TOSI REAGISCE ALLA NOTIZIA DI ESSERE INDAGATO PER CONCORSO IN PECULATO IN UNA MAXI-INCHIESTA SULLA NDRANGHETA IN VENETO: ''NON NE SO NULLA, NE USCIRÒ TOTALMENTE ESTRANEO, COME IN TUTTE LE ALTRE OCCASIONI. DA SINDACO…'' - PER IL GIP, I MAFIOSI HANNO SVOLTO I LORO SPORCHI AFFARI PER TRENT'ANNI, RICICLANDO SOLDI DELLA DROGA E TROVANDO TERRENO FERTILE IN ATTIVITÀ ECONOMICHE D'INTERESSE (COME LE SALE DA GIOCO), CON APPOGGI NELLA SOCIETÀ CIVILE E IMPRENDITORIALE

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Michele Fullin per “il Messaggero

 

In Veneto la mafia c'è ed è stabilmente radicata in gran parte del territorio. Non tanto Cosa Nostra o Camorra, ma soprattutto Ndrangheta, le cui basi sono state scoperte prima ad Eraclea, poi a Padova e infine a Verona. L'operazione Isola Scaligera, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, ha portato ad un'ordinanza di custodia cautelare (in carcere e ai domiciliari) emessa nei confronti di 26 soggetti, dei quali ben 16 hanno in capo d'imputazione l'articolo 416 bis del Codice penale. Associazione mafiosa.

 

FLAVIO TOSI FLAVIO TOSI

INDAGATI ECCELLENTI

Le richieste del pubblico ministero Lucia D'Alessandro (che ha fatto un lavoro certosino studiando migliaia di pagine e coordinando gli investigatori) riguardavano 58 soggetti. Gli indagati, a vario titolo, senza richieste di misure cautelari, sono molti di più. Tra questi figura anche l'ex sindaco di Verona, Flavio Tosi, al quale viene contestato il reato di peculato per un episodio di poche migliaia di euro risalente al 2017. Tosi ha spiegato: «Non ne so nulla, ne uscirò totalmente estraneo, come in tutte le altre occasioni. Da sindaco sono sempre stato rigorosissimo nel mio mandato».

 

Tra i destinatari di misura cautelare ci sono anche due esponenti dell'Amia, l'azienda comunale di igiene urbana: il presidente Andrea Miglioranzi e il direttore tecnico Ennio Cozzolotto. Questi ultimi avrebbero agevolato una società riconducibile alla malavita organizzata nella gara per alcuni corsi antincendio e antinfortunistica. Contemporaneamente, sono stati effettuati sequestri per 15 milioni, tra beni immobili e quote societarie.

 

MAFIA SILENTE

Nel capoluogo scaligero, al centro di una delle zone più ricche a livello europeo, è emerso che gli esponenti della Ndrangheta hanno svolto i loro sporchi affari per trent'anni, riciclando soldi provenienti dal traffico di stupefacenti e trovando terreno fertile per fare il bello e il cattivo tempo in attività economiche d'interesse (come le sale da gioco), ricorrendo a intimidazioni per far capire chi è che comanda, ma senza esercitare un controllo militare del territorio.

 

POLIZIA OPERAZIONE ANTI NDRANGHETA POLIZIA OPERAZIONE ANTI NDRANGHETA

 Un modo di fare violento, ma - come ha sottolineato il Gip di Venezia Barbara Lancieri - silente, privo di richiesta, «che integra perfettamente la modalità mafiosa qualora l'associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo il ricorso a specifici comportamenti di violenza e minaccia». Ma soprattutto, questo tipo di criminalità ha trovato un certo appoggio nella società civile e nel mondo imprenditoriale.

 

L'inchiesta ha richiesto più di due anni di accertamenti da parte del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia, delle Squadre mobili di Verona e Venezia nonché dei reparti Prevenzione crimine e della Scientifica.

 

IL CAPO

A capo di tutti ci sarebbe Antonio Giardino, detto Totareddu o Il Grande, 51 anni, personaggio dall'indiscusso spessore al quale viene accreditata una posizione di potere in Veneto e gli è attribuito il merito di aver composto la faida a Isola di Capo Rizzuto tra gli Arena-Nicoscia e i Capicchiano, che ha provocato decine di morti. Insomma, per gli inquirenti, saremmo di fronte a un vero pezzo da novanta.

 

«Questa attività non nasce da una notizia di reato - ha spiegato il responsabile della Direzione nazionale anticrimine della polizia, Francesco Messina - ma dal monitoraggio di attività anche imprenditoriali sul territorio che hanno portato ad attenzionare alcuni soggetti che non sembravano far parte di organizzazioni criminali. Il sequestro di 15 milioni testimonia come questi volessero progredire con la provvista in nero, allo scopo di affiliare dal punto di vista economico diversi soggetti che non sempre hanno avuto solo danni ma anche diversi vantaggi. L'imprenditore alla fine è quasi complice. La cosa triste - ha concluso - è che spesso questa gente si vende per poco: qualche migliaio di euro».

 

ANTICORPI

tosi tosi

«La situazione è allarmante - ha poi detto il Procuratore capo, Bruno Cherchi - significa che c'è la possibilità di un contatto tra la struttura politico amministrativa e la criminalità organizzata. Un segnale nuovo per il Veneto. Siamo contenti che abbiamo lavorato bene, ma come cittadini restiamo un po' sconcertati. Sono sicuro che esistono dei buoni anticorpi a livello politico amministrativo e sociale, ma come si è visto, non sono bastati. Bisogna supportare - ha concluso - l'attività di polizia e degli uffici giudiziari. Non sono il primo a segnalare la situazione drammatica dei nostri uffici che ci limita fortemente nell'attività di contrasto alla criminalità organizzata».

 

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