Dagoreport
"La Chiesa non è contro il Ddl Zan e non lo contesta né sul piano teologico né nel merito. Si chiede solo la rimodulazione di due punti caratterizzati da una criticità tecnica affinché siano più facilmente interpretabili".
Don Filippo Di Giacomo, giornalista e canonista, interviene sulla ridda di polemiche scatenate dalla pubblicazione della "nota verbale" con cui il Vaticano segnalava al governo le sue perplessità sul Ddl Zan.
"Il primo equivoco della vicenda - precisa Di Giacomo - è legato alla natura del documento in questione. Si tratta di una "nota verbale", ovvero il modo usuale con cui le diplomazie si parlano, si confrontano e scambiano osservazioni. Enfatizzarlo come una 'lettera ufficiale' è pura idiozia, anche perché siamo in una fase interlocutoria del dialogo tra due parti, lo Stato italiano e la Chiesa, i cui rapporti sono regolati dall'articolo 7 della Costituzione. Il confronto verte sulla difesa di quegli spazi di libertà religiosa che riguardano non solo i cattolici ma anche ebrei, musulmani e i seguaci di altre confessioni".
Gli attacchi di Fedez alla Santa Sede? Il cantante ha berciato: "Il Vaticano non paga le tasse immobiliari e dice che l'Italia sta violando il Concordato". Notizia mezza tarocca visto che, nel 2020, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha pagato 5,95 milioni di euro di IMU, 2,88 milioni per l'Ires senza contare le imposte pagate da Governatorato, Propaganda fide, Vicariato di Roma, Conferenza Episcopale italiana e singoli enti religiosi…
"Evidentemente il cantante si considera uno specchio di virtù - ironizza Di Giacomo - In Italia è diffusa un'idea di laicità che fa ridere: della serie, se parla un prete bisogna metterlo a tacere. E' una "laicità" in chiave anti-cattolica.
Uno stato laico non interviene, non si intromette e non ha pregiudizi. Negli ultimi mesi, invece, una quindicina di funzioni religiose sono state interrotte mentre si stava pregando per i malati o per le persone bisognose. Alcuni parroci sono stati denunciati solo perché nel bollettino parrocchiale ricordavano, sui temi della sessualità, quel che c'è scritto nel catechismo…".
"Si parte sempre dal preconcetto - prosegue Di Giacomo - che ogni volta che parla un prete, stia esprimendo un "no". Mentre sul caso del Ddl Zan si sta solo manifestando, nel rispetto dell'articolo 21 della Costituzione, una perplessità su due articoli (tra cui quello legato alle sanzioni) non chiari e, dunque, non idonei a garantire la piena libertà di coscienza.
D'altronde quel che la Chiesa chiede, cioè una rimodulazione di due passaggi del testo per una più facile interpretazione e una più serena osservazione della legge, è stato espresso anche dagli esperti, tra cui ex presidenti della Corte costituzionale, sentiti dalla Commissione parlamentare".
Di Giacomo piccona anche l'apparente monolite di consenso intorno al controverso disegno di legge: "Dieci giorni fa c'è stato un convegno, organizzato da un'associazione Lgbt, dal titolo "Per salvare il Ddl Zan, cambiamo il Ddl Zan". Siamo sicuri che il mondo Lgbt, nella sua totalità, aderisca senza riserve alla proposta?".
Resta una questione "politica", tutta interna al Vaticano, sulla diffusione della "nota verbale": chi l'ha data alla stampa? Di Giacomo non ha dubbi: "E' uno sgarbo al Papa. La diplomazia non è un oggetto rococò da mettere in salotto e si muove a un livello in cui la discrezione è sovrana.
Come diceva l'arcivescovo Marcinkus 'il Vaticano è un paese abitato da 500 lavandaie'. Quel che va precisato è che chiunque abbia deciso di dare il documento ai giornalisti non è certo estraneo alla gestione Bergoglio. Nella Santa Sede vige uno spoil system totale: da quando è stato eletto, otto anni fa, il Papa ha nominato molte persone, ne ha sostituite altre. E oggi chi ricopre un incarico di responsabilità Oltretevere, è stato scelto da lui…"