Giulia Zonca per www.lastampa.it
Il podio a maggioranza tricolore dei 3000 siepi europei sta per perdere un pezzo e il caso di doping che ne guasta il ricordo tradisce la fiducia e l’atletica italiana. Ahmed Abdelwahed argento in quella gara di agosto che ci ha emozionato e ora non avremo più tanta voglia di riguardare è risultato positivo al doping. Ancora non è chiara la sostanza trovata, si parla di meldonium, farmaco che ha già inguaiato Sharapova (e diversi altri russi).
Lui dice di aver preso degli integratori negli Stati Uniti e di non essersi accorto della contaminazione. Ha diritto alla sua difesa, alle controanalisi, ma così come ogni risultato intrigante non va rovinato con il sospetto gratuito, ogni prova di falsità va presa sul serio. C’è un motivo per cui nella giustizia sportiva si è colpevoli fino a definizione contraria, all’opposto di quanto succede nei processi ordinari. Tradire i sogni è peccato mortale, Abdelwahed, 26 anni è uno dei nomi della riscossa del mezzofondo azzurro che a Monaco ha ripreso una strada importante ed è anche il rappresentante di una seconda generazione che avrebbe meritato più rispetto.
Ha vinto una medaglia brillante, ha condiviso il podio con un altro italiano: Osama Zoghlami che ora potrebbe prendere il suo posto in graduatoria, e ha raccontato una storia diventata esempio che ora rischia di trasformarsi in una presa in giro. Ci ha parlato della sua infanzia tra i bancali dei mercati itineranti tra Roma e Ostia, dell’orgoglio di essere cresciuto nella casa di genitori che hanno avuto il coraggio di cambiare mondo e di partire senza nulla dal Marocco per rifarsi una vita qui, di anni in cui è cresciuto in strada e credeva che tutto gli andasse stretto fino a che ha scoperto che lì c’era quello che serviva per crescere motivato. Poi, a un certo punto, deve esserselo scordato.
Ogni volta che un singolo atleta bara, lo sport fatica ad assorbire la perduta credibilità. Un danno al singolare diventa spesso un fastidio collettivo. Tanto più che il caso Abdelwahed arriva a poche ore da Hajjy, maratoneta di 43 anni sospeso in attesa del procedimento disciplinare dovuto alla positività all’eritropoietina. E a pochi mesi dalla squalifica di tre anni per Nesim Amsellek, specialista dei 1500 metri che sarebbe stato certo convocato agli ultimi europei e invece è stato fermato in luglio. Abdelwahed è di sicuro un nome di un altro peso e oltre a fare più rumore fa più danni. A catena.