DAGONOTA
Qual è la motivazione che spinge alcuni a diventare così mirabilmente imbecilli? E come si fa a comportarsi con la grazia di un bidone di rifiuti sulla prima pagina di “Repubblica”? Prendete con le dovute cautele (una paletta e un sacchetto di plastica, vanno bene), Antonio Monda. Non è una piaga ma una piega sociale senza la quale la nostra industria dello svago crollerebbe.
antonio monda saluta il sindaco roberto gualtieri foto di bacco
Ferito nell’orgoglio di non essere stato riconfermato dal sindaco Gualtieri alla direzione artistica una dalla Festa del Cinema di Roma, possedendo il senso del ridicolo altrui, non del proprio, dopo aver cercato la riconferma invocando amici (fidati) e parenti (politici) tra le due sponde dell’Atlantico, Monda ha cambiato ‘’l’odio al motore’’: smessi i panni vellutati del dandy(cariato) e quell’espressione ammorbidente da ciuccia-banane, ha indossato quelli ruvidi del Marchese del Grillo. Lasciandosi così andare al fatidico (e incorreggibile) insulto all’Alberto Sordi:” Io so io e voi non siete un cazzo”.
Come a dire? Dopo di me, il Dio sole che illumina lo schermo, il buio calerà per sempre nelle sale dell’Auditorium romano che ospita la Festa del Cinema. E senza alcun rispetto per chi lo sostituirà negli incarichi per rilanciare con un nuovo progetto la Festa del Cinema a cui sono state chiamate, a giudizio del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: “due grandissime personalità del mondo del cinema, Gianluca Farinelli e Paola Malanga”. Tant’è.
Per tornare al martirio del divin-Monda(no), era dai tempi della scomparsa del pontefice buono, Angelo Roncalli, che non venivano versate sui giornali tante lacrime (di piombo), accompagnati dai singhiozzi di vedove affrante da Meryl Streep a Bob De Niro (sarà vero?), per il benservito dal soglio dell’Auditorium del suo direttore artistico. Tutti in coro: “Non è più un uomo, Monda è il Cinema!”. E per l’immortale serie “’Sti cazzi!”, giù paginate quotidiane che hanno rallegrato i lettori romani di “Repubblica”, “Il Foglio”, “Il Messaggero”.
Proprio lui, che nel 1990 provò la carriera di regista, doveva comprendere che la settima arte non era per lui. Grazie ai buoni uffici dello zio democristiano Riccardo Misasi, braccio destro di Ciriaco De Mita, gettò sul grande schermo il suo unico dimenticabilissimo film, “Dicembre”, finanziato ovviamente con i soldi pubblici, presentato pure a Venezia, che si rivelò puro veleno per il botteghino.
A quel punto, il nostro Pallore Gonfiato s’imbarca per le Americhe con moglie e figli “a causa – racconterà al “New York Times” – della disavventura giudiziaria dello zio che gli è costata la vita politica e poi quella fisica” (Misasi fu accusato di mafia e corruzione e poi assolto).
Essì. Ne ha fatta di strada il divin-Monda(no) di Velletri: da super-intendent di un palazzo sull’Upper East Side di Manhattan a “istituzione culturale italiana”. Dove qui risiede in Central Park West con generosi contratti alla Rai di viale Mazzini (da Rainews a Raiplay). Un monumento alla sua modestia.
Non può che sorprendere, allora, che al momento dei titoli di coda del film della sua vita, il nostro eroe esca di scena recitando, alla maniera del Sordi-Marchese del Grillo, il monologo delle proprie virtù e capacità artistiche sul giornale-teatrino in cui scrive, “la Repubblica”, grazie al suo rapporto newyorkino prima con Lapo e poi con John Elkann.
john e lapo elkann foto mezzelani gmt 221
La sua epica arroganza, la quale fa continuamente il verso a se stessa, non partorisce un topolino bensì il suo contrario, un bel cagnone grosso e greve, che abbaia tanto, ti salta addosso (se non sei nessuno), ti lecca la faccia (se sei un potente), ma presto ti stanca con la sua esuberanza e tu vorresti chiuderlo in una cuccia.
Diceva il regista francese Jacques Tati: “Per risolvere tutti i problemi economici, basterebbe tassare la vanità”. Già, con il divin-Monda(no), “che se crede d’esse er papa dei cinematografari” l’erario si farebbe addirittura ricco. L’autore dei pensieri spettinati, Stanislaw J. Lec a sua volta ammoniva sulla superbia esibita dal nostro: “Ciò che si gonfia, per natura deve essere piatto”.
Per tornare agli umori dell’urbe e alla decisione del Campidoglio di rinnovare, dopo sette anni! i vertici della Casa del Cinema, così motteggiava pure il Belli a proposito de “Li morti de Roma” vanagloriosi: “Cuelli che ssò, dde mezza tacca/ Fra ttanta ggente che sse va a ffà fotte/ Vanno de ggiorno, cantando la stracca /Verzo la bbùscia che sse se l’ha dda iggnotte”.
Tra tanta gente che se ne va a morire nella guerra in Ucraina e le scintille nel governo Draghi, l’epitaffio scritto di suo pugno dall’immortale cinephile “dde mezza tacca” (mediocre) – “hall notch a Little Italy -, che da solo si scava la fossa (bbùscia), trovava la sua lapide addirittura nella prima pagina della “Repubblica” di Maurizio Molinari.
goffredo bettini a stasera italia
“Una squallida verità su una scelta miope” è inciso sulla pietra sepolcrale (titolo) eretta dal divin-Monda(no) sulla prima pagina del quotidiano fondato da Scalfari. Della serie alla Caterina Caselli, non avendo noi sottomano come Antonio da Velletri l’amicizia e la confidenza di un Bob Dylan o di un Paul Auster: “Nessuno mi può giudicare”.
Nemmeno tu, Dagospia, (vigliaccamente senza citarlo) propagatore di una “violenta campagna denigratoria” che ‘’mai pagherei con la pubblicità per far sparire ogni attacco magicamente dal sito…”. Imbecille, ma come ti permetti? Se lo scrivi, lo provi. Sputare contro vento, proprio mentre salgono gli osanna da parte “degli esponenti della cultura mondiale” orfani della tua direzione artistica, non è da uomo di Monda.
A questo punto, non avendo né partiti presi né interessi economici, se le notizie pubblicate da questo disgraziato sito (non le marchette dei suoi compagni di merende) sull’intenzione della giunta Gualtieri di non rinnovargli l’incarico hanno contribuito alla sua cacciata, francamente ne saremmo orgogliosi.