DAGOREPORT
Sarà colpa di Caronte in calore. Sarà un contraccolpo alla vita di un figlio “danneggiato” come Lapo. Sarà che l’altro rampollo, John, i giornali li compra ma non li legge.
O forse è solo un fenomeno di insensatezza cerebrale. Fatto sta che dopo che avrete letto il pezzo di Alain Elkann su "La Repubblica", pagine culturali (sic!) apparirà verosimile la leggendaria frase attribuita dal chiacchiericcio all’Avvocato Agnelli in merito al matrimonio della figlia Margherita: “Com’è possibile che con tutti gli ebrei brillanti in giro, abbia scelto questo idiota?”.
L ARTICOLO DI ALAIN ELKANN SUI GIOVANI LANZICHENECCHI IN TRENO
Ma nemmeno col naso in overdose l’Aristocratico delle quattro ruote di Torino sarebbe riuscito a immaginare un “breve racconto” così rotondamente insulso, inutilmente offensivo, così traboccante di spocchiosa vanità, tracotante di prosopopea, in modalità ‘compact-chic’.
E quando la sinistra elegante, informata, inserita, quella sinistra snob che gode dei privilegi di libertà e di ricchezza culturale e sociale abbondanti, militante di una "minoranza spirituale", si trova davanti agli "atteggiamenti della gente comune", tradisce la sua natura originaria (coglione) per un generico accreditamento intellettuale (da rincoglionito).
Il conformismo delle élite, si sa, è peggiore di quello delle masse, perché è saccente per l'estrema boria e sprezzante per intransigente paranoia, ma soprattutto è la Quintessenza dell’irresponsabilità politica. Come un Nanni Moretti inviperito, letto il “racconto breve” di Alain Elkann, ci sta perfetto: “Ve li meritate Meloni, La Russa, Santanchè, Donzelli!”.
JOHN, LAPO, ALAIN E GINEVRA ELKANN
Il sovranismo alla cacio e pepe di questi quattro peracottari giunti a Palazzo Chigi è frutto solo degli errori e della boria di una sinistra finita sul Caviale del Tramonto, impegnata a concionare sull'utero in affitto e zuppe di nozze in salsa "Oggi queer, domani Allah" delle povere Murgia.
Eccolo, senza museruola e guinzaglio, un Elkann in viaggio per Foggia che si contorce in pieno disprezzo umorale per un gruppo di giovani “lanzichenecchi” perché indossano pantaloni corti, esibiscono tatuaggi e smanettano l’Iphone.
E spalancano le fauci parlando di ragazze, spiagge e “night” (ma quando mai un adolescente di oggi usa “night” per discoteca?).
il matrimonio tra margherita agnelli e alain elkann
Mentre l’Infelice Benestante di casa Agnelli si dipinge così: “Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera.
Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica...”.
Dopo queste righe, per comicità, sfigurano gli straordinari libri di Paolo Villaggio su Fantozzi. Però Scalfari così lo fanno uscire dalla tomba.
SUL TRENO PER FOGGIA CON I GIOVANI LANZICHENECCHI
Alain Elkann per la Repubblica
Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni. T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde.
E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio.
gianni agnelli lapo e john elkann
Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.
Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni.
JOHN, LAPO, ALAIN E GINEVRA ELKANN
Intanto il treno, era arrivato a Caserta.
Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento. Pensavo di aver sbagliato treno, ma invece è così. Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi.
A un certo punto, poco dopo Benevento, mentre erano sempre seduti o quasi sdraiati ai loro posti, ammassando nei vari cestini per la carta straccia lattine di Coca Cola o tè freddo, uno di loro ha detto: «Non è che dobbiamo stare soli di sera: andiamo a cercare ragazze nei night».
Un altro ragazzo più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile ha detto: «Macché night! Credetemi, ho esperienza. Bisogna beccare le ragazze in spiaggia e poi la sera portarle fuori e provarci. La spiaggia è il posto più figo e sicuro per beccare».
Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust.
Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo.
Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi.
Per loro chi era costui?
Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla.
Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento?
Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome.
I GIORNALISTI DI REPUBBLICA SI DISSOCIANO DALL’ARTICOLO DI ALAIN ELKANN (PADRE DELL’EDITORE): “CONTENUTI CLASSISTI”
Estratto dell’articolo di Alberto Marzocchi per www.ilfattoquotidiano.it
Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”. Si intitola così l’articolo firmato da Alain Elkann, uscito stamattina sulle pagine culturali de la Repubblica. Un racconto, in prima persona, sul treno Roma-Foggia, che vede il giornalista “vittima” di quelli che lui stesso definisce “lanzichenecchi”, cioè giovani un po’ chiassosi che, evidentemente, infastidiscono per qualche ora il padre dell’editore di Repubblica e presidente del gruppo Gedi. Il reportage (?), pubblicato a pagina 29, ha fatto saltare sulla sedia diversi giornalisti della testata, tanto che nel primo pomeriggio il cdr (comitato di redazione) ha inviato una mail, a colleghe e colleghi, per prendere le distanze dai contenuti dello scritto.
“Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro – concludono nella nota – siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà”. […]