rilievo di due dei più potenti gruppi italiani di servizi finanziari, Generali e Mediobanca. Lui e i suoi alleati sono stati ostacolati nel tentativo di imporre nuovi consigli di amministrazione in entrambe le società. Caltagirone è anche un alleato chiave per il governo della Meloni: possiede giornali influenti in regioni dove il suo sostegno è forte”.
Ed ecco appalesarsi a Londra il Richelieu di Caltariccone, Fabio Corsico impegnatissimo a mandare sempre più messaggi agli investitori, come già fece prima delle assemblee di Generali e Mediobanca. E vantando forti aderenze a Palazzo Chigi, ingiunge loro di astenersi dal commentare (lui, semmai, auspicherebbe un plauso) il DDL Capitali.