Vera Martinella per corriere.it- Estratti
L'ultimo annuncio risale a pochi giorni fa: Achille Polonara, 31 enne giocatore di basket in forze alla Virtus Segafredo Bologna, deve fermarsi per essere operato di tumore ai testicoli. L'elenco dei giovani sportivi che hanno dovuto affrontare la stessa malattia, però, è piuttosto lungo.
Come mai? «Perché è una neoplasia che colpisce soprattutto uomini con meno di 40 anni, difficilmente si hanno casi in età superiore — risponde Sergio Bracarda, presidente nazionale della Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO) —. La buona notizia è che quello al testicolo al momento è uno dei tipi di cancro più curabili e la sopravvivenza a cinque anni si attesta al 94%. Se viene scoperto alle prime fasi la percentuale sale fino al 100% mentre nelle forme più avanzate i risultati in termine di guarigione sono del 75-98%». Lo dimostrano anche le vicende dei numerosi atleti che hanno raccontato la malattia.
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Le terapie del tumore ai testicoli
La conferma arriva da uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Annals of Oncology che ha analizzato i dati di quasi 500 pazienti curati tra il 1980 e il 1994: 30 anni dopo, la qualità di vita di molti guariti risulta praticamente uguale a chi il cancro non l'ha mai avuto. Per il cancro ai testicoli, le cure «tradizionali» (chirurgia, chemio e radioterapia), sono efficaci e garantiscono ottimi risultati anche nelle forme di malattia avanzata. «Se la malattia è individuata in fase iniziale ed è limitata al testicolo, la sola chirurgia può bastare nella maggioranza dei pazienti — spiega Nicolai —. Nelle forme più avanzate, invece, è necessario utilizzare la chemioterapia e una chirurgia più complessa. Per migliorare ulteriormente una percentuale di guarigioni già alta (quella che si aggira al 94%) ci sono poi studi in corso, in particolare sull’uso di nuovi biomarcatori per l’individuazione precoce della recidiva di malattia».
La fertilità può essere preservata
Il testicolo è un organo fortemente associato alla mascolinità, alla sfera sessuale e ovviamente anche alla fertilità. «Ma la possibilità di avere figli si può e si deve salvaguardare, anche per chi ha subito l’asportazione dell’organo e poi ha ricevuto chemio o radioterapia — sottolinea Nicolai —. Visto che la maggior parte dei pazienti è giovane è fondamentale che i ragazzi ricevano, prima di iniziare l'iter di cure, tutte le informazioni necessarie per poter avere una vita normale, dal punto di vista ormonale, e diventare padri. Bisogna inserire il paziente in un adeguato percorso di assistenza e stabilire che esami svolgere, con quali tempistiche, se prevedere o meno il coinvolgimento dell’andrologo o di altri specialisti. Incluso uno psicologo, che può dare un sostegno prezioso per aiutare a gestire al meglio l'impatto della malattia».
I sintomi del tumore ai testicoli
Pur essendo un tipo di cancro relativamente raro, in Italia si contano circa 2mila nuovi casi ogni anno di tumore ai testicoli, che è comunque la neoplasia più frequente negli uomini con meno di 40 anni. Così oggi, oltre 63mila connazionali vivono dopo aver ricevuto la diagnosi.
Quali sono i segnali da non trascurare? «I sintomi, di cui essere consapevoli e da non sottovalutare, comprendono — risponde Giario Conti, segretario nazionale SIUrO — : rigonfiamento del testicolo (tipicamente sotto forma di una tumefazione dura), sensazione di pesantezza, dolore sordo nella parte inferiore dell’addome o all’inguine, dolore o senso di disagio al testicolo. Nei maschi con storia di testicolo con ritardata discesa, un’anomalia non grave che riguarda molti bambini, atrofia testicolare, precedente tumore testicolare o familiari di primo grado affetti dalla malattia, l'autopalpazione è indicata periodicamente, mentre una visita urologica specialistica annuale è consigliabile per chi ha un testicolo ritenuto o che ha un vero criptorchidismo (la mancata discesa del testicolo nel sacco scrotale).
«Nei ragazzi, ogni tumefazione dura, indolente e a crescita progressiva del testicolo deve far pensare alla presenza di un tumore e non, come spesso succede, ai postumi di un’infiammazione, magari legata ad una pallonata un po’ più violenta del solito — conclude Conti —. L’autopalpazione, così come avviene per il tumore al seno nelle donne, è fondamentale per arrivare a una diagnosi precoce, che consente di raggiungere l’obiettivo guarigione utilizzando trattamenti meno invasivi, con minori effetti collaterali».
achille polonara SEBASTIEN HALLER